07 febbraio 2021

V DOMENICA T.O. - ANNO B -

Gb 7,1-4.6-7         1Cor 9,16-19.22-23       Mc 1,29-39

OMELIA

Il desiderio di imitare continuamente il Cristo ci porta ad entrare nei ritmi della sua giornata e il brano evangelico che abbiamo ascoltato ci presenta il quadro che ha costituito il vissuto ordinario del Maestro: uscito dal rito della sinagoga viene immerso nella storia degli uomini per poi entrare in dialogo con il Padre e costruire la sua esistenza in una grande libertà interiore. È il cammino che Gesù ha percorso nel quale ognuno di noi è chiamato a entrare per poter godere nelle situazioni dell'esistenza una meravigliosa libertà del cuore. È innanzitutto Gesù, partendo da un contesto sacrale, che entra nella storia, con la finalità di seminare speranza nelle personalità di tutti i fratelli. Quando noi guardiamo Gesù che compie i miracoli, la nostra attenzione deve andare al di là del miracolo, che è un segno prodigioso di qualcosa di molto più grande: l'amore all'uomo concreto nella storia di tutti i giorni. È la ritraduzione operativa di quella bella definizione del prologo di Giovanni e il Verbo si fece carne.

È molto stimolante dal nostro punto di vista di discepoli il percepire come, nella presenza e nell'agire della persona di Gesù, tutto divenga realtà nuova e questo attraverso la semplicità del suo comportamento, della sua vera azione fraterna, delle sue parole. È quella grandezza straordinaria che si rivela nell'ordinarietà: incontrare Gesù è incontrare l'essere rifatti esistenzialmente, è quella attrazione che l'uomo nella sua povertà continuamente desidera. Quanti interrogativi troviamo nella storia, e il libro di Giobbe che abbiamo ascoltato ce ne ha aperto una piccola finestra. Gesù è venuto tra noi, ha assunto le dinamiche della nostra esistenza concreta per far nuove tutte le cose. In tale orizzonte cogliamo un primo aspetto dell'esperienza di Gesù che noi siamo chiamati a fare nostra: amare la storia quotidiana con tutta la sua complessità, oscurità, incertezza, provvisorietà, perché la bellezza del discepolo è fare come Gesù: amare la storia, uscire dal rito e innamorarci dell'uomo!

Se noi riuscissimo a cogliere questa prima sfaccettatura della giornata di Gesù, sposteremmo il baricentro nella nostra esistenza dai nostri pensieri o delle nostre paure e accoglieremmo nell'incontro con l'umanità la grande rivelazione di Dio, perché il Signore è entrato nella storia per dare speranza a tutti. Questo mistero di grande umanità Gesù lo rilegge nell'incontro con il Padre. Infatti ci possiamo porre la domanda perché Gesù quando era molto presto ed era ancora buio, si sia ritirato nel deserto. Gesù era la speranza del Padre per gli uomini, e questa bellezza di essere la speranza del Padre con gli uomini e per gli uomini, lo porta a entrare in quella solitudine e questa solitudine è espressione di un cuore che ama essere libero nel camminare nel quotidiano. In certo qual modo la sua attività messianica poteva ingenerare l'idea del successo, ma questo lo avrebbe condotto a dimenticare il Padre. La bellezza della vita di Gesù è confrontarsi con il Padre. Questa preghiera notturna l'evangelista Giovanni l’ha descritta in modo favoloso affermando: Il figlio da sé non fa nulla, egli fa solo quello che vede fare dal Padre. È quella solitudine dove l'uomo entra nel buio della storia, dove l'entrare nel buio della storia è percepire la nostra radicale povertà in una solitudine senza distrazione perché il Padre ci si possa rivelare in tutta la sua libertà. È quel dialogo che noi dovremmo continuamente fare nostro: ricchi di storia la presentiamo e la portiamo al Padre. Quanti problemi nella nostra storia quotidiana a cui non sempre riusciamo, non solo a illuminare, ma a sopportare e allora Gesù ci insegna di ritrovare quell'angolo del silenzio, della solitudine, dove il Padre può parlare in modo profondo al nostro cuore. Lì l'uomo si ritrova in una povertà ricca di amore dove in questo deserto lo Spirito Santo parla, il Figlio ci sta accanto e il Padre ci rivela la bellezza dell'essere amati.

In questo l'uomo, quando entra nella solitudine di Dio, riscopre la bellezza della propria umanità, ciò che permette all'uomo di riscoprire la bellezza e il coraggio di costruire le scelte di tutti i giorni: questo è entrare in una solitudine notturna. Ricordiamo sempre un principio caro alla scrittura: Dio non parla nel tumulto della storia, che è sempre da amare, ma nella solitudine del silenzio quando noi cogliamo la creatività di Dio che penetra dentro di noi. E allora in questa purificazione interiore dove l'uomo passa dal compiere le cose a stare in ascolto di Dio, gusta la vera libertà! Davanti ai discepoli che richiamano Gesù al suo insegnamento apostolico Gesù dice: Andiamocene altrove.

Noi avremmo fatto un discorso molto diverso. " Se tutto è andato bene ieri, perché non utilizzo lo stesso metodo oggi? Ma Gesù è colui che ha il cuore aperto all'intera umanità nello spazio e nel tempo della storia umana, e non si lega a questo spazio o a questa storia. Emerge chiaramente che quel cuore di Gesù si apre al mondo intero - andiamocene altrove - perché a tutti vuole regalare vita e speranza. E’ il cuore del discepolo che, quando entra nella libertà di Dio, si libera dagli avvenimenti concreti e si apre a nuovi orizzonti che danno forza, che danno speranza. Entrando in questo stile di vita allora il Signore ci dice: “Non avere paura, ama il tuo oggi anche se non lo capisci, colloca il tuo oggi nelle mani del Padre e avrai la libertà del cuore”. Questo è un meraviglioso disegno di vita che noi dovremmo imparare, soprattutto nella situazione caotica e preoccupante del mondo contemporaneo, e tutto questo noi lo stiamo celebrando nell'Eucaristia.

Quando noi la domenica ci ritroviamo a celebrare i divini misteri, in quel momento, noi entriamo nel silenzio di Dio. Quante parole noi diciamo durante la celebrazione, e sono più parole umane che parole divino-umane, perché la bellezza di stare qui in chiesa è il silenzio, dove la persona entra nel mistero di Dio. Ogni parola come dice la celebrazione eucaristica non è un rincorrersi di gesti o di preghiere, ma un silenzio di supplica perché il Signore ci riveli il suo amore, è la bellezza di entrare in quella meravigliosa preghiera che ci fa nuotare nella storia meravigliosa di Dio. In questa luce la comunione è nient'altro che il coraggio nelle difficoltà quotidiane di dire al Signore: “Signore tu sei la mia unica speranza!” In quel silenzio con il quale ci accostiamo ai divini misteri è nient'altro che l’anima che viene ricolmata dalla libertà di Dio per andare a casa uomini veri che sanno affrontare la storia nella consapevolezza che siamo amati da Dio. È la bellezza dell'Eucaristia! Viviamo l'Eucaristia come Gesù che nella notte va a pregare in un luogo deserto, per accogliere e gustare l’oggi del Padre, e allora quel pane e quel vino consacrati diventano l'energia per costruire questa meravigliosa libertà che ci porta a camminare nel tempo senza meravigliarci di nulla, sapendo che più il cuore è libero, più sa ascoltare, più sa intuire, più riceve entusiasmo per camminare nel tempo e nello spazio.

Chiediamo questa grazia soprattutto negli stress della cultura odierna che ci impediscono di essere uomini liberi, anche se ci sentiamo poveri, delusi, stanchi nella storia del quotidiano. Nel mistero di Gesù ci sentiamo persone attirate, magari non spontaneamente, ma con la volontà per entrare in questo mistero del Signore. Egli nella sua libertà ci regala tutto se stesso perché possiamo in lui essere liberi di andare nella storia dicendo: “Tu sei il mio Signore!”, è l'entusiasmo di Paolo che ci ha detto nella lettera ai Corinti: guai a me se non annuncio il Vangelo! se non regalassi a tutti fratelli la speranza che viene da Dio.


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