16 luglio 2023

XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

DOMENICA 16 LUGLIO 2023

Is 55,10-11  Rm 8,18-23 Mt 13,1-23

OMELIA

Essere discepoli del Signore significa ascoltare con purezza di cuore ogni giorno il Maestro. La fede vive di ascolto, e Gesù questa mattina ci presenta la sua storia, il suo mistero perché possiamo veramente accoglierlo in pienezza e in verità, riscoprendo come la bellezza della vita di un cristiano, sia essenzialmente un dialogo, un dialogo tra Gesù che entra nella storia e parla e l'uomo che nel cammino della vita si pone in stato di ascolto.

Il primo elemento sta nell’evidenziare la figura di Gesù, che è il seme, la vita di Dio per l’umanità.

Il dono d’essere discepoli è dato dal comprendere questa bellezza: il discepolo non può vivere senza il Maestro, nel Maestro trova il senso della vita, nel Maestro scopre il senso della sua storia, con il Maestro vede gli orizzonti della sua esistenza. Ecco perché il cristiano è essenzialmente chiamato a contemplare il Maestro. Siamo stati battezzati, perché siamo rinati dall'acqua e dallo Spirito, perché ogni giorno siamo presi per mano dallo Spirito Santo perché siamo fissi col cuore nel mistero di Gesù. Egli è la meravigliosa avventura della vita: essere attratti continuamente dal Maestro per ritrovare in Lui il senso della nostra storia. Fin dal mattino ci sentiamo chiamati ad essere attenti a questa presenza che è il senso della nostra vita, come il maestro ci ha suggerito: A voi è dato di conoscere il mistero del regno, a noi è dato di contemplare la bellezza luminosa del Maestro come il punto focale e determinante della nostra esistenza. Ecco perché il cristiano nel cammino della sua vita ha un fascino abituale del Maestro, è quel silenzio interiore che si lascia conquistare da una presenza che diventa il seme che cade per terra; la bellezza della vita è gustare la presenza del Maestro, il discepolo ne è un alunno attento, perché il Maestro possa veramente radicarsi dentro di noi. In certo qual modo nell’accoglienza del Maestro, il seme si sfalda e produce frutto. Intuiamo allora che per essere autentici discepoli non solo dobbiamo essere dei contemplativi che lasciano spaziare il cuore nel mistero di Gesù, ma occorre essere persone in stato di ascolto. Noi tante volte pensiamo che l'essere cristiani sia impegnarci in tante cose, e diventiamo inevitabilmente protagonisti della nostra vita. La bellezza della nostra storia sta nello spalancare il cuore a quello stato d’animo che si chiama la purezza del cuore. Fin dal mattino il nostro cuore è attento alla sua presenza e il grande desiderio che fiorisce dentro di noi è: Parla, o Maestro, che il tuo servo ti ascolta. In questo cogliamo la bellezza di una presenza: il Signore è sempre con noi, cammina continuamente con noi e semina inevitabilmente in noi quella parola di speranza e di fiducia che dà senso alla nostra vita.

Ma cosa vuol dire camminare in purezza di cuore? E allora tre coordinate ci possono accompagnare in questo grande cammino:

- il fascino del Maestro,

- un cuore aperto in una capacità di incarnare il mistero,

- lasciarci attirare dal Maestro.

In certo qual modo quel terreno buono è il cristiano che non riesce più a vivere senza la presenza del Maestro, lo cerca continuamente, ne desidera le parole, perché il Maestro possa veramente parlare in libertà al cuore dell'uomo. Il primo elemento fondamentale è che noi abbiamo un cuore veramente aperto, un cuore disponibile ad una presenza, per cui istintivamente con il cuore desideriamo che il Signore riversi in noi la sua presenza e ci regali quella docilità che è fondamentale nella disponibilità alla sua parola: Così dice il Signore! Sarebbe bello che nel cammino della nostra vita, davanti alle scelte quotidiane, noi potessimo sempre dire Così ha detto il Signore. In certo qual modo siamo chiamati essere un riflesso esistenziale di una presenza che diventa il senso della vita, le nostre azioni sono l'incarnazione di una presenza che è entrata in noi, ci determina e ci qualifica profondamente: è il dialogo meraviglioso della rivelazione. Noi spesse volte pensiamo che il cristiano debba fare tante cose, il cristiano è chiamato a dialogare, a lasciarsi innamorare da una presenza accogliendola fino in fondo con un animo libero e aperto. Comprendiamo di riflesso, che la nostra vita sta nell'incarnare una presenza! Come sarebbe bello se nel nostro incontro finale con il Padre dei cieli potessimo dirgli: “Ho dato volto storico al tuo figlio Gesù” e il seme caduto in terra ha prodotto ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta per uno…

Siamo persone talmente disponibili alla divina presenza, il Signore opera attivamente dentro di noi, le nostre azioni sono la sua presenza che crea continuamente meraviglie nel nostro spirito. Ecco perché il cristiano è un uomo dell'ascolto, è un uomo innamorato che ha gli occhi fissi sul Maestro che continuamente ne percepisce la Parola, Parola udita, Parola gustata, Parola intuita. Il cuore innamorato intuisce anche quello che non si è detto, perché la bellezza del Maestro è diventare giorno per giorno quei meravigliosi discepoli che danno un volto alla sua presenza: è la bellezza della nostra vita! Se noi riuscissimo a cogliere che l'essere cristiani è dialogare con il Cristo, allora desidereremmo la Parola, soprattutto questa Presenza, questo Gesù che entra nella nostra vita e ne determina le azioni, i pensieri, i propositi, le scelte. L'importante è avere il cuore puro, il cuore aperto, il cuore nel quale il Signore possa veramente rivelare se stesso. È molto bello come nell'Antico Testamento c'è una profezia molto concreta che in certo qual modo dovrebbe esprimere il dialogo tra Dio e il suo popolo: Dio scrive sul cuore dell'uomo. La bellezza della nostra vita sta nel leggere sul nostro cuore quelle parole che il Signore continuamente semina dentro di noi per darci la bellezza e il gusto della nostra vita. Di conseguenza tutta la vita è la parabola che abbiamo ascoltato, e noi siamo quei discepoli contenti ai quali è dato di conoscere i misteri del regno che è gustare una presenza. Se noi dovessimo in termini più semplici dire - cosa voglia dire essere cristiani - potremmo dire una cosa semplice: avere un cuore ammirato dalla figura del Maestro, ritrovando in lui quella bellezza della vita che ci dà forza, coraggio e speranza. Ecco perché il cristiano dice: Parla, o Signore, che il tuo servo ti ascolta. Allora la vita è l'incarnazione di un amore inaudito, continuo e stabile, la nostra vita è dare volto a questa meravigliosa Presenza.

Dovremmo sempre dire: Il tuo spirito, Signore, è il senso della mia mia vita.

Questa mattina ci siamo ritrovati qui per sacramentalmente vivere questa realtà, la storia ci pone tanti eventi negativi e davanti agli interrogativi della storia noi ci poniamo la domanda: come possiamo agire, come possiamo operare concretamente? Il nostro ritrovarci significa: Parla o Signore che il tuo servo ti ascolta. Questa mattina Gesù si è incarnato tra noi, ci ha dato la sua presenza, ci ha rivestiti del suo amore, ci ha introdotti nella sua fedeltà senza limiti, per rendere feconda questa esperienza e, nel momento in cui faremo la comunione, in quel momento la fecondità di Dio entrerà in noi, e la Parola diventata sacramento illuminerà la nostra storia e ci permetterà di camminare in vera novità di vita. È la bellezza della fede, è quell’incontro di cuori tra il Signore e noi, un incontro di cuori che genera amore, costanza, fedeltà, pazienza, sogno futuro per un mondo più bello come il Signore dall'eternità lo ha pensato e ce lo ha regalato.

Viviamo così questa Eucaristia immersi in questo mistero e allora nel momento in cui faremo la comunione in quell'amen diremo: Parla, o Signore, il tuo servo ti ascolta: è il Signore che viene in noi, diventa Lui il senso di quella parola, diventa Lui l'anima delle nostre scelte, diventa la forza per camminare in novità di vita. Questo sia l'entusiasmo di questa mattina che Gesù ci regala per poter essere quel seme che fruttifica nel nostro cuore puro, in modo veramente inesauribile, in vista di quella trasfigurazione gloriosa quando il seme sarà diventato veramente frutto e il frutto potrà entrare in quella Gerusalemme celeste per contemplare eternamente il volto del Padre.

 

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