28 dicembre 2022

IV DOMENICA DI AVVENTO – ANNO A

DOMENICA 18 DICEMBRE 2022

Is 7,10-14                Rm 1,1-7         Mt 1,18-24

OMELIA

Il nostro cammino di avvicinamento alla grande venuta del Maestro passa attraverso l'esperienza spirituale di San Giuseppe, il grande protagonista del brano evangelico che abbiamo poc'anzi ascoltato, ed è molto bello entrare nel suo mistero, perché anche il nostro approccio all'evento dell'Incarnazione possa essere veramente fecondo. La sua personalità risulta molto interessante davanti alla situazione culturale che stiamo vivente e risulta provvidenziale il confronto son la sua personalità evangelica.

Tre potrebbero essere gli aspetti della personalità di Giuseppe che potremmo assumere per poter incontrare veramente il Signore, con un fecondo risvolto esistenziale:

- l'essere uomo giusto,

- l'uomo che in profondità vive la coscienza della propria povertà esistenziale,

- che tuttavia, docile al Signore, si pone in stato di obbedienza.

Questi potrebbero essere i tre aspetti che l'evangelista Matteo nel suo particolare genere letterario ci vuole regalare questa mattina.

Innanzitutto appare la prospettiva di Giuseppe, visto come “uomo giusto”. Quando noi ci accostiamo a questa definizione, “uomo giusto”, siamo condotti a dare significato al senso della vita di Giuseppe, l'uomo che viveva della parola di Dio, in uno stile di radicale obbedienza. Usando un’espressione del salmo 118, potremmo così illuminare la personalità di Giuseppe: Lampada ai miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino. Egli è l'uomo che vive dell’oggi del Dio che si rivela, secondo la bella espressione di Isaia: fin dal mattino rende attento il mio orecchio perché io ascolti come un discepolo.

Giuseppe è uomo giusto perché è l’oggi vivente della parola di Dio. In quell'essere uomo giusto, egli ci fa intravedere questa consapevolezza: la sua piena apertura alla rivelazione di Dio. È la bellezza profonda dell'uomo quando si accosta all'evento della salvezza: l'atteggiamento di accoglienza attraverso un radicale atteggiamento di silenzio. Utilizzando un’immagine, vale la pena di ricordare sempre la bella espressione di Ignazio di Antiochia quando ci parla dell'evento dell'Incarnazione: esso è una parola uscita dal silenzio di Dio. Quindi la bellezza e la grandezza di Giuseppe si fondano sul fatto che egli è uomo giusto. La sua esistenza è stata costruita sul Dio che parla e il silenzio è la maggiore lode che noi possiamo offrire al Signore perché è l'espressione della docilità piena al mistero di Dio.

In questo orizzonte poniamoci la domanda perché Giuseppe voglia congedare Maria.  In questo veniamo stimolati a entrare nella profondità dell'esperienza spirituale. Il pio Giuseppe è l'uomo che vive l’oggi di Dio, e davanti al mistero che con Maria sta condividendo si sente radicalmente povero. Usando l’itinerario di una esperienza spirituale, potremmo sottolineare che davanti al grandioso e misterioso rivelarsi di Dio, emerge la profonda coscienza di Giuseppe di non esserne capace. Una cosa molto bella che oggi viene molto evidenziata è che tra Giuseppe e Maria ci fosse un intenso dialogo sul Mistero che si stava realizzando, e Giuseppe era profondamente consapevole della sua povertà spirituale. Egli pensava: ”È troppo grande il mistero di Dio di fronte alla mia povertà”. In certo qual modo, quel desiderio di voler congedare Maria è nient'altro che dire al Signore: “Non sono in grado di entrare in questo Mistero”. In tale situazione, poiché è uomo giusto, egli ascolta Dio gli parla: è la bellezza della esistenza credente. L'uomo in silenzio, nel suo dubbio, dice al Signore: “Non ce la faccio” Allora ci viene presentato Giuseppe come un sognatore, sullo sfondo letterario del patriarca Giuseppe. Qui intuiamo la profondità dell'uomo che si colloca su un altro piano, sul piano della fedeltà di Dio. La bellezza della fede non è capire, la bellezza della fede è fidarci, affidarci, collocare la propria esistenza in un mistero più grande, il mistero dell'esistenza nel meraviglioso progetto salvifico della rivelazione biblica. Giuseppe, davanti a questo grande evento, vuole realizzare una rinuncia, ma poiché è uomo giusto e crede in Dio ecco diventa docile alla realizzazione del Mistero perché Dio è meraviglioso in chi sa sognare nello Spirito Santo. La bellezza della vita è il gusto di sognare. Noi qualche volta non approfondiamo sufficientemente la nostra esistenza vedendola come Dio ci ha creati, e una delle caratteristiche dell'uomo è sognare! E’ la bellezza di fidarci di un mistero più grande affidando noi stessi a questa grandezza misterica. Ci accorgiamo di conseguenza che la grandezza di Giuseppe non sta solo nel fatto che è uomo giusto che vive l’oggi di Dio, non solo nella radicale convinzione della profonda coscienza della sua povertà, ma nel coraggio di affidarsi in quella semplice espressione finale del Vangelo e prese con sé la sua sposa è l’espressione dell’affidarsi al Mistero. 

L'uomo nell’accostarsi al grande evento che Dio che viene deve affidarsi al Mistero. Una delle verità che oggi viene molto approfondita è il mistero dell'Incarnazione, un aspetto che noi tante volte non riusciamo a comprendere ma è nascosto nella grandezza di Dio: il tutto Dio che accade nella storia nella pienezza della sua umanità. Giuseppe oggi ci dice: “Entra in questo mistero, gustane la Presenza, lasciati arricchire dalla creatività di Dio”. E’ la potenza dello Spirito Santo!

Se noi riuscissimo a cogliere questi tre aspetti della figura di Giuseppe, potremmo intuire come prepararci al grande evento dell'Incarnazione: uomini che nel silenzio accolgono, che nella coscienza della propria povertà regalano a Dio i loro limiti in una accoglienza di quella esperienza del Dio che viene nella fecondità propria dello Spirito Santo. Non per niente - e noi abbiamo ascoltato - questo atteggiamento di Giuseppe dà compimento alla fedeltà di Dio: s’incarna, l’Emmanuele Dio con noi. In questo orizzonte, guardiamo in alto, regaliamo a Dio la nostra povertà, accogliamone il Mistero che è fecondità divina.

È il mistero eucaristico che stiamo celebrando: l’eucarestia è per l'uomo che vive dell’oggi di Dio, che nella propria povertà si fida di Dio, a Dio si affida, e Dio non lo delude: il corpo e sangue di Cristo! La bellezza dell'Eucarestia sta nella continua Incarnazione. È molto bello come sant'Ambrogio stabilisca un meraviglioso parallelismo tra il Vangelo di questa mattina e il mistero eucaristico: il mistero eucaristico è il darsi del mistero dell'annunciazione, dell'apparire del mistero divino davanti al quale l'uomo, come Giuseppe, si pone in silenzio, superando il chiasso per cogliere il darsi dell'ineffabilità dell’oggi della salvezza. E’ quello che noi vogliamo celebrare in queste eucarestia con Giuseppe, amando il suo silenzio, i suoi punti di domanda, ma con questa certezza: se noi sogniamo nella fede, gustiamo la fecondità di Dio e questa fecondità di Dio è la speranza, spesso in un clima complesso come quello nel quale noi viviamo. Noi abbiamo la ferma certezza che sognando i progetti di Dio l'uomo ritrova la speranza di camminare nel percorso della vita con l’Emmanuele per giungere a quella pienezza di gloria che sarà il Dio tutto in ciascuno di noi.

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