26 dicembre 2016

SANTO STEFANO

At  6,8-10.12;7, 54-60             Mt 10,17-22
OMELIA
Partecipare alla gioia di Dio nell'esperienza dell'incarnazione vuol dire sentirci continuamente generati dall'alto. Il cristiano gusta la gioia della vita, quando ritrova lentamente questa consapevolezza d'essere istante per istante nato da Dio. Questa percezione ci porta a rivivere un atteggiamento che cogliamo nella figura di Stefano: guardare verso l'alto. Stefano affronta la sua storia e il suo martirio con lo sguardo rivolto verso l'alto e questo sguardo non è semplicemente un qualcosa di esteriore ma traduce una interiorità, una pienezza di sapienza e di Spirito Santo. In questo è imitatore di Gesù che nel Vangelo davanti alle situazioni della vita e ai gesti che è chiamato a compiere guardava verso l'Alto.

Lo sguardo verso l'alto ritraduce uno stile di vita interiore. Se noi nasciamo veramente da lassù, se l'origine della nostra esistenza viene dalla benevolenza di Dio, davanti alle problematiche della vita dobbiamo guardare in alto perché la bellezza del guardare in alto significa dare speranza alla nostra povertà storica. La vita è ricca di interrogativi, le difficoltà possono in un modo o in un altro schiacciare le nostre persone, le oscurità dell'esistenza ci possono far perdere la speranza. Lo sguardo verso l'alto riproduce la consapevolezza presente in noi che è da lassù che nasce l'esistenza, siamo chiamati a costruire ogni istante alla luce dell'energia divina che opera nelle nostre persone. Infatti, quando l'uomo guarda verso l'alto, coglie due sfaccettature della sua esistenza estremamente importanti: accogliere la potenza dello Spirito e dilatare la sapienza divina.  

È quello che è avvenuto in Stefano quando si dice che i suoi avversari non potevano resistere alla sua sapienza. Infatti, quando l'uomo a livello interiore ha lo sguardo rivolto verso l'alto, si sente immerso in una luce che gli dà la capacità di camminare nella storia. Il desiderio di guardare verso l'alto ritraduce il coraggio di lasciarci rigenerare da quella creatività di Dio che è di gran lunga superiore a tutti gli ostacoli della vita. Stefano volge lo sguardo verso l'alto, perché solo la potenza di Dio poteva dargli l'energia di testimoniare la libertà del Vangelo. Se l'uomo storico è facilmente condizionato dai contesti, se lo smog della cultura tecnologica o pragmatistica ci impedisce di respirare la purezza dello spirito, lo sguardo interiore rivolto verso l'alto ci dà la capacità di percepire una meravigliosa creatività divina. Non guardiamo troppo alle nostre povertà e alle nostre difficoltà, ma lasciamoci rigenerare dall'alto.

Chi si lascia rigenerare dall'alto, chi si lascia invadere dalla creatività divina acquista la sapienza divina che è nient'altro che la sapienza del Cristo crocifisso. È molto bello come l'evangelista Luca descrivendo la morte di Stefano la ritraduce in un linguaggio che si richiama immediatamente alla crocifissione di Gesù. Chiunque ogni giorno venga rigenerato lentamente dalla sapienza dello Spirito, si comporta secondo lo stile di vita di Gesù. La sua sapienza stimola il discepolo a rileggere la storia, entrando in quel clima interiore che suggerisce il "come fare" e il "che cosa dire". Infatti, quando veramente entriamo in questa docilità alla creatività divina, a livello interiore avvertiamo come effettivamente possiamo agire. Ecco perché l'evangelista Matteo ci ha detto chiaramente che davanti alle difficoltà non dobbiamo mai pensare a cosa diremo con lo stile concreto della vita: la potenza di Dio che è in noi ci dà una tale sapienza che lo Spirito Santo parlerà attraverso la nostra vita. È la grande docilità di chi si lascia ogni giorno rigenerare dall'alto per potere camminare in novità di vita.

Noi tante volte non riusciamo a percepire questi due grossi valori come la potenza e la sapienza divina presenti in noi perché ci lasciamo condizionare dai contesti nei quali viviamo e non abbiamo più quella freschezza, quella libertà, quella gioiosità interiore che ci portano a dire Gesù attraverso le scelte quotidiane della nostra esistenza. Il dare la vita come ha fatto Stefano non sarà nient'altro che fare una meravigliosa professione di fede nella potenza che scaturisce dalla persona del Cristo glorioso.

Ogni gesto del cristiano dovrebbe incarnare la fede in Gesù, è dire la creatività di Dio nella nostra esistenza. Quando siamo davanti agli interrogativi della storia, non rinchiudiamoci troppo in noi stessi, ma lasciandoci guidare dallo Spirito possiamo in verità entrare in noi stessi e percepire la divina presenza. Di conseguenza comprendiamo che l’avvertire la divina presenza vuol dire alzare lo sguardo verso l'alto. Ogni giorno viviamo nella consapevolezza che la nostra persona sempre scaturisce dall'origine di ogni dono: dall'alto, dalla potenza creante dello Spirito!  Allora il cristiano elabora la sua esistenza in una meravigliosa sintesi tra una storia di supplica e una potenza divina e seguendo tale percorso diventiamo delle creature nuove veramente generate da Dio. E allora è bello coniugare la figura di Gesù che, nell'incarnazione diventa testimone della verità, e Stefano, che nel percorso storico è stato testimone di Cristo Gesù. Dalla verità che viene dall'alto e che si cala nella storicità di Gesù, fluisce lo stile di vita come testimone dell' opera divina che opera nella figura di Stefano.

Chiediamo al Signore questa mattina, nella festa di Santo Stefano, di avere sempre lo sguardo del cuore rivolto verso l'alto per lasciarci educare da quella potenza e sapienza divine che ci danno il gusto di godere esistenzialmente del Vangelo.  

Gesù, nell'ultima cena, quando ha iniziato quella meravigliosa preghiera eucaristica, ha alzato gli occhi al cielo.

Gesù compiendo il miracolo della moltiplicazione dei pani ha rivolto lo sguardo verso il cielo.

Anche noi questa mattina, che vogliamo lasciarci ricreare dalla potenza divina, in questa eucaristia alziamo lo sguardo verso il cielo e allora in questo sguardo elevato verso il cielo, avvertiamo come in quel pane in quel vino ci sia data la potenza di Dio, la creatività dello Spirito Santo, la consolazione di una meravigliosa presenza perché da quella comunione nasca quella sapienza divina che ci dice che dobbiamo incarnare la serenità coraggiosa di Gesù davanti agli avvenimenti della storia quotidiana. Solo così potremo regalare a tutti gli uomini, la speranza che viene dall'alto e condividere con i fratelli la bellezza dell'esistenza quotidiana.

Con Gesù e sull'esempio di Stefano potremo dire ai fratelli la grandezza feconda della vita, al di là delle difficoltà della storia. L'uomo interiormente gaudioso è un uomo che sa vivere anche il tormento del martirio della quotidianità. E il grande miracolo che rappresenta il vivo effetto della azione inesauribile dello Spirito Santo.

Dovremmo ridirci continuamente che questo meraviglioso stato d'animo si fonda sulla signoria del Risorto che opera nelle nostre persone. Solo in lui e nella sicurezza teologale del nostro abitare nel suo mistero possiamo dire la bellezza e la gioia della nostra identità umana. In Gesù creduto e vissuto specialmente nella celebrazione eucaristica gustiamo la bellezza di vivere e di vivere ogni giorno. Allora la gioia di Dio diventa la nostra gioia e il vissuto sarà sempre più sacramento testimoniale delle meraviglie che le tre Persone divine operano nella storia dell'intera umanità.





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