22 dicembre 2019

IV DOMENICA DI AVVENTO - (ANNO A)


Is 7,10-14      Rm 1,1-7        Mt 1,18-24

OMELIA

Continua il nostro cammino verso la manifestazione gloriosa del Signore. Dopo aver incontrato la figura di Maria Immacolata, la donna aperta al mistero, e essere stati ricondotti, attraverso la figura di Giovanni, alla essenzialità della nostra storia, oggi ci viene presentata la figura di Giuseppe, che ha realizzato quella che è la visione ideale di ogni umana creatura: essere uomo giusto. Maria è aperta al mistero; Giovanni evidenzia l'essenzialità della storia; Giuseppe è l'uomo giusto, l'uomo che ha come stile di vita l'autenticità, criterio con il quale Dio, dall'eternità, ha pensato l'uomo. Ed essendo un uomo giusto, è un uomo aperto alla parola di Dio, come ben afferma il salmo: “Lampada ai miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino”.

Che cosa vuol dire essere giusti, uomini innamorati della Parola? Qui entriamo nel mistero di Giuseppe, che è anche il mistero dell'identità dell'uomo. Essere uomini giusti, che amano la Parola, vuol dire almeno due cose. Anzitutto significa avere la parola divina come criterio dell’esistenza, sia nella lettura della storia, sia nell'approfondimento delle Scritture. “Alla tua luce vediamo la luce” dice il salmo. Se però rimanessimo legati solo alla parola nella sua espressione letteraria, potremmo rimanere in una visione molto vaga: c’è una parola, io l'ascolto, la vivo… Essere uomini giusti è fare un passo più in là: attraverso le parole che noi ascoltiamo -sia dalla storia, che dalle Divine Scritture- occorre accedere alla Parola, al mistero della grandezza di Dio. Essere uomini giusti non vuol dire semplicemente fermarsi ad ascoltare un testo ed applicarlo alla nostra storia, ma ascoltare una parola e fare un salto di qualità, come quando noi   ascoltiamo una persona con attenzione di cuore: non ci fermiamo alle sue parole… entriamo nel mistero di quella persona. Un ascoltare solo uditivo non ha senso. Il vero ascolto, anche sul piano umano, è il desiderio di cogliere, attraverso le parole udite, il vibrare del cuore di un'altra persona, per entrare in una sintonia esistenziale, che si costruisce attraverso l'ascolto delle parole.

Giuseppe è un uomo giusto perché va al di là della Parola, che lo accompagna continuamente, entra nel mistero e davanti a quel mistero ha una duplice possibilità: allontanarsi -ed è stata la tentazione di Giuseppe- oppure affidarsi. Giuseppe, il sognatore, si lascia condurre nel mistero divino, infatti entrare in una profonda relazione interiore con Dio, come uomo giusto, vuol dire lasciarsi guidare dalla fantasia di Dio, che è il valore più grande. La vita non è da capire, ma da accogliere, costruendola giorno per giorno. L'uomo è per natura sua un sognatore, perché il cammino della sua storia, con i suoi stimoli, lo conduce a collocarsi in qualcosa di più grande, che non riesce ad afferrare con le sue povertà intellettuali e operative. E’ l'uomo che vive dell'Invisibile! Giuseppe è uomo giusto, perché sceglie l'Invisibile come criterio della sua esistenza. Ecco perché è difficile oggi vivere: non abbiamo come parametro il criterio dell'Invisibile e rimaniamo fermi solo a quello che ascoltiamo, e ascoltiamo materialmente; rimaniamo fermi soltanto a quello che facciamo, vedendone completamente i frutti. Ci dimentichiamo che Dio ci parla, perché entriamo nel suo disegno, che per noi è un sogno, ma per Dio è una grande realtà. L'uomo che sogna in Dio diventa il luogo delle sue meraviglie. Ecco la figura di Giuseppe, che si colloca in questo grande mistero, che va al di là delle attese storiche e diventa obbedienza: “prese con sé Maria”, accoglie quel mistero, che lo ha fatto sognare, come criterio fondamentale della sua esistenza.

Il cristiano non è colui che rimane semplicemente legato al concreto, è un sognatore innamorato del concreto, è un sognatore che si colloca nel mistero di Dio, senso vero della nostra umanità, per incarnare nelle scelte quotidiane questo mistero. In quel “prese con sé la sua sposa” c'è il gesto dell'uomo che, in semplicità, dice: “Signore, fammi capire che la mia vita è una grande avventura e, poiché la vita viene da te a te mi affido, la amo e mi faccio condurre dai tuoi imperscrutabili disegni”. È quel grande mistero che l'apostolo Paolo ha sintetizzato nella seconda lettura, che è la sintesi di tutta la storia della salvezza. Ciò che perciò è importante per noi, mentre siamo in cammino verso la rivelazione piena della nostra umanità in quel Verbo incarnato, è che dobbiamo entrare nel mistero, nel sogno di Dio.

È molto bello assumere un simile atteggiamento, se siamo appassionati delle Divine Scritture. In tal caso noi scopriamo come chiunque sia chiamato ad un ruolo profetico sia un uomo che continuamente sogna, in una obbedienza al mistero di Dio, dove il Signore non ci dice quello che dobbiamo fare, ma ci introduce in una atmosfera che qualifica talmente le nostre persone, da porci nella condizione di operare scelte evangeliche. Noi non riusciamo a gustare il Natale, fatto di cose esteriori, di auguri verbali, di tempi molto estrinseci e desideriamo entrare in un mistero, che è vivere in qualcosa che è più grande di noi. Poiché il mistero di Dio aleggia su ciascuno di noi, esso è il criterio della nostra storia.

L'uomo giusto che vive di Dio, si affida a Dio e costruisce l'istante in obbedienza a Dio.

Entrando in questo orizzonte, c'è la docilità ad accogliere il Dio che viene, non come ce lo aspettiamo noi, ma come lui effettivamente ci si vuol rivelare, ecco la vera gioia del Natale: nel sogno, obbedienti, gustiamo la fantasia imperscrutabile di Dio, che che entra nella nostra esistenza e ci insegna ad essere uomini creati da lui: siamo il suo sogno.

Viviamo tale mistero nel gusto del nostro feriale. Il clima che stiamo vivendo è il clima dell'uomo giusto. Questa mattina ci siamo qui riuniti perché, attraverso le parole di Dio, vogliamo accedere al mistero di Dio, al mistero di un amore inesauribile e umanamente incomprensibile, per affidarci a questo meraviglioso sogno dell'amore divino che è la consolazione in ogni oscurità dell'istante. Siamo in lui e veniamo assunti nel corpo e nel sangue del Signore, che ci è regalato personalmente, perché nel suo mistero, in modo autenticamente libero, costruiamo, nello stile del Vangelo, la nostra esistenza. Impariamo da Giuseppe: non ha parlato, ma ha vissuto, non ha detto, ma ha goduto una presenza. Questa sia la bellezza della nostra vita, mentre stiamo accostandoci al divino mistero dell'incarnazione del Verbo, il divino mistero sempre attuale nei divini misteri dell'Eucaristia, in modo da sentirci profondamente ricreati.

In quel corpo e sangue del Signore c'è la storia di Dio per ciascuno di noi.

Entriamo in questo mistero in tanta semplicità, perché noi qualche volta rendiamo complesso ciò che è semplice. Viviamo il sogno di Dio, che è l'inizio del paradiso, è l'inizio di quella eternità beata nella quale ognuno di noi dirà e percepirà veramente se stesso. Questo sia il mistero che vogliamo vivere e condividere, mentre siamo in attesa di quel Dio meraviglioso, che non capiremo mai in questa storia, ma che godremo per sempre nell’eternità beata.




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