14 settembre 2020

XXIV DOMENICA T.O. - (ANNO A)

 Sir 27, 33 – 28, 9   Rm 14,7-9    Mt 18,21-35         

OMELIA

Cristo è presente in mezzo a noi ogni volta che ci scambiamo il perdono. Egli è il Signore di ogni comunità in cui il perdono vive continuamente. Ora, davanti a questa verità, noi scopriamo innanzitutto che l'esistenza di ogni uomo è un'esistenza perdonata, anzi la vita si costruisce ogni giorno nel perdono, poiché la bellezza dell'esistenza è sentirci creature sempre rigenerate, in quanto il perdono è dare respiro alla vita.

 Costruire un'esistenza perdonata è costruire un'esistenza dove la bellezza della vita riappare continuamente, ma questo deve essere collocato nel mistero di Dio. Come non si percepisce il peccato se non attraverso un'intensa esperienza di immedesimazione in Dio, così non si può percepire l'esperienza del perdono, se non cogliendo Dio che perdona. Ecco perché il cristiano, quando è davanti a questa vocazione ad essere un perdonato, deve sempre andare alla storia di Dio. La grandezza del perdono è vivere oggi la storia di Dio. Allora intuiamo una verità fondamentale nel cammino del perdono, perché il perdono è essenzialmente la fiducia di Dio nei confronti dell'uomo. Noi qualche volta abbiamo un’immagine molto pericolosa circa la comprensione del perdono: lo consideriamo come un semplice cancellare i peccati. Il perdono invece scaturisce da una relazione interpersonale tra la SS. Trinità e l'uomo in cammino nel tempo. La bellezza del perdono è la gratuità di Dio che continua ad avere fiducia nell'uomo e gli dice: “Ricomincia a vivere!”.

 Perdonare dal punto di vista di Dio è Dio che ricostruisce l'uomo regalandogli la bellezza e la profondità della vita. Il perdono è gustare la libertà di Dio. È una verità questa fondamentale, quando noi vogliamo cogliere fino in fondo il valore della nostra esistenza. L’uomo è grande perché è perdonato, rifatto, rigenerato, ricostruito nella sua identità. Dio ci perdona dicendoci: "Ho fiducia in te.". Fuori da questo orizzonte non esiste perdono e chi è perdonato ritrova il coraggio e la forza di riprendere a gustare la vita. È l'aspetto positivo della realtà del perdono, che non è un dimenticare il passato e la sua storia, perché il dimenticare è un fatto psicologico e la dimenticanza non appartiene all'uomo. È sempre presente nell'uomo il suo limite esistenziale, ma, pur nella presenza del limite, la bellezza della vita è dire all'altro: " Riprendi la tua storia, rimettiti in cammino".

 Il perdono consente a Dio di manifestare la sua paternità e permette all'uomo di sentirsi figlio di Dio. Il perdono autentico non genera mai situazioni depressive, il vero perdono incarna il desiderio di ricostruire l'uomo, perché questi ritrovi il coraggio, la bellezza, la speranza nell’affrontare vita. Ora, se noi riusciamo a percepire la bellezza di questa visione, impariamo che il desiderio di voler costruire una storia continuamente perdonata s'incarna nel ritrovare la gioia di vivere. Se il perdono non generasse nella persona perdonata la bellezza e il gusto della vita, non sarebbe perdono evangelico. Ecco perché il cristiano è una persona che gioisce nel lasciarsi perdonare. Lo intuiamo nel discorso della parabola, davanti all'obiezione di Pietro: "Quante volte devo perdonare?". Noi tante volte rimaniamo legati a quel “settanta volte sette”, ma Gesù nella parabola ha detto chiaramente che il criterio della quantità non esiste nella mentalità evangelica.

 L'uomo, che fin dall'inizio della sua giornata si riconosce un perdonato, si sente talmente ricolmo di questa gratuità di Dio che lo rifà esistenzialmente, da vedere il perdono al fratello come canto di gratitudine a chi l'ha perdonato. Chi vive in Dio, chi ha nella presenza del Signore il criterio portante della sua storia, mentre si riconosce limite come povero peccatore, si ritrova immensamente amato e, nell'uomo che si sente immensamente amato, scatta quella gratitudine nella quale perdonare al fratello è dire “Grazie” a Dio. È questione di ottica nella fede. Per noi diventa difficile perdonare, perché abbiamo una relazione limitata - noi e l'altro - e quindi c'è tutta la pulsione dell'uomo vecchio che si fa sentire. Se però lo sguardo del cuore è orientato verso l'Altro e la persona perdonata si sente talmente amata da Dio da sentirsi rifatta, allora questa libertà del cuore diventa libertà regalata: il perdono! È difficile perdonare per chi non è innamorato di Gesù. Se entrassimo veramente nella profondità dell'agire di Dio nei nostri confronti, tutto quello che noi potremmo fare sarebbe ben piccola cosa. L’Assoluto, innamorato dell'uomo, lo rifà continuamente. Ogni mattina noi iniziamo la giornata con la fiducia di Dio: "Sei il mio capolavoro!". E quando l’uomo entra in questa meravigliosa fiducia, la vita è un regalo da regalare.

 Ecco perché l'uomo di oggi ha tanta difficoltà nel perdonare: gli manca la coscienza d'essere un perdonato per pura grazia. Quando l'uomo può dire di amare veramente? Quando ha il cuore che perdona soltanto, come viva riconoscenza per il dono d'essere rigenerato per pura grazia. La verità dell'amore è la fiducia nell'altro, che consiste nel comunicargli la libertà del nostro cuore. Questa libertà non si compera, ma ci è regalata. La consapevolezza del valore di un regalo fa nascere il canto della gratitudine. In questo modo il cristiano può veramente vivere l'esperienza di comunione che gli dà la presenza del Signore, perché egli è un canto all'essere perdonato.

Come è diversa la mentalità comune, dove il perdonare o è un atto di volontà estrema e quindi è carico di tensione, oppure consiste nel dimenticare. La bellezza del perdonare è condividere la gioia di essere liberati da ogni tensione, da ogni forma di riverenza, da ogni forma di ritorsione implicita, perché la Santissima Trinità ci perdona continuamente, ricreandoci nel gusto della vita. Quando noi avremo veramente perdonato il fratello? Quando egli dirà: "E’ bello vivere!", perché in quel momento il fratello è stato ricostruito. Se potessimo usare un linguaggio caro al Nuovo Testamento, il perdono è il miracolo quotidiano di Gesù e, davanti al miracolo quotidiano di Gesù che rifà la nostra esistenza, come i miracolati del Vangelo, dovremmo dire: "Gesù è così meraviglioso, così ricco di novità di vita in ogni frammento della mia storia feriale, che io non posso non dire nei fatti, ad ogni uomo: “Abbi la libertà di Gesù!".

 È quello che noi celebriamo nell'eucaristia. L'eucaristia è il massimo atto di fiducia di Dio per un uomo povero. L’uomo povero nell'eucaristia viene miracolato e riscopre l'azione trinitaria che lo rigenera radicalmente. Noi tante volte dimentichiamo questo amore. Il Signore ci chiama all'eucaristia non perché siamo buoni, ma per renderci il suo miracolo d'amore. Quando noi entriamo in questa meravigliosa esperienza, ogni gesto feriale del perdono è dire “Grazie!” a chi ci costruisce perdonando. È un'esperienza molto alta sicuramente, ma il Signore è il Signore e, poiché lui è il Signore della vita e in lui ritroviamo veramente noi stessi, dimentichiamo le nostre paure, lasciamolo agire e saremo uomini liberi.

 Noi ci ritroviamo qui nell'eucaristia, questa mattina, per essere uomini liberi, nella semplicità e nell’essenzialità del rapporto con Gesù vivo, presente come colui che ci ha chiamati per dirci: “Canta la vita!”. Allora viviamo questa esperienza con tanta fiducia, perché Gesù non condanna mai nessuno. Gesù rigenera continuamente: dove c'è lui c'è la vita; dove c'è lui c'è il perdono; dove c'è lui cantiamo la libertà. Entriamo in questa esperienza con semplicità di cuore, così, andando a casa, potremo dire: “È bello vederti, Signore! È bello lasciarci amare da te, o Signore risorto! Sono andato in chiesa povero e ora torno a casa tranquillo, rifatto e rinnovato, perché tu sei quel Gesù, di cui sono innamorato e hai creato un capolavoro, nella libertà della mia esistenza!”.


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