04 settembre 2022

XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C

Sap 9,13-18   Fm 9b-10.12-17  Lc 14,25-33

OMELIA

Gesù, questa mattina, convocandoci attorno a sé vuol condividere con noi la sua sapienza perché possiamo nel suo orizzonte costruire le nostre scelte quotidiane. Sicuramente la vocazione a seguire il Maestro è estremamente ardua. Una simile percezione la cogliamo all'inizio del racconto evangelico, quando nel testo si afferma che tante folle seguono il Maestro e Gesù, voltandosi verso di esse, pone innanzi le profonde esigenze del discepolato. L’evangelista in questo ci suggerisce la profonda convinzione che non è sufficiente lasciarsi affascinare dal Maestro. La verità sta nel fatto che occorre vivere come è vissuto il Maestro, attraverso l’acquisire quella sapienza che nasce dalla sua storia. Infatti, se noi guardiamo attentamente il brano evangelico, una parola risulta molto chiara: il discepolo è innamorato di una imitazione che è caratterizzata dalla radicalità.  Il linguaggio dell’amare Gesù al di sopra di tutti gli affetti storici, l'invito a portare la croce nell'ordinario, la prescrizione a rinunciare a tutti i nostri averi nella prospettiva di essere suoi discepoli sono linguaggi molto duri. Nasce allora l’interrogativo: come possiamo entrare in questa sapienza alla quale Gesù ci richiama e, alla quale, due domeniche fa egli stesso ci aveva sottolineato con la vocazione a essere piccolo gregge?

Innanzitutto è fondamentale che sappiamo guardare Gesù imitandolo, vivendo la sua vita, costruendo la nostra esistenza alla luce della sua storia. Dovremmo avere sempre presente a livello interiore il mistero dell'Incarnazione, il suo vissuto a Nazareth e nell'apostolato, la sua oblazione di amore gloriosa nell'albero luminoso della croce. Avere sempre davanti a noi la sua persona, la sua storia, avere davanti a noi sempre la bellezza della sua presenza e allora, questo gusto del Mistero, che lo avvolge, diventerà la nostra vita e la nostra vita sarà misurata sul suo Mistero. E’ quella radicalità fondamentale a cui noi siamo chiamati. Sicuramente il tutto della narrazione è un linguaggio molto duro, non per niente, la Chiesa Apostolica ha avuto difficoltà ad accettare come testo canonico il Vangelo di Luca, ma qui è la bellezza dell'essere discepoli, d’essere persone che si lasciano affascinare dal Maestro facendo le scelte ordinarie alla sua luce. Tenendo presente il principio profetico: “Così dice il Signore”. Gesù, rivolgendosi a quelle folle che lo seguono le pone dinanzi al grande bivio: “Siete convinti che è possibile essere miei discepoli? La risposta, che nell'esperienza della fede ci viene offerta, è che noi diciamo “sì”, perché noi siamo la gratuità divina in atto. Da notare che Gesù prima di parlare volge il suo sguardo verso la folla e, in quello sguardo, c'è la comunicazione-condivisione del suo Mistero: è l'uomo che guardando al Maestro lasciandosi catturare dalla sua persona dice: è possibile! E’ problema di oculistica interiore. Il discepolo è colui che ha lo sguardo del Maestro nel proprio cuore.

In questa luce rientrando in noi stessi, ci chiediamo quali siano le potenzialità che il Signore ha messo dentro di noi perché lo possiamo veramente seguire nella radicalità?

Il primo aspetto è molto semplice: Lui abita in noi, il primo attore della nostra esistenza è lui, come ci suggerisce l’apostolo Paolo: Cristo abiti, mediante la fede, nei vostri cuori! Gesù ci propone di imitarlo, di renderlo l'assoluto della nostra vita, il principio delle nostre scelte e questo ce lo propone perché Lui, in noi, ci sta ispirando. E’ quel silenzio interiore che caratterizza la nostra vita, è la bellezza della sua presenza attiva. L'uomo di oggi ha paura di seguire Gesù e si affida a tante feste, a tanti riti, a tante organizzazioni dimenticando il gusto di una presenza. Ecco perché Paolo chiamava i suoi cristiani di Corinto “santi” perché erano proprietà di Gesù: tutto è vostro, e voi siete di Cristo, e Cristo è di Dio. Ecco un primo elemento che ci dà il coraggio di seguire il Maestro fino in fondo: la sua presenza, attraverso un intenso silenzio del cuore.

Inoltre Gesù ci ha chiamati a questo attraverso l'iniziazione sacramentale, lui ha preso dimora dentro di noi e ogni sacramento è la sua creatività nella nostra esistenza. Noi ben sappiamo che l’agire della persona di Gesù, con la creatività nello Spirito Santo, ha la capacità di generare in noi una nuova e rinnovata umanità: la relazione quotidiana con lui, specie nel gesto sacramentale dell’esistenza. Ogni gesto di Gesù è un sacramento, la nostra gestualità feriale è un sacramento della sua presenza, è un ritrovare dentro di noi quel Cristo che agisce e agisce continuamente nella nostra storia. Ricordiamo sempre il principio tante volte ricordato da Paolo quando conclude nella Lettera ai Romani la storia del cristiano né vita né morte ci separerà mai dall'amore di Dio in Cristo Gesù! Qui troviamo la bellezza della nostra esistenza! Questa presenza credente ci permette, attraverso il regime sacramentale letto in modo globale ed esistenziale, di essere contemporanei col Cristo glorioso per poter diventare sempre più e sempre meglio la sua storia. È la sapienza del Cristo in noi che cammina nella nostra esperienza quotidiana.

Allora ritroviamo un terzo passaggio che ci aiuta ad essere coraggiosi nella vivente imitazione del Maestro: nel giorno in cui siamo stati battezzati siamo stati chiamati alla contemplazione, alla progressiva dimenticanza dell’io in un fascino inesauribile del tu, e quando il cuore è preso da una grandezza così affascinante l'impossibile diventa possibile. É che noi non siamo cristiani del fare né dell’apparire. Spesse volte seguiamo tanti riti, tante processioni, tanto folklore e dimentichiamo il gusto dell'interiorità abitata dal Maestro: stando con lui diventiamo progressivamente la sapienza! E’ quella quotidiana docilità allo Spirito che ci porta ad avere la stessa sensibilità del Maestro. Quante volte noi andiamo a rileggerci la grandezza dei sette doni dello Spirito Santo che il sacramento della Cresima ci ha regalato? Noi siamo ricolmi di Spirito Santo, e la grandezza compimento dello Spirito Santo è la Sapienza, l’avere il gusto stesso di Dio. E allora se noi ci lasciamo prendere dallo sguardo del Maestro, gustiamo la sua presenza, costruiamo l'istante nel suo mistero, la Sapienza della Trinità diventerà l'anima della nostra anima.

Ecco perché ci ritroviamo questa mattina nell'Eucaristia: per essere rifatti in Gesù Cristo, per gustarne la sapienza, per poter leggere la nostra storia con il suo punto di vista, per imitarne continuamente lo stile di vita: è la bellezza di essere discepoli! Ecco perché quando noi affrontiamo l'avventura di essere credenti, ci viene detto “sappi che Gesù è in te!”. Davanti all’impegno di costruire la nostra esistenza nello stile del vangelo, risuona nelle nostre orecchie il dettato dello Spirito Santo: è possibile, Lui è con noi! E allora viviamo questa Eucarestia con questo stile interiore, non diciamo più che Cristo è difficile. Se lui in noi è il Signore che cosa dovrebbe farci paura? E’ questione di oculistica interiore - come dicevo all'inizio - che noi dobbiamo continuamente ravvivare nel silenzio gustativo della sua presenza. E quando noi entriamo in questo linguaggio, che può sembrare duro per l'uomo distratto, per l'uomo attento al Mistero diventa un canto meraviglioso. E allora chiediamo allo Spirito Santo tale meravigliosa realtà: acquisire la Sapienza di cui ci ha parlato il testo sapienziale di questa mattina in modo che possiamo veramente dire al Signore:

Grazie! Tu mi fai un capolavoro e sarò in ogni istante della mia vita un canto di gratitudine. E tu sarai sempre fecondo nella mia vita quotidiana!”

Questa è la sapienza feriale che il Maestro ci regala ogni giorno con la sua presenza, specie nella Celebrazione eucaristica.

 

 

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