Messa del Giorno
Ap 7,2-4.9-14 1Gv
3,1-3 Mt
5,1-12a
OMELIA
La bellezza della quotidiana imitazione di Cristo nasce da un grande mistero di comunione: la comunione che ogni uomo ha con Cristo Gesù e con ogni fratello. La comunione con tutti i santi è la comunione con l'intera umanità. Infatti, quando noi usiamo il termine “santo”, immediatamente al nostro orecchio risuonano due parole.
Innanzitutto, nel libro del Levitico,
in cui si è affermata la grande legge della vita cristiana, troviamo: “Siate
santi, perché io, il Signore Dio vostro, sono santo”. Ogni uomo appartiene a
Dio e questo ci porta ad affermare che la santità è intrinseca alla creatura
umana. La bellezza di essere santi è la gioia di appartenere a Dio. Ogni uomo,
per il fatto che è uomo, è chiamato ad essere santo, perché ogni uomo è un
capolavoro della creatività divina. È importante considerare che questa certezza
che ogni uomo sia santo si coglie molto bene nella storia medievale, dove
emergevano i santi laici, i santi della società civile, in un mondo clericalizzato
come quello del basso medioevo. È la bellezza di ritrovare l'uomo, santo in
quanto uomo. Quando, nel progetto della storia umana, Dio ha creato l'uomo, lo
ha creato santo perché appartiene a lui.
La seconda espressione che
ritraduce la fede della chiesa apostolica si coglie alla conclusione del
discorso sul pane della vita. Davanti alla provocazione di Gesù: “Volete
andarvene anche voi?”, Pietro, espressione della Chiesa universale, ha
formulato quella meravigliosa professione di fede: “Signore da chi andremo?
Tu hai parole di vita eterna, noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il
santo di Dio!”. Quindi ogni uomo è chiamato ad essere Santo perché è Santo
in Gesù Cristo: è la gioia d'essere uomini, come dicevamo domenica scorsa, dove
la bellezza della nostra umanità è essere il riflesso della gloria di Dio. Ma
come questa grande vocazione, che è intrinseca all'uomo e di cui tutti siamo
partecipi, si realizza nella nostra esistenza? La risposta ci è stata data dall'immagine
che l'autore dell'Apocalisse ci ha offerto un momento fa: “Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono? (...) Sono
quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti,
rendendole candide nel sangue dell'Agnello.”. Questo testo ci offre tre
passaggi, che ci permettono di entrare nel grande mistero che è la comunione
dei santi in Gesù Cristo.
Innanzitutto, hanno una veste
candida: è la luminosità di Dio che è ogni umana persona. Amare l'uomo è amare
la luminosità di Dio nell'uomo, una verità che noi tante volte dimentichiamo,
poiché ogni uomo è il sacramento vivo e vero di Cristo Gesù, il Santo per
eccellenza. Ogni uomo è creato dal Padre, la fonte della santità e ogni uomo
costruisce la propria esistenza nell'energia creatrice dello Spirito Santo. Qui
cogliamo la bellezza di una comunione fraterna, che è decisamente importante
per dare senso alla vita: siamo la vivente luminosità di Dio. Se questo è
all'interno del grande progetto della creazione, nell'espressione scritturistica
"facciamo l'uomo a nostra immagine", un simile percorso esistenziale
diventa ancor più chiaro nel momento della vocazione battesimale, dove c'è la
pienezza dell'umanità: entriamo nella luminosità gloriosa di Cristo Gesù, per
essere l’oggi del Padre nell'energia dello Spirito Santo.
Ma questa luminosità passa
attraverso la grande tribolazione. Se il testo dell'Apocalisse riguarda il
periodo della persecuzione neroniana, esso ha però un senso più profondo: la
grande tribolazione è l'amore alla nostra storicità. L’uomo, come costruisce la
sua esistenza, se non amando intensamente il quotidiano? Il quotidiano così
come si rivela, con tutta la sua problematicità, in ogni evento della storia è
un luogo creativo di Dio. La tribolazione è la verità della nostra esistenza.
Ecco perché è bello coniugare da una parte la veste candida, la gloriosa
esperienza di Dio, e, dall'altra, questa veste candida, che diventa luminosa attraverso
la tribolazione storica. Ognuno di noi, quando vuole ritrovare se stesso, non
deve temere le difficoltà storiche, perché sono il luogo in cui emerge tutta la
luminosità del mistero di Dio nella nostra esistenza.
E allora questa esperienza è lavare
le vesti nel sangue dell’Agnello è avere come criterio essenziale e
fondamentale il mistero di Gesù. Ecco perché siamo stati definiti figli nel Figlio,
che è Gesù. Ecco perché ci è stato presentato l'ideale della nostra umanità nella
sapienza delle beatitudini, che sono il volto di Gesù. Il cristiano è Santo
perché è la luminosità della Trinità, che emerge sempre più attraverso il vissuto
storico, per essere il volto glorioso di Gesù. Di riflesso la festa dei Santi è
la festa della grande comunione nella Chiesa, che avverte questa esigenza di
elaborare il progetto di Dio sull'uomo nel grande mistero della Santissima
Trinità, che rivela tutta la sua pienezza nel mistero dell'offerta di Gesù
sulla croce. È una verità sulla quale dovremmo continuamente soffermarci per
non temere di affrontare il reale così com'è così come si presenta oggi. Non
dobbiamo essere cristiani archeologi, ma siamo cristiani che vivono la
luminosità della Trinità nel mistero di Gesù. Se noi percepissimo la profondità
di tutto questo, noi potremmo affermare che i santi non sono quelli che sono
sempre in chiesa ma quelli che sono
sempre il Cristo vivente nelle realtà concrete della vita, sapendo che la
bellezza di essere cristiani è lavare l'identità della nostra esistenza nella
luminosità gloriosa di Gesù: è la bellezza della Chiesa, la luminosità della Chiesa,
perché siamo in comunione gloriosa con l'intera umanità e tutto questo è la bellezza
che emerge nel nostro oggi.
In questo momento ci ritroviamo
nell'Eucaristia perché vogliamo vivere la comunione con i santi: la comunione
con i doni eucaristici è l'essere avvolti, ricreati, rigenerati dalla bellezza
di Gesù Cristo. Quando l'uomo entra nell'Eucaristia, viene rigenerato dalla
luminosità del Risorto portando sicuramente le stimmate della passione, ma in
una luminosità che è la bellezza della nostra esistenza. Quando noi ci
accostiamo ai divini misteri attraverso l’assemblea liturgica, veniamo avvolti
dalla nube creatrice dello Spirito, perché il volto luminoso di Cristo sia il
coraggio per affrontare la storia nella bellezza gloriosa di chi ha donato la
vita perché gli uomini godessero la vita. Il cristiano è un Santo per
definizione. La liturgia bizantina, nel momento in cui il presbitero offre i
doni eucaristici, usa una formula molto bella che riassume tutto quello che ci
siamo detti questa mattina: le Cose
Sante ai Santi ("Taaghi'a
tois aghi'osis"): il mistero del Santo, che è Cristo, a coloro che
sono santi in forza dell'iniziazione cristiana. La bellezza dell'Eucaristia è
la bellezza della nostra umanità gloriosa. La grandezza della comunione dei santi
diventa quella eucaristica, che genera comunione tra di noi, in comunione con
la grande liturgia del cielo: la storia di ieri, di oggi e di domani.
La festa odierna, se noi la guardiamo alla luce del Cristo e dei testi scritturistici, ci dà una grande speranza: l'uomo (e di riflesso il cristiano) non conosce il pessimismo o le nostalgie archeologiche: Il cristiano gusta l'essere e l'appartenere al Santo e, quando noi celebriamo l'Eucaristia, gustiamo le Cose Sante ai Santi. Nel momento in cui accogliamo il dono eucaristico, dobbiamo sentirci rigenerati dalla luminosità di Dio. I veri santi sono quelli che sono come Cristo innamorati della storia, innamorati dell'uomo, che hanno un grande desiderio della comunione gloriosa, che offre libertà davanti agli avvenimenti della quotidianità. Viviamo così la festa di oggi, con questo gusto di comunione gloriosa, amando intensamente il concreto della storia. Allora l'espressione del Levitico:” Siate santi perché io sono colui che vi ha creati, colui che vi ha santificati, colui che vi ha redenti. Io sono Santo e quindi, poiché tutti mi appartenete, siate santi attraverso la quotidianità della celebrazione dell’oggi del Santo.”. È ciò che ci ha detto Pietro: “Signore da chi andremo? Tu hai Parole di vita eterna e noi sappiamo e conosciamo che tu sei il Santo di Dio.”. È la quotidiana vitalità della celebrazione eucaristica nello stile evangelico.
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