08 dicembre 2020

IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA – SOLENNITÀ

Gen 3,9-15.20                     Ef 1,3-6.11-12            Lc 1, 26-38

OMELIA

Il nostro cammino incontro al Signore passa attraverso quell’esperienza di ascesi che apre il nostro cuore, ci porta a guardare verso l'alto e a lasciarci guidare per entrare nell'assoluta gratuità di Dio. La festa di oggi è il canto della gratitudine della Chiesa alla gratuità meravigliosa di Dio. Entrare nell'esperienza della bellezza divina non è nient'altro che il vivere, nella semplicità ordinaria, la grandezza divina. Festeggiare la festa dell'Immacolata è contemplare la bellezza di Dio, una esperienza a cui l'uomo è chiamato, perché il nucleo fondamentale dell'esistenza è gustare il Bello. L’Immacolata è l'esperienza della bellezza di Dio, una realtà che noi dovremmo sempre più approfondire, perché la bellezza è la gratitudine attiva dell'uomo davanti alla condiscendenza divina. Infatti, quando ci poniamo davanti a Maria, gustiamo la bellezza di Dio, e davanti al volto di Maria la nostra esistenza è in una condizione di profondo silenzio ammirativo e ogni parola viene manifestata in modo sommesso, per non rovinare l'incanto. Davanti al bello non si grida, davanti al bello non si parla, davanti al bello si gusta, nel silenzio, una presenza per cui ogni parola può rovinare la bellezza che stiamo contemplando. Ecco perché, quando noi ci ritroviamo attorno all'Immacolata, più che tanti canti -che sono elementi che hanno un impatto psicologico- dovremmo gustare quel silenzio, per cui la bellezza di Dio penetra dentro di noi.

Come possiamo cogliere questa bellezza di Maria? E allora immediatamente la nostra attenzione va al testo evangelico che riassume la vita quotidiana di Maria. La bellezza è una ordinarietà vissuta con gratitudine. Noi tante volte, davanti al concetto di bello, abbiamo tentazioni estetiche, mentre la bellezza è la docilità dell'uomo alla gratuità di Dio. La verità del mistero di Maria Immacolata viene gustata nella vita di Nazareth, dove la vita di Nazareth è la vita ordinaria di ogni donna. Interessante è come, quando noi ci accostiamo al Vangelo, dovremmo ritrovare la fantasia nel narrare i trent’anni della vita nascosta di Gesù, per entrare in quel rapporto dove c'è il vero canto alla bellezza. Infatti, il cristiano, quando elabora la sua esistenza, si sente nel soffio di Dio, respira la presenza di Dio, e, nel momento in cui costruisce nel respiro di Dio il suo istante, si sente grazia, gratuità: c'è un flusso di divinizzazione. Spesse volte, se noi entrassimo nell'esperienza di Nazareth, ci accorgeremmo che la bellezza è quella ordinarietà che noi tante volte non apprezziamo fino in fondo, ma che rappresenta il grande culto che Dio desidera da noi: l'ordinarietà costruita nelle tre espressioni che abbiamo ascoltato nel Vangelo “Rallegrati piena di grazia"; "Lo Spirito Santo ti coprirà della sua ombra”; "Ecco sono tua proprietà!"

E allora intuiamo come la bellezza della vita è la liturgia del feriale, dove Dio, attraverso il silenzio ricco di ascolto, fa sì che Maria, nello stare con Giuseppe e Gesù, cantasse la bellezza di essere grazia. Ricordiamo sempre che Gesù, regalandoci l'ultima cena, ci ha regalato quello che lui viveva a Nazareth. Gesù, attraverso le sue parabole, evidenziava quello che aveva imparato nell'ordinarietà di Nazareth. Attraverso la sua gestualità sacramentale, regalava agli uomini quella gestualità che aveva imparato a Nazareth. Una simile visione ci permette di ritrovare quello che l'uomo contemporaneo non riesce più a gustare: la bellezza del feriale, dove c'è il gusto della Divina Presenza, dove si costruisce il linguaggio dell'ordinarietà, nell'essere in stato di raccoglimento. Quando noi entriamo in questa fantasia di Nazareth, riusciamo a capire il dogma dell'Immacolata.

Se lo leggiamo nella profondità esistenziale, al di là delle formulazioni teologiche, è il canto alla gratuità di Dio che accompagna continuamente l'uomo, nella bellezza feconda della creatività dello Spirito Santo. In questo noi ritroviamo che la bellezza è una unità di vita, la bellezza diventa bontà del cuore, la bellezza si ritraduce in una vita ricca di significato. Ecco la bellezza! Il cristiano è chiamato a vivere questo mistero.

La figura di Maria, riletta nel mistero dell'assoluta gratuità divina, in un atteggiamento di semplice "incoscienza", in quel “Eccomi” ci fa intuire che la vita di casa è la grande liturgia voluta da Gesù. Quella casa di Nazareth che è diventata la casa dell'ultima cena, che è diventata la casa di una chiesa che, nel silenzio o nella parola sommessa, gusta la bellezza di Dio, di cui Maria è la grande espressione. E allora quanta speranza noi riusciremmo a intuire, se vedessimo Maria così! Maria non desidera i nostri canti, ma il nostro silenzio sommesso, per entrare nello Spirito di Dio, che è entrato in lei perché vivesse, nella gioia del Padre, la bellezza di essere educatrice del Figlio incarnato. Ecco la bellezza!

Questa bellezza viviamola in questa Eucaristia semplice, senza mezzi mass mediatici che sono più vanità degli uomini che bellezza di Dio, nella semplicità dei gesti e delle parole, nella semplicità di un cuore che si lascia innamorare. In quel pane e in quel vino gustiamo una povertà che viene avvolta dalla bellezza di Dio. Quel pane e quel vino non hanno nulla di estetico, ma sono la bellezza di Dio che si regala all'uomo, per costruire un'esistenza tutta nella gratuità gioiosa. Ecco l'Eucaristia: un gesto semplice, dove Gesù ci comunica la sua grandezza nelle cose più semplici di questo mondo, in modo che dalla semplicità di Nazareth, che Maria Immacolata ha vissuto, nasca veramente la speranza nel cuore dell'uomo. Credo che quella ascesi, della quale Giovanni ci ha detto l'altro giorno, sia spalancare il nostro cuore ricco di ammirazione, perché, entrando nella intimità ordinaria di Maria, possiamo veramente e lentamente prepararci all'incontro meraviglioso con il Signore, quando egli verrà nella gloria.

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