03 febbraio 2019

IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)


Ger 1,4-5.17-19                 1Cor 12,31-13,13               Lc 4,21-30

OMELIA

La presenza di Gesù nella sinagoga di Nazaret ha creato stupore nella comunità che lo ha ascoltato. I presenti hanno contemplato il Cristo, compimento della fedeltà di Dio, attraverso la citazione del profeta Isaia. Nella loro ammirazione si scopre il fascino della persona di Gesù, ma questo fascino era semplicemente una emozione. Infatti la contrapposizione tra l'ammirazione iniziale del testo evangelico e la sua conclusione ci dice chiaramente come quell'entusiasmo non avesse un fondamento. Era un entusiasmo che diremmo psicologico, un entusiasmo senza fondamento, e l'evangelista ci descrive questo cambiamento immediato dall'essere affascinati da Gesù a volerlo uccidere. Tre sono i motivi che emergono dalla parola di questa mattina che ci permettono di intuire come il fascino di Gesù, tante volte, sia molto estrinseco e non generi novità di vita.

Il primo aspetto che emerge chiaramente, è che i suoi ascoltatori rimangono legati a Gesù di Nazaret, al figlio di Giuseppe e non sono capaci di fare un salto di qualità. Sono legati al contingente e non hanno la capacità di entrare nell'Invisibile. La persona di Gesù è un segno concreto di un mistero molto più grande; essi non hanno percepito la grandezza all'interno della personalità di Gesù. E Gesù l'ha detto molto bene quando ha affermato che nessun profeta è accetto in patria sua perché accettare un profeta è accettare che Dio parli, che Dio attraverso quell'uomo ponga la creatura in un atteggiamento di conversione, di novità di vita, di ricerca, di desiderio di qualcosa che è più grande delle attese degli uomini. Non si può conoscere veramente Gesù se la dimensione visibile non si apre alla dimensione dell'Invisibile. La vita è qualcosa di invisibile che noi incarniamo nelle scelte quotidiane. Gesù si è fatto uomo, ma è il mistero di Dio che si è fatto storia, e quindi attraverso l'approccio alla persona di Gesù noi siamo chiamati ad andare al di là del visibile, di ciò che corre nel tempo, per lasciarsi illuminare di eternità beata. In certo qual modo il cristiano vede Gesù, contempla il figlio di Dio, vede la storia, gusta l'eternità. Questo è il primo elemento che ci permette di comprendere quel cambiamento immediato che avviene negli ascoltatori della sinagoga di Nazaret; non hanno il gusto di qualcosa di più grande che affascina la vita. Lo stupore è la profondità di un cuore che nel tempo sa entrare in qualcosa che è al di là di ogni comprensione umana.

Gesù, per affermare che questo è il cammino da seguire ci ha offerto l'esempio della vedova di Zarepta che, nell'incontro con il profeta Elia, fa una scelta che per noi sarebbe assurda, ma corrisponde ad un vero cammino di fede. Questa donna nell'incontro con il profeta Elia dice, davanti alla richiesta del profeta di dargli da mangiare: Per la vita del Signore, tuo Dio, non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po' d'olio nell'orcio; ora raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a prepararla per me e per mio figlio: la mangeremo e poi moriremo. Quella donna, davanti alla richiesta del profeta, non guarda al suo disagio economico, ma accoglie il profeta. Accoglie quell'invisibile che è il senso della vita. È bello a questo punto visto il rapporto con il profeta Geremia. Il profeta è colui attraverso il quale Dio parla alla storia dell'uomo attraverso la storia dell'uomo. Come quella donna si è affidata al profeta ed essendosi affidata al profeta ha avuto la possibilità di vivere fino a quando la carestia sarebbe finita, così per entrare nella conoscenza di Gesù, l'amore all'invisibile ci porta a fidarci. Così dice il Signore. Il profeta è la parola di Dio, fidandoci del profeta che ci rivela Dio entriamo nella fecondità di Dio. L'uomo che vive di invisibile non si lascia imprigionare dalle realtà contingenti, ma spalanca l'orizzonte della sua vita su qualcosa che è molto più grande: fidarci di Dio! ... di quell’assoluto che è il senso portante della storia.

Questo nostro fidarci di Dio, ed è il terzo passaggio del testo evangelico, passa attraverso la figura di Naamàn il Siro. Questo personaggio, ammalato di lebbra, che va dal profeta Eliseo e pensa che il profeta Eliseo gli faccia chissà quali riti per poterlo guarire, ma lui, Eliseo semplicemente gli dice và a lavarti nel Giordano, il fiume della vita ordinaria. La bellezza di accostarci alla grandezza di Dio non passa attraverso le cose grandiose dal punto di vista psicologico, o come si dice oggi mediante grandiose manifestazioni culturali, ma attraverso il vivere dell'invisibile nella concretezza di ogni giorno. Il discepolo del Signore si sente chiamato a vivere dell'invisibile gustando giorno per giorno l'affidamento a Dio, attraverso l'amore alle realtà di tutti i giorni.

Se riuscissimo a entrare in questo tipo di cammino, ci accorgeremmo che nelle difficoltà noi saremo sempre vincitori. È molto bello come il brano si concluda con Gesù che passando in mezzo a loro riprende il suo cammino verso Gerusalemme. Dal punto di vista così concreto è un po’ impossibile che un uomo in mezzo a una folla riesca a scappare, ma c'è tutto un mistero dietro la narrazione: chi veramente vive di invisibile, chi veramente si affida nel feriale, nel quotidiano, ai misteri di Dio, chi attraverso le cose di tutti i giorni continuamente rinnova la bellezza dell'assoluto, vive la certezza che attraverso la morte si passa nella vita, nel mistero della risurrezione e in questa dinamica pasquale risulta sempre vincitore. In certo qual modo l'evangelista in questa narrazione ci parla già della morte e risurrezione di Gesù.

Nella nostra esistenza quotidiana è sempre bello ritrovarci attorno al Maestro con questi tre sentimenti che ci permettono di leggere la storia non secondo le nostre attese, ma ci aiuta a interpretare la storia collocandoci in un contesto molto più ampio, in questo mistero di Gesù, al quale affidarci nelle scelte della vita concreta e ordinaria. Allora vivremo il mistero della Pasqua, cammineremo in novità di vita e vivremo in modo dinamico quella meravigliosa carità di cui ha parlato l'apostolo Paolo: una comunione di fratelli che nell'ordinario vive dell'invisibile che è la presenza del Maestro. Questa sia l'eucaristia che stiamo celebrando. Qui e ora stiamo vivendo la bellezza di un fascino che anima le realtà di tutti i giorni, non sono le nostre parole che costruiscono la nostra vita, ma la parola di Dio, che è Gesù morto e risorto, che nell'Eucaristia ci rende creature nuove.

Viviamo questa fiducia, questo coraggio, questa speranza e il sorriso di Dio sarà il coraggio nelle lacrime di tutti i giorni.



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