04 novembre 2018

XXXI DOMENICA T.O. - ANNO B -


Dt 6,2-6                    Eb 7,23-28               Mc 12,28-34  

OMELIA

La gioia di appartenere a Cristo, il santo per eccellenza, si sedimenta in noi nel desiderio di assumere l'intera personalità del Maestro: lui è l'unico sommo sacerdote, lui è l'unico sacrificio, lui è l'unica lode rivolta al Padre. Il cristiano, nel momento in cui fa la scelta del Signore, concentra la sua esistenza tutta in Gesù, ritrovando in lui, e solo in lui, il senso portante della sua storia.

Di fronte a una simile fondamentale acquisizione, quando il discepolo può dire d'essere vero e autentico se non nel momento in cui vive l'unità della sua esistenza. Tale interrogativo è essenziale per costruire un'esistenza che possa dirsi evangelica. Una simile sottolineatura è importante perché, tante volte, nel linguaggio esistenziale e concettuale di noi cristiani c'è una certa dicotomia esistenziale: è il dramma nel quale noi tante volte ci ritroviamo, dramma di una rottura della nostra persona.

Tante volte diciamo che l'uomo è composto di anima e di corpo, ma è vero fino in fondo un simile asserto? Dobbiamo ricordare sempre a noi stessi che l'uomo è una persona! L'uomo tante volte pensa che quando muore, il corpo rimane qui e l'anima va in paradiso: non è perfettamente vero. La bellezza è la persona umana, dove l'identità della persona rimane anche nell'evento della morte, perché la persona in tutta la sua interezza entra nel mistero della gloria. Non esiste anima e corpo, quasi fossero due realtà distinte, esiste la persona, perché non esiste uomo che non abbia anche la sua corporeità e già questo primo dualismo lo dobbiamo chiaramente superare. In Gesù c'è la persona e noi in Gesù siamo persona.

Nello stesso tempo occorre superare il dualismo di “interiore ed esteriore”: una rottura della persona umana sarebbe veramente tragica; l'uomo interiore si incarna nelle esteriorità e l'uomo esteriore è l'espressione della vita interiore. Quando noi facciamo col cuore la scelta di Cristo, la nostra fisicità ne incarna il mistero, per cui dobbiamo superare il problema del “visibile e invisibile” perché ciò che noi vediamo è la fecondità dell'invisibile. L'uomo è una invisibilità incarnata e allora ritroviamo che l'uomo è insieme una realtà contingente, ma è anche trascendente perché la persona è abitata dalle tre Persone divine. Se guardiamo attentamente questi fenomeni ci accorgiamo che siamo di fronte a un dualismo che non dà alla luce l'unità esistenziale della persona.

Una simile dialettica la ritroviamo nel brano evangelico, che non è facile da comprendere per chi non è addetto ai lavori: l'amore a Dio e l'amore al prossimo, che sembrano essere due comandamenti, ma Dio è unità e non esistono due comandamenti, altrimenti cadremmo ancora nel dualismo. La bellezza della nostra esistenza ritrovare l'unità della nostra persona, che è Gesù, ecco perché davanti alla domanda dello scriba la risposta di Gesù è molto chiara e stimolante: Ascolta, Israele! Davanti alla domanda: qual è il principio della tua esistenza? la risposta che la rivelazione scritturistica ci offre è molto semplice: Ascolta, Israele! che potremmo ritradurre in questo modo: Lasciati penetrare da una storia, dalla storia della salvezza, da una persona che è Dio fatto uomo, dal suo mistero di rapporto continuo con il Padre in un amore inesauribile verso l'uomo. La bellezza della vita è l'unità; Gesù non è "spaccato" in due - l'uomo e il divino -. Siamo di fronte a un misterioso ma reale mistero di nella quale Gesù vive intensamente la relazione con il Padre e la passione per l'uomo, come condividevamo nella festa dei Santi di giovedì. La bellezza di Gesù è una meravigliosa sintesi: nell'amore al Padre ha amato l'uomo e nell'amore all'uomo ha amato il Padre. È quella unità di vita che noi dobbiamo ritrovare: l'unità della nostra persona.

Se abbiamo ascoltato attentamente il linguaggio di Gesù, ci siamo accorti che l'amore per Dio passa attraverso tutta la nostra personalità umana: Gesù ci ha detto: con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. L'amore in Dio e per Dio attrae tutta la nostra personalità umana. In questa attrazione noi veniamo trasfigurati in Gesù e l'amore al prossimo è incarnare questa trasfigurazione, non esiste nell'uomo un dualismo. Spesse volte noi cadiamo nel grosso rischio di essere cristiani con il vestito delle modalità, dimenticando il carattere unificante del nostro cuore che permea tutta la nostra persona. Questo è il dramma in cui tante volte ci ritroviamo; la bellezza nella quale noi dobbiamo continuamente tendere è l'unità. Quando l'uomo raggiunge Dio è un uomo dove la sua persona è affascinata dalla bellezza di Dio, ne incarna la bontà, entrando nella comunione divina, nel gusto dell'unità in lui. Un cristiano che non scopra la bellezza dell'unità della sua vita non è cristiano, ecco perché non esistono due precetti, non esistono due comandamenti, siamo chiamati ad incarnare nell'unità della nostra persona la bellezza umana di Dio e la bellezza divina dell'uomo. Una unità che è il gusto della vita.

Tante volte noi sostituiamo al gusto dell'unità il voler sezionare, ma quando l'uomo seziona perde la bellezza della vita. Uno dei drammi della cultura cristiana dopo il concilio di Trento è proprio quello di sezionare l'uomo: una cosa è la verità, una cosa è lavorare, una cosa è la spiritualità, una cosa è la concretezza. Abbiamo sezionato l'uomo e abbiamo dimenticato l'unità della sua persona: l'uomo è l'immagine gloriosa di Dio! Ecco perché quando noi moriamo non è vero che l’anima vada in paradiso e il corpo al cimitero: non è concepibile! Quando uno muore, la sua persona va in paradiso, tutta la sua identità divino-umana entra nella gloria trinitaria! Al cimitero sono sepolte le reliquie della persona, il momento contingente nel quale si è generata e sviluppata la vocazione all'eternità beata. E allora la bellezza di riscoprire Gesù oggi, sommo sacerdote, è riscoprire colui che regala a Dio all'uomo e l'uomo a Dio attraverso il principio del Deuteronomio Ascolta! Spalanca la tua vita alla persona di Gesù e in lui troverai   l'unità della tua esistenza e ogni volta che hai il numero due non segui il Vangelo: in Gesù c'è solo il numero uno, l'unità divino - umana di Gesù. È una cosa che non è facile da capire, ma è la verità. Noi quando amiamo una persona non la sezioniamo nelle diverse componenti che la caratterizzano, quando amiamo una persona la accogliamo in tutta la sua verità esistenziale, nell'unità si ama per costruire l'unità. Gesù questa mattina non ci dà dei precetti ci dice: vivi la mia vita divino-umana, umano-divina. Questa è la bellezza dell'unità.

L'uomo nella sua sete continua di verità è un ricercatore di unità, ecco perché ho detto quando l'uomo è nel bello tutta la sua persona è avvolta, e quando è nel bello tutta la sua personalità incarna bontà e l'uomo nell'unità entra nella verità: la comunione Padre Figlio e Spirito Santo.

La bellezza dell'eucaristia viene scoperta nel fatto che nel segno gustiamo una presenza, la presenza di Gesù, il suo mistero, la sua storia. Ecco perché l’eucaristia è "mangiare-bere" con il cuore, con gli occhi, con tutto quello che siamo la persona di Gesù per ritrovare quell'unità interiore che è la bellezza della vita cristiana.

Entriamo in questo mistero con tanta semplicità e da quello che Gesù potrebbe averci detto oggi amiamo la nostra persona divino-umana in modo da camminare nel tempo e nello spazio con la serenità di Uno che abita in noi, in un luogo che in lui ha la sua unità di vita. Camminiamo in questo orizzonte per ritrovare tanta fiducia e tanta speranza, nella consapevolezza che siamo persone amate da un Dio persona che nella nostra vita vuol rendere noi creature luminose per la sua ineffabile presenza di amore veramente inesauribile.




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