04 luglio 2021

XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B -

Ez 2, 2-5      2Cor 12, 7-10            Mc 6, 1-6

OMELIA

Gesù domenica scorsa ci dava tanta speranza. Attraverso il miracolo di quella donna malata e la risurrezione della figlia di Giàiro ci ha detto che nella sua persona nasceva un mondo nuovo. Guardare a Cristo, lasciarsi invadere dalla sua persona, vuol dire far emergere una realtà completamente nuova.

Ma il dramma che Gesù oggi incontra è l'incredulità dei suoi concittadini.

L'evangelista Marco ci vuole educare questa mattina a come entrare in una vera esperienza di fede in modo che la nostra esistenza possa essere un'esistenza veramente rigenerata.

Infatti la sottolineatura dell'evangelista che Gesù si stupiva della loro incredulità ci fa molto pensare. È allora interessante ritrovare il percorso attraverso il quale giungere all'esperienza della fede, e il punto di partenza è lo stupore.

La domanda che può nascere dentro di noi è: come mai nello stupore non hanno posto l'atto di fede?  Di fatto noi l'atto di fede lo costruiamo come la conseguenza di un ragionamento…Gesù non è entrato nella nostra storia per farci pensare, Gesù è entrato nella nostra storia per farci stupire perché la bellezza dell'esperienza della fede nasce dallo stupore.

Cosa vuol dire essere pieni di stupore? Se noi guardiamo la genesi di questa esperienza che Gesù utilizza per entrare nelle persone, noi ci accorgiamo che lo stupore è un passaggio dall'uomo che vede il reale all'uomo che va al di là del reale. Lo stupore è qualcosa di grande che prende l'uomo, lo avvolge in una particolare potenza e lo orienta in un'altra direzione. Ecco perché i concittadini di Gesù nello stupore non sono giunti alla fine, perché stupiti per le opere meravigliose che il Maestro compiva, si sono ricordati della sua storia concreta, non hanno fatto il salto che li conduceva ad un altro mondo. Lo stupore è il fascino del “Tu” che fa dimenticare l'“io”. E lo stupore, in un certo qual modo, è la realizzazione dell'uomo, perché l'uomo è chiamato per natura sua a essere un'attrazione continua al “Tu”. È la bellezza del principio stesso della nostra umanità, il principio stesso della liberazione dove l'uomo, nel bello, dimentica l'io e si fa affascinare dalla grandezza di Dio.

Ecco allora il primo elemento che Gesù questa mattina ci vuole regalare per poter entrare in questo stupore che è il principio della fede. Infatti, oggi, quando si cerca di approfondire - il perché l'uomo di oggi non creda più - si dice effettivamente una duplice cosa: l'uomo di oggi non si lascia affascinare dalla bellezza e non vive in rendimento di grazia.  Sono i due atteggiamenti fondamentali del cammino della fede per cui, senza stupore, erano diventati critici. Ora l'uomo nello stupore entra nella personalità di Gesù e nel momento in cui entra nella personalità di Gesù ne intravede il mistero. Se infatti noi purifichiamo il cuore, non ci lasciamo irrigidire nelle nostre sicurezze storiche, ci accorgiamo che entriamo in rapporto con una bellezza, l'umanità perfetta di Gesù. 

Uno degli aspetti che oggi si mettono in luce nel cammino della fede è la grandezza della umanità di Gesù. Come Gesù ha conquistato quelle folle? Non attraverso tanti discorsi, ma attraverso di suo vissuto che regalava la sua armonia agli uomini. I miracoli che Egli compiva erano un passaggio dalla bellezza della sua persona alla grandezza dell'uomo che veniva rigenerato! Ecco perché Gesù non è stato accolto, perché questo stupore non è stato fecondo.  Sono le “emozioni del momento” che non generano un movimento spirituale che porta a gustare il bello: la bellezza di Gesù!

Una delle verità che sempre più oggi si colgono nel cammino della fede, non è il ragionamento. Gesù non è mai stato un professore di università. Ciò che ha affascinato era la bellezza della sua persona. Quando noi entriamo nella bellezza immediatamente lo sguardo va al di là del visibile, la bellezza è un fascino spirituale che invade la nostra vita. L'incredulità è il blocco che noi poniamo davanti a questo itinerario che il Signore ci chiede di passare dalla percezione della bellezza di Gesù alla bellezza che è al di là di ogni realtà storica, e cantare il bello.

Credo che Gesù questa mattina ci voglia veramente educare all'atto di fede, e quando l'uomo, nel suo itinerario di bellezza si sente raggiunto dalla grandezza divina, la sua vita è tutta un rendimento di grazia. È nient'altro che dire a Dio la bellezza della propria gratitudine. E allora scopriamo una meravigliosa verità: l'uomo che affascinato da Gesù, sa entrare nella profondità del suo mistero, canta la gratitudine: "come sei grande Signore"! E l'uomo che canta la gratitudine diventa fecondo. È l'atto di fede!

È bello questa mattina diventare alunni di quel che l'evangelista Marco ci ha detto, se vogliamo essere uomini nuovi, se vogliamo gustare la novità che Gesù ha portato nel mondo, lasciamoci trasportare dalla sua persona, dal mistero della sua vita, perché incontrando in Lui la bellezza, possiamo andare al di là di essa cogliendo quel gusto interiore, una grandezza al di là della nostra misura e davanti a questo dono, cantare il rendimento di grazie. Questa è la grande libertà alla quale noi veniamo continuamente chiamati.

Credere non è lo sforzo dell'intelligenza, ma l'apertura del cuore che si lascia affascinare dalla bellezza di Gesù, è quella musicalità della vita che diventa un canto di una bellezza della gratuità al di là di ogni misura. Ecco allora che Gesù, quando noi riusciamo a fare questo percorso, diventa il grande miracolo della nostra esistenza. È l'Eucarestia che stiamo celebrando, l'Eucarestia è un canto di rendimento di grazie davanti al fascino di Gesù. Per cui l'Eucaristia, a livello interiore, è il canto della bellezza, di una comunità rapita dalla grandezza di Dio per poter veramente gustare la soavità della sua persona.

Il cristiano può dire veramente “sono un credente” quando con il salmista dice "quanto sei soave, o Signore" e la soavità è il gusto della vita. Entriamo in questa bellezza che il Signore ci vuole regalare e allora, stiamo attenti a non essere schiavizzati dalle cose contingenti, ma ad entrare in un cammino che ci porta al di là di una bellezza. L'uomo che sa cantare col cuore, in una pace interiore, ha il gusto di camminare nella storia con tanta serenità. Questa Eucaristia sia veramente la gioia di stare con il Maestro per essere rigenerati dalla sua presenza, dalla sua bellezza, dalla sua grandezza che affascinandoci dà fecondità alla nostra vita donandoci la speranza di camminare, in ogni momento, con la serenità del cuore in attesa della pienezza della vita quando Gesù, che ci affascina, sarà tutto in ciascuno di noi.


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