28 luglio 2019

XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - (ANNO C)


Gen 18,20-32                      Col 2,12-14              Lc 11,1-13

OMELIA

L'evangelista Luca domenica scorsa ci aveva invitati a dare ospitalità a Gesù, rimanendo come Maria ai piedi del Maestro per entrare nella sua interiorità, nel suo mistero. Il cristiano costruisce la sua esistenza facendo propria questa ricchezza che è il senso portante della vita di ogni uomo. Se domenica scorsa era Maria che era entrata nel mistero di Gesù, oggi è il discepolo che vedendo il Maestro in atteggiamento di preghiera, desidera imitarlo nel suo atteggiamento orante.

Infatti è molto bello come l'evangelista Luca ci collochi Gesù in stato di preghiera, in uno stato abituale di preghiera, in un luogo deserto, perché questa esperienza che Gesù stava facendo potesse diventare l'esperienza di ognuno dei suoi discepoli.

La domanda che il discepolo fa: Insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli nasce spontanea in chi si è lasciato affascinare dalla sua persona.

Ma cosa vuol dire pregare per Gesù? È una domanda che noi dobbiamo continuamente porci poiché la bellezza della vita di un cristiano è entrare nella interiorità del Maestro; e l'atteggiamento del pregare ritraduce quello che c'è nel cuore di Gesù e, di riflesso, di ogni uomo. E' veramente bello vedere Gesù in preghiera, in un luogo solitario, e coglierne le dinamiche interiori. E allora ci accorgiamo che la bellezza del pregare in Gesù è la gioia di ascoltare il Padre. Il pregare è essenzialmente ascoltare, lasciarci invadere da una presenza che è più grande di noi e che è il senso portante della nostra esistenza. L'ascolto è il luogo nel quale veramente Gesù diventa il nostro ospite e ci aiuta ad entrare in una vera preghiera che è dire: Padre! Ma nello stesso tempo Gesù ci dice attraverso il suo atteggiamento che la verità dell'ascolto è stare in un clima affettivo e effettivo di silenzio perché il silenzio è la bellezza di un cuore che davanti a un mistero si pone in stato di attenzione.

Ascoltare e fare silenzio è un binomio essenziale, rappresenta il vero clima per incarnare la preghiera evangelica. Gesù si ritirava sempre in stato di preghiera perché il desiderio più profondo presente nel suo cuore era il Padre, nel cui volere ritrovava sempre più se stesso. Il silenzio, collegato con la solitudine, gli dava il gusto di una grande esperienza interiore, di una profonda intimità esistenziale, di una feconda sintonia di cuori. Ecco perché Gesù ci ha detto Quando pregate dite: Padre! Questa è l'unica preghiera che Gesù ci ha insegnato, perché la bellezza di tutta la vita di Gesù era il Padre. Le altre intenzioni presenti nella preghiera del Signore sono fiorite nella Chiesa apostolica per incarnare l'interiorità di Gesù, in cui tutti i discepoli devono costruire se stessi, ma tutte dipendono da questa proclamazione: Padre! Tant'è vero che il cardinale Martini affermava: “Quando recitiamo il Padre Nostro, prima di ogni proposizione diciamo sempre Padre! e se nel cammino della nostra realtà concreta la parola Padre! la pronunciamo solo all'inizio, però fa da filigrana a tutta la nostra preghiera: è il cuore di Gesù che si inebria del Padre nel dire le diverse frasi.

Il gusto di Dio Padre è l'anima di tutte le prescrizioni. Ora se noi cogliamo questo primo elemento dove entriamo nel silenzio e nella solitudine di Gesù in atteggiamento di ascolto, noi cogliamo che la bellezza, la grandezza e la fecondità della nostra vita è dire Padre!  

Se noi non entriamo in questo orizzonte, quello che Gesù ci ha detto questa mattina diventa molto problematico, poiché tante volte, ascoltando alcune parole del Maestro, noi possiamo essere tante volte perplessi. Gesù ci ha detto questa mattina Io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Noi quando ascoltiamo queste espressioni immediatamente andiamo al concreto, al contingente della nostra esistenza e non sempre facciamo l'esperienza che Dio ci esaudisca con la grossa domanda: val la pena pregare il Signore?

Ora Gesù ci dice: se noi veramente diciamo Padre! entriamo nella pienezza del rapporto con il Signore, noi siamo nel Tutto e noi, quando siamo nel Tutto, il resto diventa contingente. Quando uno entra in un rapporto profondo con il Padre a immagine di Gesù, le realtà concrete sono passeggere, non sono il vero senso della vita. Il vero senso della vita è essere l'oggi misterioso del Padre. Non per niente l'evangelista Luca ha coniato in modo particolare quell'espressione Dacci ogni giorno il nostro pane sovrassostanziale, quel pane che è il senso della vita. Quando l'uomo entra in rapporto con il Padre e si mette in silenzio, il Padre ascolta ciò che c'è nel cuore dell'uomo e regala all'uomo quello che gli occorre. E che cosa occorra all'uomo, l'ha detto Gesù alla fine del testo evangelico: Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono! Il Padre nel Figlio ci regala lo Spirito Santo e, quando la nostra vita è immersa in questo gioco trinitario, la nostra esistenza è veramente realizzata. Spesse volte noi non siamo capaci di coniugare la nostra esistenza concreta con questa vita trinitaria che è il principio e l'anima e il fine della nostra esistenza, il resto è tutto relativo e secondario. Ecco allora quando noi siamo davanti alla storia e siamo con Gesù nel fascino del suo volto, Egli ci dice “lasciatevi attirare a me, entrate nel mio rapporto con il Padre e avrete lo Spirito consolatore, lo Spirito che guarisce, lo Spirito che fa nuove tutte le cose”.

Ma c’è una grossa domanda che noi vorremmo effettivamente porci: È possibile per noi entrare in questa ricchezza che ci sembra quasi impossibile? La risposta ce l'ha data molto bene Paolo nel testo ai Colossesi: La nostra vita è tutta in Cristo Gesù.

È molto bello come Paolo iniziando il discorso riguardante l'identità del cristiano dica In lui, in Cristo, abita corporalmente tutta la pienezza della Trinità e noi tutti siamo partecipi della sua pienezza.

Come battezzati in Gesù siamo morti e risorti con lui e quindi l’orante in noi è il Cristo nella potenza creatrice dello Spirito Santo! Il Cristo, pregando in noi, ci attira, ci avvolge, ci dà la bellezza e la sensazione di un'autenticità di vita. Il cristiano, quando dice Padre! ha la vita riempita dalla pienezza divina. È che noi tante volte siamo tentati dal dire tante preghiere, ma dimentichiamo di pregare, dimentichiamo l'essenziale. Gesù non vuole le lunghe preghiere, non vuole preghiere interminabili che, in certo qual modo, diventano una monotonia asfissiante, ma vuole fondamentalmente che diciamo Padre! entrando in questo grande mistero.

Ecco perché nel momento dell’accostarci ai Divini Misteri del pane e del vino, noi proclamiamo il "Padre nostro" con gli occhi e lo sguardo verso l'alto perché, in quel momento, la nostra vita viene rapita nelle tre Persone divine e ci accorgiamo che l'aridità diventa feconda, il buio diventa luce, il freddo diventa calore. E allora nell'Eucarestia gustiamo questo rapporto Padre e Figlio nello Spirito Santo che è la pienezza della vita.

Dovremmo proprio imparare a guardare la nostra esistenza partendo da questo grande mistero che ci deve affascinare. Nell'Eucarestia siamo nella pienezza trinitaria, siamo rigenerati, camminiamo in novità di vita e non abbiamo mai paura. Recitare con profondità di cuore il "Padre nostro" è il grande sacramento che rifà tutte le nostre persone.

Accostiamoci a questa celebrazione con l'animo aperto; in questo silenzio di cuore come quello di Gesù ritroviamo la bellezza, il gusto, la gioia di essere figli nel Figlio e gustando la bellezza del Padre percepiamo sempre la reale presenza del Risorto e quella meravigliosa fecondità dello Spirito che è gioia, calore e consolazione nelle nostre tribolazioni quotidiane.

 



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