17 febbraio 2019

VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

Ger 17,5-8               1Cor 15,12.16-20             Lc 6,17.20-26
OMELIA
Domenica scorsa Gesù attraverso la figura di Pietro ci ha insegnato che il mondo nuovo che Gesù è venuto a portare nella storia è un “mondo perdonato”. Ogni realtà che voglia essere feconda in un cammino della Chiesa deve essere caratterizzata dal mistero del perdono che non è altro che la fiducia di Dio nei confronti dell'uomo. La bellezza del perdonare è reciprocità nella fiducia e davanti a questo orizzonte questa mattina Gesù ci pone dinanzi a un ulteriore passo che è la grande rivoluzione che il Vangelo pone in atto nel cammino della Chiesa. La fecondità del perdono è nello spirito delle beatitudini.

È interessante come papa Francesco nella sua enciclica Gaudete et exultate faccia la grande affermazione: il principio fondamentale del cammino della santificazione ordinaria è tutto nel criterio delle beatitudini. È un salto di qualità e questo è molto importante; noi siamo stati educati che il principio della moralità cristiana sono i dieci comandamenti e, in questo nuovo orientamento che il Papa ci offre, noi scopriamo qualcosa di più grande: le beatitudini che sono il cuore stesso di Gesù devono animare le nostre scelte. Le beatitudini sono il linguaggio storico di chi è affascinato da Gesù e nelle beatitudini ci si trova nel momento in cui scegliamo Gesù. Le beatitudini sono la conseguenza dell'itinerario di un discepolo.

Cerchiamo alla luce della parola di questa mattina di riscoprire l'itinerario che ci porta alle beatitudini soprattutto se leggiamo il brano evangelico nel contesto più ampio del racconto di Luca che ci permette di ritrovarci nelle beatitudini per il fatto stesso che siamo discepoli di Gesù. Infatti quale è la notevole differenza tra i dieci comandamenti e le beatitudini? I dieci comandamenti in certo qual modo sono degli “imperativi” dell'uomo che cerca di salvaguardare la propria vita; le beatitudini sono la “gioia della sequela di Gesù”. Il cristiano è tale non semplicemente perché obbedisce a una legge, ma perché è affascinato dalla presenza del Maestro: la gioia del stare con il Maestro è il criterio di fondo della nostra vita. Un particolare che noi cogliamo nel racconto delle beatitudini secondo Luca rispetto alla beatitudini secondo Matteo è questo: le beatitudini secondo Matteo sono proclamate sul monte, e quindi c'è il passaggio dalla legge mosaica alla legge cristiana; nel caso di Luca le beatitudini sono proclamate in pianura perché dietro c'è tutto l'itinerario espresso da due passaggi. Da dove proviene lo spirito di Gesù che si incarna nelle beatitudini se non dall'intenso rapporto che Gesù ha con il Padre? Gesù di notte, sul monte, entra in dialogo con il Padre. La bellezza della sua esistenza è il rapporto con il Padre, dove il rapporto non è un fatto intellettuale, ma è tutta la persona di Gesù che entra nel mistero del Padre lasciandosi da lui qualificare. I discepoli nascono da questo rapporto di Gesù con il Padre. Rileggendo attentamente il Vangelo di Luca, Gesù nel silenzio orante sul monte chiama i suoi 12 apostoli, perché gli apostoli nati da questo silenzio orante di Gesù abbiano sempre questo criterio di fondo della loro vita: il rapporto orante di Gesù con il Padre, e Gesù dal monte scende e compie miracoli. La bellezza del rapporto con il Padre è la storia; questo incontro luminoso nel buio diventa insieme di miracoli, dove i miracoli sono la comunicazione all'umanità del rapporto Padre-Figlio. Non c'è autentico rapporto con il Padre che non sia un rapporto autentico con gli uomini. Per cui Gesù entra nella storia, entra nel quotidiano, entra nelle dinamiche di tutti i giorni regalando a tutti gli uomini il rapporto con il Padre. C'è un linguaggio di Paolo VI in un suo documento sulla penitenza che ha uno spaccato estremamente moderno: “la verità della penitenza è costruire l'uomo” e Papa Paolo VI afferma: qual è il luogo della penitenza se non amare le pareti della propria casa? Amare i dialoghi che la storia nella sua ferialità ci regala e ci comunica e quando l'uomo, come discepolo, nato da Dio, entra in dialogo con gli uomini nel rapporto con gli uomini costruisce la santità feriale. È una verità che noi dovremmo continuamente focalizzare. Tante volte noi abbiamo questa sensazione che la vita sia una monotonia soffocante. La bellezza della vita in Gesù è scendere dal monte, uso il linguaggio del Vangelo, e incarnarci nella ferialità che ci regala Gesù e quindi la bellezza della nostra esistenza è la concretezza in cui noi incarniamo la grandezza di Gesù. Perché Luca ha un particolare molto bello che gli autori mettono bene in luce rispetto alle beatitudini di Matteo: l'oggetto delle beatitudini di Luca è un dato concreto, è un dato sociologico, perché la bellezza delle beatitudini in certo qual modo è il risultato di questo meraviglioso incontro contemporaneo tra l'uomo e Dio, e l'uomo e la storia. Seguire Gesù che è beato per eccellenza vuol dire non solo alimentare la nostra esistenza nel rapporto con Gesù ma anche vivendo come Gesù il quotidiano. E allora emerge la viva consapevolezza che le beatitudini sono infinite. Rileggendo il Vangelo le beatitudini sono almeno 16, ma questo ci fa dire che il nostro quotidiano, nella concretezza, è luogo di beatitudini. È interessante come nella letteratura contemporanea sia nata una beatitudine molto bella: “beato l'uomo che è disilluso dagli uomini e si trova in uno stato di smarrimento perché entra nella fedeltà infinita di Dio”, " beato l'uomo che si trova nella solitudine storica perché entra nella comunione gloriosa di Dio". Il risultato finale è già presente oggi: amare l'uomo come lo ha amato Gesù è ritrovare sicuramente una somma di sofferenze, ma poiché siamo in Gesù siamo nella beatitudine, perché il cuore immerso nel mistero di Gesù diventa il criterio della novità della vita. Ecco perché papa Francesco ha enucleato un principio che dal punto di vista evangelico è normale: quando ognuno di noi vuole veramente vedere se il suo agire è evangelico rilegga le beatitudini, rilegga il suo rapporto con il Padre nella storicità concreta e si ritroverà beato. La comunione con Gesù è la bella visione che ci ha offerto Geremia benedetto l'uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. A questa visione corrisponde il salmo primo con il quale abbiamo meditato il testo di Geremia, con quella bella conclusione che ci ha offerto l'apostolo Paolo: risorgere con lui. Le beatitudini sono un'anticipazione sacramentale ed esistenziale di quell'incontro glorioso. Gesù non ci dà dei precetti, ci dà il coraggio di vivere come lui, e nel momento in cui noi viviamo come lui con tutto il coraggio di vivere, ci accorgiamo che la storia è essere scolpiti, giorno per giorno, dalla creatività fantasiosa di Dio, il Padre, per essere il volto luminoso di Gesù. Allora se noi entriamo in questa meravigliosa esperienza: beati tutti coloro che hanno in Gesù il senso portante della loro vita, sperimentano già l'eternità beata. E se noi entriamo in questo spirito delle beatitudini ritroviamo la bellezza, la gioia e la speranza, nonostante tutti i drammi della vita. È molto bello che il titolo di questa enciclica sulle beatitudini si chiami “Godete ed esultate”, che sono le beatitudini dei martiri. Sia nella prima lettera di Pietro, sia nelle beatitudini evangeliche c'è la medesima realtà. La bellezza di essere beati non è altro che vivere come Gesù che fiorisce dentro di noi perché diventiamo il suo volto luminoso. Ecco la bellezza dell'Eucaristia! L'Eucaristia è il Signore in noi che ci regala la sua beatitudine, la sua presenza. La sua presenza che ci trasfigura e ci rinnova perché possiamo amare il nostro quotidiano per gustare in Gesù quell'eternità beata che già da oggi avvolge le nostre persone. Entriamo in semplicità in questo mistero, certi che Gesù è meraviglioso! Importante è vivere come lui, nel Padre, con gli uomini per ritrovare in lui il gusto dell'eternità beata.
 
 
 
 
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