07 luglio 2019

XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - (ANNO C)


Is 66,10-14              Gal 6,14-18              Lc 10,1-12.17-20

OMELIA

La storia di Gesù deve diventare la nostra storia e la pienezza del rapporto che noi abbiamo con il Signore si ritraduce nell'esperienza della missione. L’uomo, affascinato da Gesù, entrato nel suo mistero non può non regalare l'ebbrezza della sua relazione con il Maestro, è il principio di quel mondo nuovo di cui ci ha parlato il profeta Isaia questa mattina: chiunque diventi discepolo del Maestro in tutta la bellezza della sua storia non può non essere esuberante. Allora davanti a questa visione, come l'uomo può veramente crescere in questa esuberanza regalando ai fratelli la bellezza d'appartenere al Signore in modo da condividere con essi la speranza che viene dall'alto? E la risposta ce l'ha data Paolo nel brano che abbiamo ascoltato questa mattina e che è un po’ la sintesi della vita interiore dell'apostolo perché, l'esuberanza apostolica, è condividere il mistero di Gesù. Se uno non entra nel suo mistero, se uno non si lascia affascinare dalla sua persona, se non rende la sua vita la vita del Maestro non può regalare il Maestro! E allora l’apostolo Paolo ci pone davanti alcuni elementi che dovrebbero caratterizzare la nostra storia: la croce di Gesù è la sapienza di Paolo, perché la croce è essenzialmente l'esperienza di quella potenza divina che creerà in Paolo una capacità di lettura del reale di null'altro mai ci glorieremo se non della Croce di Gesù Cristo, nostro Signore poiché, per Paolo, Gesù è tutto e per Paolo la croce è la rivelazione di quella potenza - sapienza divina che genera l'uomo nuovo. L'ebbrezza dell'apostolo è dire Gesù. Non esiste nella sua esistenza altra comunicazione che non sia questa potenza di Cristo poiché, in Cristo, noi siamo creature nuove. Non è la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l’essere nuova creatura. Accogliere il Cristo, lasciarci qualificare da lui, penetrare da lui è essere creatura nuova dove l'uso che Paolo fa della parola “creatura” indica l'atto creativo di Dio. Noi qualche volta quando usiamo la parola “creatura” diciamo un uomo, ma Paolo di proposito utilizza chi è in Cristo è creatura nuova perché siamo istante per istante creati dalla potenza che viene dall'alto. Il cristiano non è un uomo statico, il cristiano è la vitalità di Cristo che continuamente lo rigenera. Quando al mattino ci svegliamo siamo dei creati e poiché ci svegliamo facendo la scelta di Gesù, in quella scelta di fede, noi veniamo creati. Se il cristiano intuisse la bellezza e la profondità di tale esperienza si accorgerebbe di una operatività divina nella sua persona che gli dà l'esuberanza di regalare Cristo, di regalare soprattutto quei frutti dello Spirito Santo il cui primo è molto chiaro: la cordialità. Siamo chiamati a regalare all'uomo ciò che è ciascuno di noi per fare un mondo nuovo. E Paolo è così profondamente consapevole di questa creatività di Cristo nella sua esistenza che usa un'espressione molto forte: d’ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo. Il cristiano ha le stimmate dell'amore di Cristo. Noi qualche volta quando sentiamo la parola “stimmate” andiamo o San Francesco o a padre Pio, ma ogni dono che Dio fa ad una persona non è per quella persona, ogni dono che Dio fa è per la comunione fraterna, per far comprendere ad ogni uomo quello che interiormente egli è. E Paolo vede quelle stimmate non come un atto fisico, ma un atto interiore: possa io veramente conoscere la sua passione per essere partecipe della sua resurrezione. La bellezza di questo Cristo che si è così impregnato nella nostra esistenza che non possiamo non regalarlo. Dall'abbondanza del cuore dice ancora Luca, in altro testo, la bocca parla e quindi quando noi facciamo l'esperienza di Gesù ed entriamo nella profondità del suo mistero non possiamo non regalare questa bellezza e questa ricchezza… in certo qual modo la nostra corporeità, la nostra fisicità, la nostra sensibilità o sensorialità diventano il segno della trasparenza di qualcosa che è grande in noi e diventa il criterio della luminosità della nostra vita. C'è un santo caro alla tradizione bizantina San Serafino di Sarov il quale era talmente impregnato del mistero di Cristo che qualunque cosa facesse, qualunque comportamento avesse, qualunque atteggiamento mettesse in luce regalava armonia! Quando Gesù manda i discepoli entrando nella casa dicono pace a questa casa! È il frutto dello Spirito! È quell'armonia regalata agli uomini perché gli uomini possano veramente entrare nella bellezza di questo mistero. E tutto questo è possibile se noi diventiamo alunni del testo che questa mattina l'evangelista Luca ci ha regalato: andare in missione con niente per essere la pura trasparenza. Quando l'uomo ha la gioiosa coscienza dei suoi limiti, la sua esistenza diventa un traboccare ricco di gioia di un mistero che l'ha conquistato e gli ha dato la capacità di camminare ogni giorno in novità di vita. La bellezza dei limiti è gustare una pienezza, e allora se è vero che l'orientamento cui Gesù ci richiama è ricco di ebbrezza e di esultanza ecco, amiamo ogni giorno i nostri limiti, al mattino ci svegliamo nelle meraviglie di Dio coscienti delle nostre povertà perché quello che facciamo, il linguaggio che noi useremo, lo stile relazionale che costruiremo possa essere solo la rivelazione della grandezza di Dio perché gli uomini vedendo le vostre opere buone rendano gloria al Padre che è nei cieli!

Non è la bellezza della nostra Eucaristia di questa mattina? Cos'è l'Eucarestia se non Gesù che ci regala la sua Passione: questo il mio corpo dato per voi, questo è il mio sangue versato per voi. In certo qual modo l'Eucaristia ravviva le stimmate d'amore che sono dentro di noi perché, uscendo di Chiesa, possiamo dire a chi incontreremo quello che Gesù ha detto ai discepoli la pace sia con voi e la pace sia su quella casa. Viviamo questa meravigliosa esperienza che nella fede noi siamo chiamati a rinnovare e a ritrovare continuamente, in modo che la gioia di essere di Gesù è regalare Gesù per dare alla luce quel mondo nuovo per il quale il Maestro ha donato la sua vita: è il sogno della fede! Il cristiano o sogna o non è cristiano. Entriamo in questa bellezza che ci deve trasfigurare e dare speranza anche nelle difficoltà di tutti giorni perché il Cristo in noi ci crea continuamente, ci rigenera in modo inesauribile perché attraverso l'esperienza della sua persona accolta nella fede e celebrata nell'Eucaristia possiamo essere quella esuberanza che dà speranza a tutti i fratelli che la Provvidenza ci fa incontrare nelle vie, tante volte strane, del quotidiano.




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