03 novembre 2019

XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - (ANNO C)


Sap 11,22-12,2                   2Ts 1,11-2,2            Lc 19,1-10
Omelia
La Chiesa, celebrando la solennità di tutti i Santi, ci ha collocato in un clima di gloria eterna e ci ha indirizzato verso la meta della nostra storia: essere con tutta l'umanità un'unica lode al Dio Altissimo. Quando il cristiano si pone la domanda circa il senso della sua esistenza, immediatamente davanti al suo sguardo appare questo orizzonte di gloria e la Parola che questa mattina Gesù ci offre ci aiuta a intraprendere un cammino, perché possiamo anche noi entrare in quell'oggi di Dio, dove tutto è reso nuovo, secondo la bella espressione dell'Apocalisse “ecco io faccio nuove tutte le cose”.

Il primo passaggio su cui l'evangelista questa mattina ci stimola a soffermarci è il fascino che la persona di Gesù esercita sulla figura di Zaccheo. Zaccheo è l'uomo affascinato da Gesù, prima nel sentire dire quello che egli fa, poi nel desiderio intenso di vederlo, in una attesa che è il criterio della sua esistenza. Gesù ci affascina, la sua persona è il mistero che prende le nostre vite e ci dà lo slancio per andare, in una continua condizione di ricerca. Il fascino porta a cercare, il fascino apre il cuore a qualcosa di inesauribile, il fascino fa dimenticare se stessi, per farci entrare nel “tu” del mistero. E il cristiano può effettivamente entrare nella gioia della Gerusalemme del cielo attraverso questo fascino. Il versetto del salmo” il tuo volto Signore io cerco, non nascondermi il tuo volto”, ci ricorda che la bellezza di un discepolo è vivere abitualmente in stato di ricerca della immedesimazione con questa meravigliosa persona. È quell’atteggiamento esistenziale a cui noi siamo continuamente chiamati: Gesù e solo Gesù, il suo mistero intensamente amato e cercato, senso qualificante del nostro istante.

   E allora, dopo questo primo passaggio fondamentale, che è il principio di ogni esperienza di fede, per cui il cristiano in tutta la sua vita è un infaticabile ricercatore della identità del Maestro, il secondo passaggio è spalancare la propria storia a Dio che viene: “Oggi mi fermo a casa tua!” Questo secondo passaggio esprime una convinzione interiore: il desiderio deve progressivamente far dimenticare l'io, per aprire il cuore all'invadenza di Dio, per rendere Dio ospite della nostra esistenza. Il cristiano può veramente spaziare sulla gloria eterna aprendo il proprio cuore ad una presenza: l'Ospite! Il Signore! E davanti all'Ospite l'uomo si sente interiormente rigenerato. È interessante come l’evangelista ritraduca l'esperienza di Gesù che vuole entrare nella casa di Zaccheo con quell'espressione “Zaccheo, oggi devo fermarmi a casa tua!” Le Scritture si sono realizzate, oggi lo sguardo del cuore del credente è affascinato da questa meravigliosa presenza. Il cristiano, nel cammino della sua vita, deve essere “aperto”: senza ammirazione, senza stupore, senza quella luminosità che invade la nostra vita, il Signore non sarà mai il nostro Ospite. Si dice oggi che una delle carenze nel cammino della fede sia l'assenza di commozione davanti alla persona di Gesù. Noi qualche volta utilizziamo eccessivamente l'intelligenza, dimenticando che davanti a Gesù si genera una situazione di commozione, per cui lui invade pienamente la nostra esistenza. Quando parliamo di evangelizzare, parliamo dell'educare a un fascino che genera stupore, che è docilità, educazione alla libertà, possibilità di entrare in un mondo nuovo, in cui l'uomo respira l'autenticità della sua esistenza.

   È tale e tanta questa grandezza divina, che la reazione dell'uomo è regalarsi agli altri. È molto bello come nella narrazione dell'evangelista noi vediamo Zaccheo che non solo dà la metà dei suoi beni, ma vuole ripagare il quadruplo a quelli che in un modo o in un altro avesse derubato. È tutto un linguaggio concreto per dire la pienezza della riconoscenza, che si regala all'umanità. Quando l'uomo viene avvolto dalla grandezza di Dio per pura grazia e apre il suo cuore a questa invadenza della gratitudine, si regala. Ogni dono che Dio ci offre è da regalare, perché la gratitudine è direttamente proporzionale al gusto della gratuità. L’uomo coglie il senso della gratuità quando dimentica i suoi interessi immediati e si lascia invadere da qualcosa o da qualcuno che diventa il senso della vita. Ecco perché l'uomo di oggi ha difficoltà nel cammino della fede, perché non si lascia prendere da questa Persona, che è il criterio della vita.

    Allora, se questo è l'itinerario che l'evangelista questa mattina ci delinea, ecco che Gesù conclude il Vangelo con: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa!” Oggi in questa casa ci sono i cieli nuovi e la terra nuova! È quella gloria del cielo che dovrebbe continuamente affascinarci. Il paradiso è un fascino di luminosità veramente incontenibile, perché lì vedremo l'oggi del Signore. Oggi il Signore, che ha preso tutta la nostra vita, ce la colloca in quella pienezza di gloria futura, che il senso portante di ogni nostro istante. Oggi voglio entrare in casa tua, oggi la salvezza è in questa casa, oggi siamo l'eternità beata.

   Ecco perché questa mattina ci troviamo nell'Eucaristia, perché oggi il Signore ci regala la pienezza del suo amore. Il Signore ha voluto lasciarci solo un ricordo: la commensalità attorno al suo pane, al suo calice annacquato di vino, perché oggi siamo in questa pienezza! Quando l’uomo ama lasciarsi prendere da questa pienezza di Dio, è un uomo radicalmente rifatto. Fascino, accoglienza dello stupore, condivisione nella gratitudine, novità di vita, il pane eucaristico! E quando l'uomo si accosta con stupore in questa commensalità con il Maestro, regalandogli l'ospitalità nel proprio cuore, è perdonato, rifatto, ricreato, Non deve aggiungere niente. La persona, quando entra in questo grande mistero, non ha bisogno più di niente perché tutto prende dimora nel frammento della creatura umana. E allora credo che, quando noi veniamo introdotti in questa bellezza luminosa della Gerusalemme celeste, dovremmo veramente vedere che nella nostra Eucaristia c'è tutto, non c'è da aggiungere niente, il resto diventa un corollario di una pienezza di vita. Qualche volta questo tipo di visione potrebbe sembrare quasi un sogno, ma un credente che non sogna non esiste. La bellezza è entrare in questo incontro, perché questo è veramente il Vangelo: stupore che ci conduce ad affermare “Sono talmente grazia, che voglio condividere questa luminosità con chiunque!”. Diversamente cadiamo nel sociologico, nel moralismo, in quelle coordinate semplicemente storicistiche, che non fanno respirare questa pienezza di gloria a cui noi continuamente veniamo chiamati.

   Viviamo così quest'Eucaristia stamattina. Gesù ci ha detto: “Oggi vengo in casa tua!”. Accogliamo il Maestro con lo stupore e allora, col nostro desiderio intenso di novità di vita, terminata la celebrazione dei divini misteri, ci dirà: “Oggi la salvezza è in questa casa”. Chi ha il coraggio ogni giorno di dare ospitalità a Gesù, sarà sempre ospite di Gesù nell'eternità beata. Camminiamo con questa grande esperienza e allora, ritrovando l'entusiasmo di questa bellezza di fede, anche noi potremmo con Paolo, nella Seconda lettera ai Tessalonicesi, rendere grazie per la bellezza della vocazione d'essere discepoli, di vivere l’Eucaristia che ha il gusto dell'eterno. Chi vive l'Eucaristia nella novità del cuore, chi vive veramente l'eucarestia, vive nella luce che illumina le tenebre della storia di tutti i giorni.




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