09 settembre 2018

XXIII DOMENICA T.O. - ANNO B -


Is 35,4-7                   Gc 2,1-5                   Mc 7,31-37

OMELIA

La bellezza della vita cristiana si costruisce lasciandoci ricreare continuamente dalla parola di Dio che investe la nostra esistenza attraverso gli atteggiamenti concreti di Gesù: egli infatti fu profeta in parole e opere. Davanti a questo grande orizzonte che non ci abbandona mai, la bellezza della nostra esistenza è crescere ogni giorno nel mistero di Gesù. Oggi l'evangelista Marco, attraverso il racconto che abbiamo ascoltato, ci insegna il “come” in cui noi possiamo veramente lasciarci rigenerare dalla novità di Gesù per diventare sempre più creature nuove.

Il miracolo che l'evangelista ci ha raccontato è un racconto che va al di là di un episodio della vita di Gesù, quel racconto è quello che avviene -normalmente- nella vita di un discepolo. L'evangelista narra un fatto di ieri perché divenga verità nel mondo di oggi. E possiamo definire tutto questo racconto come l'itinerario che Gesù insegna ad ogni cristiano perché la sua personalità divenga la luminosità della sua vita e il primo elemento che emerge dal racconto è che quel sordomuto è consegnato a Gesù dalla sua comunità perché Gesù lo porti nella sua solitudine per ricrearlo.

È la bellezza della fede. La bellezza della fede è vivere abitualmente la relazione con una persona in una purezza d'atmosfera per cui respiriamo solo il Signore presente.

L'uomo di oggi vivendo di chiacchiere, vivendo di un correre continuo, vivendo in un disturbo esistenziale incessante non riesce a gustare questa solitudine con Gesù nella quale l'uomo ritrova se stesso. Lo stare con Gesù è la bellezza della fede perché stando con Gesù vivo e presente noi ritroviamo il gusto della vita. E a questo primo atteggiamento, segue il secondo atteggiamento: in questa solitudine l'uomo è docile all'azione del Maestro. Gesù non parla all'uomo solo con il linguaggio verbale, l'uomo parla all'uomo anche con il linguaggio gestuale perché la gestualità è la bellezza di un cuore che si regala. Gesù non semplicemente con sé si porta il sordomuto, ma attraverso la sua gestualità fisica si pone in relazione con l'ammalato perché in questa gestualità c'è la bellezza dello scambio di personalità, una condivisione relazionale per cui Gesù fa passare nel sordomuto la sua identità. Non è semplicemente un gesto, è un contatto fra la divina umanità di Gesù e l'uomo che nella sua povertà vuol lasciarsi ricreare. La conoscenza di Gesù passa attraverso il lasciarsi ricreare da questa iniziativa del Maestro, è quello che noi chiamiamo il linguaggio sacramentale che non è dato per avere la grazia, ma per costruire una relazione tra il Signore che si accosta all'uomo e l'uomo che si lascia interpellare nella docilità dello Spirito dall'azione del Maestro.

Ogni gesto della Chiesa è una relazione della personalità reale di Gesù che incontra l'uomo per rifarlo. Ricordiamoci che il linguaggio verbale non è il linguaggio migliore delle relazioni, il linguaggio più vero è quello non verbale perché le parole sono ambigue, il linguaggio della corporeità è il regalarsi dell'uno all'altro, è il Cristo che si regala all'uomo per ricreare l'uomo.

Ora questa azione del Maestro è accompagnata da un gesto interiore che si è sviluppato nell'espressione dell’evangelista del Gesù che guarda verso il cielo. Un simile gesto di Gesù è nient'altro che l'espressione di un rapporto orante tra Gesù e il Padre. I gesti di Gesù sono la gratuità del Padre. Gesù pone il segno sui due sensi di cui l'uomo è privo, ecco l'udire e il parlare, ma perché è il Padre che regala all'uomo la grandezza del suo amore e in quello sguardo tra Padre e Figlio intuiamo che il gesto di Gesù è intrinsecamente impregnato di preghiera. La bellezza del rapporto con Dio è un'esistenza che è tutta animata da questa relazione orante dove noi gustiamo la libertà di Dio e Dio è talmente libero che il gesto di Gesù diventa fecondo per opera dello Spirito Santo. Quel soffio è nient'altro che l'atto creativo di Dio nel quale noi effettivamente siamo collocati. Il cristiano può veramente ogni giorno crescere nella signoria del Maestro quando entra in questa circolarità divina, il gesto di Gesù, la signoria del Padre, la creatività dello Spirito Santo. In questa azione trinitaria l'uomo diventa una creatura nuova. Il miracolo è l'espressione di qualcosa di molto più grande, quel segno per riacquistare la capacità di udire e di parlare è nient'altro che l'espressione di qualcosa di molto più grande che accade nell'uomo, è la Trinità che rifà una persona. È la bellezza della fede! Di una fede che si lascia ricreare.

Com'è triste la vita di tanti cristiani che si appellano ai devozionalismi delle statue o delle candele o delle icone e dimenticano la gloriosa presenza del Risorto…poveri cristiani che si appellano alle cose dimenticando questa diuturna relazione con il Maestro che ci introduce in una vitalità eccezionale. Le statue, le icone sono delle forme culturali, sono linguaggi freddi, impregnati di soggettivismo devozionale, non sono altro che rappresentazioni senza anima, non sono relazioni interpersonali. E la bellezza dell'uomo è lasciarsi trasfigurare dalla relazione con il Maestro. La bellezza della fede è la sete della solitudine in Gesù per essere immersi nella ricchezza della sua persona per poi entrare nella comunione con i fratelli e fare la grande professione di fede: ha fatto bene ogni cosa, fa udire i sordi e fa parlare i muti. Quando l'uomo entra in questa grandezza divina, il resto non gli interessa più. Sono dei semplici corollari che non creano l'uomo nuovo anzi, gli danno l'illusione di essere un credente, e allora credo che la bellezza dell'incontrare Gesù questa mattina nella dinamica di un rapporto in cui Gesù si regala a noi nella parola e nel sacramento deve essere l'unica gioia della nostra vita, il resto non ci interessa, sono linguaggi religiosi, non credenti.

Nel momento in cui ci accosteremo ai segni faremo questa esperienza: Gesù, guardando il Padre, ci dice: guarisci! E' in questa parola che il corpo e il sangue sacramentali di Cristo e lo Spirito Santo ricostruiranno la nostra esistenza. La conseguenza che potremmo ottenere potrebbe essere così espressa: in questa pienezza di vita, che è il Cristo che si dona personalmente, cosa dobbiamo aggiungere? Chi è nella pienezza non guarda il frammento. In questo clima di gioia entriamo in questa meravigliosa esperienza che è la grande libertà del cuore. Il cristiano è tale perché ogni giorno vive la relazione interpersonale con il Maestro in una bellezza comunionale che è anticipazione di quel rapporto meraviglioso che sarà il paradiso. Viviamo intensamente questo grande mistero che non è solo il miracolo di ieri ma la realtà di oggi e allora la nostra vita è liberata da Gesù, come ha detto molto bene Giacomo: diventerà una carità verso tutti senza nessuna specificazione perché l'uomo quando entra in questa pienezza di vita divina è così libero che è aperto al mondo intero.

Viviamo così quest'Eucarestia in purezza e libertà di cuore, non lasciamoci prendere da tante cose esteriori, entriamo in semplicità in questo mistero nella profonda certezza: se Gesù è con noi, che cosa vogliamo di più. Il poter "stringere la mano a Gesù" nell'incontro credente e sacramentale ogni giorno vale più di tante statue, di tante icone e tanti baci alle cose, ma che non è mai la gustazione della meravigliosa e affascinante persona che è Gesù Cristo.




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