27 dicembre 2015

SANTA FAMIGLIA DI GESU’, MARIA E GIUSEPPE - Anno C -

1 Sam 1,20-22. 24-28      1 Gv 3,1-2. 21-24              Lc 2,41-52
OMELIA
La vera gioia del mistero del Natale è il gaudio nel cuore umano di essere secondo il progetto di Dio.

La vera gioia dell'uomo è la gioia di essere uomo in Gesù Cristo.

Ce lo ha ben richiamato la lettera di Giovanni che abbiamo udito nella quale ci è donata la definizione di chi sia il cristiano "figlio nel Figlio". Questa è la grande gioia della vita: riscoprire e ritrovare la nostra identità nel mistero di Dio fatto uomo.

Davanti a questo grande orizzonte la Chiesa oggi ci accosta all'esperienza della casa di Nazareth per ritrovarvi alcune caratteristiche che ci permettono di elaborare in modo autentico la nostra identità umana; il primo elemento che emerge chiaramente è il pellegrinaggio verso Gerusalemme.

Un pellegrinaggio che Gesù compie a 12 anni, cioè nella pienezza della sua vita. Il pellegrinaggio che Gesù fa verso Gerusalemme riassume tutta la sua storia terrena perché andare a Gerusalemme vuol dire fondamentalmente due cose: riconoscere d'appartenere a Dio e nello stesso tempo avere la sete del volto di Dio.

In quel pellegrinaggio c'è molto di più di un itinerario verso un luogo, c'è una vivente professione di fede. Non si può vivere senza un intenso rapporto con Dio, intenso rapporto che si elabora secondo la bella frase del salmo "il tuo volto Signore io cerco, non nascondermi il tuo volto". È’ l'aspirazione del cuore di vedere colui che è sommamente amato.

Il cristiano quando vuol ritrovare la bellezza della sua esistenza ha una sete di profonda comunione con Dio che è il linguaggio del vedere: vedere il volto di Dio con intensa sete di Dio non potendo più vivere senza Dio.

È’ la vita stessa di Gesù, è la vita stessa dell'uomo. L'uomo è vero e autentico perché ricercatore infaticabile della presenza divina: è quel dinamismo interiore che ci qualifica in tutte le nostre azioni. È’ bello avere come criterio di vita "il tuo volto Signore io cerco. La mia anima sete del dio, del Dio vivente, quando vedrò il suo volto?". È’ la grande libertà del cuore totalmente orientata a gustare questa presenza già attiva nel cuore dell'uomo. In questo riscopriamo la bellezza della nostra vita, in questo riscopriamo la libertà della nostra vita; l'uomo gode di essere uomo quando la sete di Dio è la bellezza della vita.

La filosofia del secolo scorso era qualificata da queste due parole: essere e divenire. Essere in Dio per divenire, progressivamente, il volto di Dio e diventiamo autenticamente volto di Dio attraverso il gusto della nostra umanità. Se dimenticassimo questo valore saremo uomini, ma non realizzati…. Questo è il primo insegnamento che ci viene dal nostro accostarci alla famiglia di Nazareth: essere uomini che in Dio ritrovano la gioia della propria identità. Ecco perché Gesù rimane a Gerusalemme! Gesù rimane a Gerusalemme perché non può staccarsi dal volto del Padre. In quell'essere a Gerusalemme Gesù dice che l'essere immerso nel Padre è il senso della sua vita. Allora in un passaggio, Gesù si fa trovare dai suoi genitori nell'esperienza del Tempio, nell'esperienza della parola di Dio. "Chi ha sete del volto di Dio ne desidera la parola”.

Avviene come nell'ambito dell'esperienza umana: quando uno ha sete di un rapporto desidera continuamente ascoltare la voce della persona amata. Ascoltare la voce è il gusto della sete.

È’ la bellezza della vita cristiana: assetati del volto di Dio ne desideriamo continuamente la parola e Gesù, nel tempio, ci dice: la bellezza del Tempio non è l'insieme dei riti, la bellezza del Tempio è il dialogo con Dio. Chi ha sete dialoga, chi non ha sete è come l'acqua sull'asfalto… la parola di Dio non ha incidenza nella sua vita e non ha riflesso nella storia quotidiana. Ecco perché Gesù davanti alla preoccupazione di Giuseppe e di Maria dice "perché mi cercavate non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?" Chi è immerso in Dio ha l'armonia della propria realtà umana perché nel mistero di Dio e nella sua parola l'uomo ritrova la bellezza della vita. La bellezza di Nazareth è ascoltare la parola. Dovremmo avere come criterio: "così dice il Signore" e ci accorgeremmo che l'esistenza costruita in colui che ci ha creato diventa una maturazione progressiva del capolavoro di Dio che è ognuno di noi. Tale bellezza si ritraduce nell'ultimo passaggio che ci permette di cogliere come la sete di Dio non è un'illusione, la sete di Dio non è semplicemente ascoltare, ascoltare la voce di Dio è ritradurre il tutto nell'obbedienza.

Se guardiamo attentamente la narrazione, Gesù è tutto nel Padre, ma nello stesso tempo è tutto nell'obbedienza a Giuseppe e Maria. Quel discendere a Nazareth “ed era loro sottomesso” ci fa intuire che possiamo essere obbedienti a dire nell'obbedienza all'umanità. Siamo obbedienti a Dio obbedendo alle dinamiche dell'essere uomini, siamo obbedienti a Dio facendo la nostra la gioia feriale della relazione reciproca.

Il bel risultato che l'Evangelista ci offre è molto stimolante: "il bambino Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio nel quale era immerso e davanti agli uomini con i quali ogni giorno si relazionava”. È la vera armonia umana! C'accorgiamo che la gioia del Natale, la gioia d'essere veramente uomini è una gioia che costruiamo in Dio accogliendone il mistero nel gusto della fraternità reciproca.

Di riflesso, vivendo la fraternità reciproca dell'obbedienza a Dio, cresciamo all'essere dissetati dalla comunione con Dio. È’ il bel disegno della nostra vita umana in Gesù Cristo! E’ la bellezza di essere figli nel Figlio!

Il mistero eucaristico è la celebrazione di questa verità: ritrovarsi nell'eucarestia è di chi ha sete del volto di Dio.

Ci siamo riuniti qui, in questa sete, accogliendone la Parola per poter poi essere immersi in quel Gesù che nella sua morte e resurrezione fu obbediente, obbediente al Padre e obbediente alla storia. Questo sia il mistero che vogliamo vivere e condividere in quest'eucarestia in modo da dire che il nostro accostarci a Nazareth non è accostarci ad un intimismo psicologico, ma accostarci a Nazareth è accostarci alla scuola della vita, la scuola della gioia di Dio che ama essere uomo e con Lui possiamo crescere ogni giorno nella nostra umanità cantando la gioia di esistere giorno per giorno!
 
 
 
 
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