OMELIA
Il cristiano ha il gusto della presenza delle tre Persone divine: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo dimorano in noi e sono compagni di viaggio per l'incontro glorioso del cielo.
Questo grande mistero lo riviviamo in modo particolare nel mistero di
fede per eccellenza che è il mistero eucaristico. Se guardiamo la tradizione
della Chiesa l'unico mistero, che Gesù ci ha lasciato, è l’eucaristia perché
l'eucarestia non è un rito, l'eucarestia è una presenza. Lo abbiamo ascoltato
poc'anzi dall'apostolo Paolo. Gesù ha detto: ogni volta che fate questo, ogni
volta che porrete questo rito, io sarò contemporaneo con voi. Il valore non è
il rito, il valore è una persona: la sua presenza!
Se volessimo essere a livello linguistico più profondi Gesù non ha
istituito l'eucarestia, Gesù ha istituito se stesso nel mistero eucaristico,
perché ogni persona ne potesse contemplare la inesauribile ricchezza
relazionale. Gesù ha abolito tutti i riti. Volendo, però, rimanere nel tempo e
nello spazio, ha posto quel rito semplice: un tavolo, un pane e un vino annacquato,
una meravigliosa preghiera attraverso il linguaggio del mangiare e del bere;
l'eucarestia non è andare a messa, l'eucarestia è gustare una presenza
trasfigurante perché solo tale presenza è il valore ed è il motivo per il quale
noi qui ci ritroviamo. Senza il Signore, senza contemplare il Signore, senza
gustare l'attualità del Signore noi non possiamo vivere. Perciò diciamo al
Signore che ponga - oggi - i suoi gesti, è lui – oggi - che prende in mano il pane e il
vino, è lui – oggi - che dice la grande benedizione perché lui – oggi - ci dice:
“prendete e mangiate”.
La bellezza di vivere la gestualità di Gesù è contemplare la presenza
di Gesù.
È una verità, questa, che tante volte dimentichiamo perché siamo più
affascinati dalle cose esteriori; la bellezza dell'eucaristia è dire nella fede:
"Gesù oggi compi i tuoi gesti, introducici nei tuoi gesti perché la tua
presenza è goduta nei tuoi gesti." Infatti, se abbiamo notato il
linguaggio dell'apostolo Paolo, il quale non solo ci ha detto “fate questo in
memoria di me” e cioè "ogni volta che vorrete gustare la mia presenza, con
me ponete questi gesti," ma Paolo ha detto anche: “ogni volta che mangiate
di questo pane e vi accostate a questo calice voi annunciate la morte del
Signore finché egli venga”.
Se guardiamo attentamente il linguaggio dell'apostolo scopriamo che lo
stesso mangiare e lo stesso bere è una professione di fede, è dire che senza di
te Signore non possiamo vivere. Perché l'apostolo fa una simile affermazione?
Paolo mette in contemporaneità sia il gesto - mangiare e bere - con la
professione di fede - annunciare la morte del Signore -, ma cosa vuol dire la
parola "annunciare"?
Spesse volte quando sentiamo la parola annunciare pensiamo che una
simile parola voglia dire proclamare,
gridare il vangelo. Se entriamo nel senso più profondo del linguaggio di
Paolo, ci accorgiamo che annunciare la morte del Signore è condividere una
mentalità diametralmente opposta alla mentalità comune; nell'atto in cui noi
mangiamo e beviamo, cioè entriamo nella gestualità di Gesù, in quel momento,
siamo un canto all'amore oblativo di Gesù. Un’ eucarestia che non fosse un
canto all'amore oblativo di Dio è un rito, non è l'eucarestia… perché il
principio è la sua persona, la sua presenza. Il mangiare insieme è condividere
una mentalità. Il cristiano ogni volta che va all'eucarestia vive realmente le
stimmate di Gesù Cristo poiché la sua esistenza è l'amore incondizionato di
Gesù per il Padre e per l'umanità.
Se, per un momento, pensassimo che ogni volta che veniamo all’
eucarestia Gesù in persona pone i
suoi gesti e i riti sono i suoi gesti, la conseguenza potrebbe essere ovvia
perché il rito voluto dal Maestro è intrinsecamente semplice, perché vogliamo
gustare la gestualità di Gesù, e la gestualità di una persona che noi intensamente
amiamo deve essere una gestualità semplice e spontanea!
Dove c'è amore c'è semplicità, dove c'è intensità di relazione c'è
essenzialità, per cui la bellezza di ritrovarci oggi a celebrare l'eucarestia è
ritrovare il gusto di una presenza. Intuiamo allora che la presenza è una
relazione trasfigurante.
È molto bello come San Giovanni della Croce cercando di cogliere il
senso della vita interiore ha una affermazione sintetica, che è chiaramente
eucaristica: trasfigurazione partecipativa.
Ogni relazione è trasfigurante. Ricordiamoci sempre che l'uomo è
frutto delle sue relazioni e la bellezza della vita è la relazione! Gesù, attraverso quel pane e quel vino vuole porsi
talmente in relazione con noi che ci
trasfigura nel suo amore oblativo attraverso la nostra volontà del mangiare e
del bere. "Se tu vuoi entrare in me, o Signore, sii presente nel pane e
nel vino perché la tua persona trasfiguri la mia persona e la renda luminosa
del tuo amore. Infatti la mia capacità battesimale di offrire la vita, non riesco
veramente a svilupparla se tu non mi rianimi continuamente con la tua presenza
sacramentale! " Gesù ci ama talmente da porre quei riti semplici per
trasfigurarci continuamente, per darci la gioia di dire: "io sono vero
uomo, dice Gesù; condividendo il mio banchetto diventerai veramente uomo."
L'umanità di Gesù attraverso la sua
gestualità ci trasfigura nella sua umanità.
È un mistero che non è qualcosa da capire perché le gestualità della
vita non sono da capire, le gestualità della vita sono la spontaneità di un
cuore che in quella relazione comunica spontaneamente se stesso e ritrova
veramente se stesso.
Un’ eucarestia che non sia così - direbbe papa Benedetto - è
idolatria.
I riti possono diventare una specie di droga esistenziale; la bellezza
della vita è la ritualità semplice in cui il Signore ci trasforma in modo
veramente inesauribile perché - ed è molto bella la frase di Paolo – “ogni
volta che mangiate di questo pane e vi accostate a questo calice annunciate la
morte del Signore finché egli venga”. Questo è un banchetto dove la relazione
con il Signore è così trasfigurante che noi siamo tutti protesi verso la
trasfigurazione gloriosa: il banchetto della gloria, dove quel banchetto di
gloria sarà il Cristo che ci trasformerà in modo così glorioso da rendere
esaltante la nostra esistenza umana.
Di conseguenza potremmo affermare che Gesù, regalandosi in quei
semplici segni eucaristici, ci ha comunicato una realtà molto facile e molto
semplice: " ogni volta che vi accosterete al mio gesto eucaristico, vivrete
il mio gesto che vi comunica la mia gioia d'essere Uomo perfetto e ritroverete
il gusto della vostra umanità." Questa umanità sarà piena e gloriosa
quando, in paradiso, vestiremo quell'abito nuziale candido di eternità per
cantare eternamente la gloria di Dio.
Questo è il mistero della fede perché la fede è questo mistero.
Tutto il resto o giunge a questo mistero o è tutta una elucubrazione
morale o sollecitazione pragmatica.
E’ bello allora oggi, celebrando l'eucarestia, come Paolo ci ha detto,
avere la gioia di entrare in quella Tradizione che è la stessa Tradizione della
risurrezione. Qui ritroviamo qualcosa che è nascosto nel mistero di Dio. E
allora oggi, accostandoci ai doni eucaristici, lasciamoci prendere da questa
meravigliosa relazione che il Signore vuol porre con ciascuno di noi per sentirci
uomini autentici! Perché l'Uomo più vero e autentico presente nella storia è
entrato in meravigliosa relazione con noi!
Questo è il mistero che è la nostra vita.
Entriamo perciò guidati dallo Spirito Santo in questa incomparabile
esperienza che ci fa dire: attraverso questo pane e questo vino cantiamo con
tutta la nostra persona l'ineffabile desiderio di contemplare eternamente il Signore
vivendone il cuore immenso d'amore. Allora la vita in Cristo Gesù, anche se ci
sono tanti temporali, è costruire la vita sempre nel Sole perché il Signore è
il sole del cuore, della mente, delle labbra che si incarna nelle nostre
gestualità. E' il Risorto che oggi dà speranza a tutti gli uomini.
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