10 febbraio 2019

V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)


Is 6,1-2.3-8              1Cor 15,1-11                       Lc 5,1-11

OMELIA

Nel nostro cammino per crescere nella conoscenza di Gesù, oggi la Chiesa ci pone dinanzi il dialogo tra il Maestro e Pietro perché possiamo ritrovare nella figura di Pietro lo stile attraverso il quale costruire la nostra esistenza. Infatti è bello nel cammino evangelico diventare alunni di Pietro che, nella sua figura, nei suoi atteggiamenti e nelle sue parole riassume le caratteristiche di ogni discepolo. Se noi dovessimo entrare nella profondità del mistero dell'apostolo ci accorgeremmo che nella sua persona era chiusa tutta l'esperienza della nostra fede, con tutti i suoi interrogativi.

Davanti alla figura di Pietro, un primo elemento ci aiuta a entrare nel cammino della nostra esistenza poiché egli ci insegna quella che è la “logica dello stupore”. Davanti alle evidenze storiche, Pietro ci dice che lo stupore ha la capacità di farci andare al di là di ogni evidenza umana per entrare in qualcosa che è più grande. Il cristiano è il sacramento dello stupore davanti alla grandezza di Dio perché lo stupore è la capacità della libertà, davanti a qualunque discorso logico. La logica avrebbe detto che non era possibile pescare, lo stupore rende possibile l'impossibile. In quell'espressione sulla tua parola lancerò le reti noi intuiamo come la vera logica del Vangelo non è la comprensione delle parole di Gesù, la vera comprensione del Vangelo passa attraverso un fascino personale, che penetra nel più profondo della nostra esistenza e ci permette di intuire quello che la logica umana non riuscirebbe mai a comprendere. La bellezza d'essere apostoli è diventare non uomini della logica umana, ma uomini del canto alla grandezza di Dio nella quale l'uomo ritrova se stesso. Le logiche dei ragionamenti corrodono le cellule cerebrali, lo stupore dell'evidenza rivaluta, risana, mette in esultanza il cuore. Il cuore capisce ciò che l'intelligenza non intravede. Il primo elemento che cogliamo in questa vocazione di Pietro, che è la vocazione di ognuno di noi, è la vocazione allo stupore!

Nello stupore, che nasce da un rapporto di attrazione spirituale nella persona del Maestro, cogliamo la coscienza di essere poveri evangelicamente uomini. Se guardiamo attentamente la parola che Gesù questa mattina ci ha regalato attraverso la vocazione di Isaia, la vocazione di Paolo e la vocazione di Pietro, percepiamo che tutte e tre le vocazioni fioriscono nella coscienza storica dei limiti. L'uomo gusta lo stupore quando ha la gioia dei suoi limiti perché l'uomo quando è nello stupore di Dio ha la gioia di essere povero, di essere limitato. Egli ha il coraggio di lasciarsi invadere da qualcosa di più grande. Se dovessimo approfondire l'affermazione che Pietro fa davanti a Gesù, ci accorgeremmo che la coscienza d'essere peccatori è la grandezza dell'uomo. La convinzione nella fede d'essere delle persone con un limite ci stimola a cogliere la meraviglia dell'amore divino. È una cosa che l'uomo contemporaneo non riesce a percepire fino in fondo, eppure la bellezza dell'uomo è avere la coscienza del limite, vivendo da “perdonato”.

Se noi intuiamo questi primi due passaggi, ci accorgiamo che la coscienza d'essere limitati è la grandezza di un uomo che si lascia avvolgere da qualcosa che è più grande di lui. E una simile convinzione ci fa intuire l'affermazione di Gesù sarai pescatore di uomini. È interessante stabilire il rapporto tra Pietro che fa la grande pesca, per grazia,  e Pietro che è costituito pescatore di uomini perché, nello stupore, si è sentito un perdonato. Pietro è il sacramento di una comunità che gode unicamente di vivere dello stupore d'essere dei perdonati. È bello rileggere, sempre nel Vangelo di Luca, le parole che il Maestro rivolge a Pietro dandogli il primato della Chiesa nella carità; sono parole che Gesù ha rivolto a Pietro nel contesto dell'ultima cena. Così dice il testo quando Gesù nell'ultima cena si rivolge a Pietro: Simone, Simone ecco, Satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano, ma io ho pregato per te perché la tua fede non venga meno e tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli. La bellezza del primato è essere sacramento del perdono inesauribile di Dio. La bellezza di essere Chiesa è condividere l'ebbrezza del perdono. Lo stupore diventa la gioia di essere perdonati e la vita si incarna nella diffusione dello stupore per essere dei perdonati, dove il perdono è l'espressione massima dell'amore affascinante di Dio, che ama l'uomo e gli regala tutta la sua fiducia. Solo chi è nello stupore dell'amore misericordioso e affascinante di Gesù viene perdonato, senza lo stupore non esiste perdono evangelico. Pietro è sacramento nella comunità di questo grande mistero.

Ignazio di Antiochia rivolgendosi alla comunità di Roma dice che la comunità di Roma presiede la Chiesa della carità. La bellezza di essere Chiesa, come la bellezza di essere cristiani si ritraduce nello stupore di essere personalmente rifatti. Non per niente sempre l'evangelista Luca ci dice che “il proprio degli apostoli è annunciare la conversione per il perdono dei peccati”. La grandezza di una comunità s'incarna in questa costante esperienza e allora entriamo in quello che ci ha raccontato il profeta Isaia nell'episodio della sua vocazione. Dio appare a Isaia nella luminosità del tempio, in quel canto che è così meraviglioso e sonoro che tremano gli stipiti del Tempio, perché l'entusiasmo muove anche le mura. In questa narrazione Isaia viene introdotto nella grande liturgia del cielo e di fronte a tale luminosità gloriosa egli afferma Sono un uomo dalle labbra impure. Tuttavia davanti al fascino così esaltante, l'uomo percepisce in profondità il mistero della sua esistenza.

Dio risolve la situazione di povertà del profeta, quando l'angelo con delle pinze prende dal fuoco del Tempio dei carboni ardenti e li pone sulle labbra di Isaia: è il fuoco dell'amore di Dio che rende l'uomo nuovo che riconosce in se stesso il limite. È quello che noi celebriamo nell'Eucarestia.

È molto bello come il testo di Isaia sia uno dei testi chiave per comprendere la divina liturgia bizantina, che in questa luce interpreta l'accostarsi ai doni eucaristici.

Noi questa mattina siamo entrati in chiesa, nello stupore, nella coscienza di essere il luogo delle meraviglie di Dio e abbiamo intuito di essere peccatori, ma davanti a queste meraviglie il Signore prende quel fuoco, che è l'Eucarestia e brucia tutti i nostri poveri elementi negativi: ci rende uomini trasfigurati!

Accostarsi all'Eucarestia non è perché ne siamo degni, accostarci all'Eucarestia è godere di quel fuoco che purifica radicalmente la nostra esistenza. Pietro è colui che nell'Eucaristia ci dice: “Sei rinnovato dal fuoco dell'amore di Cristo nella luminosità delle tre Persone divine. È il primato nella carità, ecco perché il cristiano non ha paura di essere un limitato perché nell'Eucarestia è infuocato d'amore perché siamo bruciati dall'Amore.

Questa è la grande speranza, questo è il grande mistero della Chiesa, questa è la bellezza di essere discepoli, lo stupore dell'evidenza di chi fa capire il limite per dire che, nel limite, Sono la grandezza di Dio.

Essere pescatore di uomini è condividere l'amore di Dio che fa nuove tutte le cose attraverso la gioiosa bellezza della gratuità ineffabile di Dio. Adesso che ci ritroviamo poveri peccatori, uomini nella povertà della loro esistenza, quando ci accosteremo all'Eucaristia, andremo all'immagine di Isaia nel canto del Sanctus, saremo nella gloria del Signore e il Signore in quel pane ci offrirà il carbone ardente che brucia ogni nostra indegnità storica. Se entreremo in questa visione respireremo l'eternità, l'intelligenza diventerà soggetta al cuore, il cuore vivrà di stupore, e l'intelligenza quando canta lo stupore ritrova la bellezza, la profondità e la gioia della vita.




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