01 dicembre 2019

I DOMENICA DI AVVENTO (ANNO A)


Is 2,1-5                      Rm 13,11-14              Mt 24,37-44

OMELIA

La solennità di Cristo Re ci ha introdotti nella pienezza della nostra esistenza. L'esperienza di Cristo, centro del cosmo e della storia, ci ha fatto intuire come il senso portante della nostra esistenza sia lui. Davanti a questo grande mistero, l'uomo cammina nel tempo e nello spazio, in un divenire, verso la più autentica configurazione al Maestro divino. La presenza costante del Maestro, che ci attira intensamente a sé, dilata il desiderio da una parte e la nostalgia dall'altra, perché possiamo veramente prepararci a quell'incontro glorioso, nel quale la nostra vita sarà compiutamente realizzata. Ecco perché il cristiano vede il tempo dell'avvento come il tempo del desiderio e della nostalgia.

Innanzitutto, è il tempo del desiderio. Quando l'uomo fa una grande esperienza nella sua vita, questa esperienza diventa l'anima delle sue scelte. Il desiderio nasce da una Presenza che attira continuamente il cuore dell’uomo, perché egli possa essere se stesso. Chi gusta una pienezza, desidera il compimento di questa pienezza. Il tempo dell'avvento perciò ci permette di cogliere come il cammino della nostra vita sia sostanzialmente uno sviluppo di tale desiderio, perché si avverte l'assenza di una esperienza che qualifichi intrinsecamente la creatura. Infatti, che cos'è il tempo, se non il sacramento di qualcosa che è più grande di noi: è sacramento di una Presenza che genera continuamente l'attesa. Il Signore viene continuamente e viene continuamente per farsi desiderare nel più profondo del nostro essere, anzi, quanto più ne gustiamo la presenza, tanto più cresce in noi il desiderio di entrare in questa intimità, che è la caratteristica della nostra esistenza. Ecco perché l'avvento è il tempo del desiderio. Innamorati di Gesù, avvertiamo in modo profondo che non siamo ancora trasfigurati in lui e perciò cresce giorno per giorno questa intensa volontà di essere pienamente e definitivamente configurati a lui. L'uomo è il suo desiderare. Il Signore che è in lui infatti diventa una forza che lo interpella, in modo continuo ed inesauribile, perché possa crescere in questa attrazione nel suo mistero.

Di riflesso, questa tensione genera nel cuore credente una grande nostalgia. Chi nel cammino del tempo e dello spazio fa un'intensa esperienza, che realizza la sua persona, quando questa esperienza in un modo in un altro finisce, nasce la nostalgia. È quella che noi chiamiamo “la nostalgia di Dio nel cuore dell'uomo”. Creati ad immagine di Dio, per poterne diventare veramente somiglianza, in una trasfigurazione che ci dovrebbe profondamente qualificare, ecco che appare nella nostra struttura spirituale la forza della nostalgia. Dio è un gioioso tormento, perché siamo in atteggiamento di autentica attesa, nel desiderio di una pienezza. È quella che l'esperienza bizantina chiama “la gioiosa tristezza”: gioiosa perché c'è il Signore, tristezza perché non siamo ancora giunti alla pienezza alla quale il Signore ci chiama. Il Maestro ci chiama continuamente e l'avvento ci aiuta a cogliere questi due momenti fondamentali della nostra storia: il desiderio e la nostalgia, la nostalgia e il desiderio.

Nel tempo dell'avvento ritroviamo la bellezza e il gusto della vita, che è un camminare, è un andare avanti, è un non lasciarci allontanare da questi due elementi fondamentali, attorno ai quali costruire giorno per giorno la nostra storia. Ecco perché il Vangelo che abbiamo poc'anzi ascoltato non genera in noi nessuna paura: quando l'uomo costruisce la sua storia attorno a questi due parametri, il desiderio e la nostalgia, quando il Signore apparirà, comunque egli appaia, allora il desiderio si compirà e la nostalgia cederà il passo alla gustazione. È qualcosa che l'uomo di oggi non riesce più a comprendere fino in fondo, perché si perde nelle luminarie storicistiche e non percepisce che, nel profondo del suo cuore, il Cristo in lui continuamente lo conduce ad un cammino sempre più profondo, verso la pienezza della gloria. Quando il Signore verrà, tutta la nostra persona sarà così orientata a lui, che gusteremo il compimento glorioso della nostra identità umana: saremo veramente somiglianza divina.

Per entrare in questo meraviglioso orizzonte, Paolo ci fornisce la terapia: “Rivestitevi di Cristo Gesù”. E quando ci chiediamo cosa voglia dire per l'apostolo quel “Rivestitevi”, scopriamo questa meravigliosa verità: siate continuamente sotto l'influsso di Gesù Cristo! Ogni respiro dell'uomo è lasciarsi amare da Gesù! Il vestito, nella cultura ebraica, era l'espressione di una mentalità, essere “Rivestiti di Cristo” vuole dire essere continuamente nell'atteggiamento di chi è sotto la signoria del Maestro, per cui il Maestro alimenta il desiderio, stimola la nostalgia, crea in noi una inquietudine positiva, perché possiamo veramente diventare il suo volto e quindi entrare in quella luminosità, che è l'Invisibile che qualifica giorno per giorno la nostra esistenza. Senza il Signore non possiamo vivere: questa è la verità dell'avvento, questo è il senso dell'inquietudine, questa è la motivazione del nostro camminare. È il Cristo in noi, che vuol trasformarci nella comunione gloriosa del cielo, come il profeta Isaia ci ha fatto intuire nella prima lettura e il salmo responsoriale ha espresso in modo meraviglioso “Andiamo con gioia incontro al Signore - Quale gioia, quando mi dissero: «Andremo alla casa del Signore!». Già sono fermi i nostri piedi alle tue porte, Gerusalemme!”

L'avvento è l'eternità pregustata nel desiderio e nella nostalgia. Noi stiamo veramente celebrando questa verità perché l'Eucaristia è l'anima della nostra anima: è il Cristo in noi e con noi che continuamente ci dice: “In me realizzerai te stesso, imitando la mia esistenza. Il tuo desiderio sarà sempre più puro e la nostalgia sarà qualificata dalla mia persona”. Celebrare l'eucarestia è un desiderio continuo di pienezza di gloria. Ecco perché il cristiano non vede l'avvento come un'atmosfera di disturbo continuo dato dai colori o dalle luci: il discepolo del Signore è un uomo interiore, perché il desiderio parte dal cuore e la nostalgia emerge da tutta la sua persona. È la vitalità trinitaria che anima tutto il suo essere Un cristiano senza desiderio e senza nostalgia della Gerusalemme celeste non ha mai conosciuto Gesù.

Entriamo perciò in questo cammino con tanta semplicità e serenità, vedendo il tempo dell'avvento come il tempo di una Presenza reale che si fa desiderare, con quel senso di nostalgia: “Signore, quando potrò stare con te e assidermi per sempre con tutti i fratelli al banchetto del regno dei cieli?”

Questa sia la potenza del nostro avvento che non fa nient'altro che dilatare quello che siamo. L'avvento è la capacità di passare ogni giorno dall'essere immagine a diventare somiglianza, dall’essere nel tempo e giungere all'eternità, dall’ essere nel grigiore della storia per entrare in quella luminosità gloriosa in cui saremo pienamente realizzati. Viviamo così quest'Eucaristia, in modo che l’avvento sia proprio l'educazione quotidiana a quella speranza che invade la nostra persona e ci dice continuamente: “Proiettati in avanti, cammina, non smettere di desiderare, e la tua nostalgia in Cristo Gesù sarà veramente appagata”.




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