25 luglio 2021

XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B -

2Re 4,42-44 Ef 4,1-6             Gv 6,1-15

OMELIA

Gesù, dopo averci introdotto domenica scorsa nel suo riposo e averci fatto recuperare una autentica purezza di cuore, oggi attraverso il cammino dell'evangelista Giovanni siamo richiamati ad entrare nella esperienza della fede. La Chiesa ci pone in un’autentica esperienza di riposo, ci immerge nelle condizioni di un'attrazione interiore, ci distoglie dallo smog della cultura contemporanea e ci vuole educare al cammino della fede facendoci intravedere la bellezza della fede che è un miracolo meraviglioso nel dialogo tra la gratuità di Dio che entra nella nostra storia e la radicale povertà dell'uomo. La bellezza della fede è un dialogo dove il grande protagonista è Gesù, e l'uomo si lascia attirare in questo mistero, riscoprendo la bellezza coraggiosa della propria povertà. Infatti abbiamo notato come in tutta la descrizione del Vangelo di questa mattina Gesù è il protagonista. La fede è un atto di Dio che lentamente conquista il cuore dell'uomo, dove l'uomo, davanti al mistero della persona di Gesù, lentamente si lascia guidare dalla creatività dello Spirito santo. La bellezza della fede è il cammino progressivo di Gesù che entra nella nostra storia. Quelle persone stanno seguendo il Maestro nelle vie della Palestina, desiderano sperare, vogliono ritrovare il senso della loro vita e dimenticano sostanzialmente se stesse. Il credente è un povero assetato di verità e, in questo cammino, l'uomo pone davanti a Gesù il proprio limite. Nel linguaggio degli apostoli (Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?) riconosciamo la povertà dell'uomo che riconosce nella propria persona il dramma della carenza di qualcosa di grande e, nello stesso tempo, l'uomo porta davanti a Gesù cinque pani e due pesci. Di fronte a questi limiti, l'interrogativo: "Cos'è questo per tanta gente?".

Quando noi entriamo seriamente nel cammino della fede dobbiamo gustare la nostra radicale povertà, e la possibilità di percepire la nostra radicale povertà è un fatto positivo! Uno dei drammi dell'uomo per cui non riesce ad entrare nella bellezza della fede è perché non si lascia lentamente attirare da una grandezza che lo affascina. Il camminare di quella massa esprime il gesto di un povero che segue, il portare quei pochi doni è l'uomo che regala a Dio i propri limiti. Usando una bella immagine di Papa Benedetto “noi regaliamo a Dio le nostre mani vuote”. La bellezza sta nell'essere invasi da un protagonista: Gesù! Ecco perché il miracolo a cui noi abbiamo assistito nel testo evangelico è un segno che rivela il “come” noi possiamo entrare nell' esperienza della fede. In un simile dialogo di poveri, l'intervento di Gesù illumina tutto. È molto bello quell’ inciso dell'evangelista, "Gesù sapeva quello che doveva fare". La bellezza della fede è il principio che troviamo nel prologo: egli è la luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo. La fede nasce da questa attenzione che Gesù pone nel cuore dell'uomo per qualcosa di grande. Davanti all'invadenza di Gesù l'uomo non deve dire: cosa devo fare…altrimenti diventa lui il protagonista. Davanti alla bellezza di Gesù l’uomo si lascia condurre. Si lascia prendere dall’iniziativa gratuita di Dio. Il Cristo è il protagonista! E allora ci accorgiamo di alcuni particolari nella narrazione del miracolo che poi ci accompagneranno in tutto il discorso del capitolo sesto di Giovanni: Gesù guarda quella gente. E’ un Gesù che guarda col cuore innamorato l'uomo, sente quella povertà, ed egli diventa la ricchezza per la creatura umana, anche attraverso due particolari - che sono solo del Vangelo di Giovanni - dove l'evangelista vuole mettere in luce come il cammino nella fede è una sua caratteristica sacramentale. Ecco perché l'uomo di oggi, dicevamo qualche domenica fa, entra nel cammino della fede attraverso due semplici sentimenti: l'ammirazione e il camminare e il rendere grazie. "Sei tutta Grazia!" Ed è l'espressione dell'uomo che vede nella persona di Gesù come il vero signore della propria storia. I due particolari giovannei, che sicuramente sono paradossali, però ritraducono che l'esperienza della fede è un canto di gratitudine alla gratuità di Dio. Gesù è lui che personalmente distribuisce il pane a quelle persone. Noi tante volte siamo catturati dal linguaggio dei sinottici: Gesù che spezza il pane, lo dà ai discepoli perché i discepoli li distribuiscano alla folla. No! Gesù è il protagonista, è lui personalmente che sfama la ricerca del vero. Gli uomini manipolano, gli uomini dimenticano facilmente il mistero, gli uomini seguono le statue e le devozioni ma dimenticano il Maestro. Ecco perché è Gesù personalmente che si dà da mangiare. Quando l'uomo si pone davanti a Gesù con le mani vuote e aperte vengono riempite personalmente da Gesù, è questa presenza meravigliosa in cui accade la sua gratuità. E il secondo aspetto - non spezza il pane - perché Gesù si dà in pienezza. Quando noi entriamo nella bellezza della fede Gesù ci si dà tutto intero! Noi qualche volta parcellizziamo con le riflessioni il mistero di Gesù. E’ tutto Gesù che ci viene fortemente regalato! Tutto! Lui tutto si regala all'uomo perché l'uomo possa saziare la sua sete di verità, il desiderio di autenticità. Solo accogliendo il Tutto viene dissetata quella sete di infinito all'interno del cuore dell'uomo.

Qual è la bellezza della Chiesa se non generare in ogni uomo la sete del Tutto? Dove l'uomo in questo Tutto riscopre il senso del suo istante e quando l'uomo entra in questa meravigliosa esperienza il Tutto di Gesù è ritradotto nel linguaggio che abbiamo ascoltato dei discepoli che raccolgono i pezzi avanzati riempirono 12 canestri con i pezzi dei cinque pani d'orzo avanzati: 12 la pienezza! La fede è il meraviglioso incontro tra una pienezza di Dio che avvolge l'uomo e un uomo che non ha paura di regalare a Gesù la propria povertà. E allora intuiamo che il cammino della fede presuppone questo itinerario. Quando noi incominciamo il vero cammino credente attraverso la profondità di questi segni e atteggiamenti di Gesù, potremo poi nelle domeniche prossime seguire il cammino della fede per esserne profondamente. Tanto è vero che oggi esistono dei credenti che non praticano mai, ma sono uomini assetati di verità e sono quelli per i quali Gesù canta tante beatitudini. Ecco perché è bello entrare in questo inizio di itinerario che Giovanni ci vuole regalare davanti alla domanda di fondo: cosa vuol dire credere?

Credere è gustare la gioia personale di essere poveri per gustare il darsi di una pienezza che, lentamente, entra nella nostra vita. E tutto questo lo stiamo vivendo in quelle folle che seguono Gesù, che siamo noi, che veniamo a questo rito con la coscienza di essere poveri, in una sete di verità che alimenta il nostro cuore e ci dà la gioia di cercare: Il tuo volto Signore io cerco non nascondermi il tuo volto! Gesù ci chiede soltanto il cuore puro e le mani aperte in forte atteggiamento di supplica. Allora egli illuminerà la nostra esistenza e diventerà veramente il grande protagonista di questa Eucaristia. Egli entra nella nostra assemblea che lo desidera intensamente, ci parla nella semplicità di un uomo innamorato dell'uomo, diventa il pane e vino, ci regala la sua persona nel segno del pane e del vino per cui l'uomo, e lo vedremo nelle domeniche successive, riesce a credere quando canta la gratuità di Dio. L'uomo che non canta la gratuità di Dio difficilmente può dire: credo! E allora questa mattina entriamo in questa esperienza. Alla luce della conclusione del brano evangelico odierno Gesù scompare quando noi vogliamo adorare i nostri idoli delle tradizioni, dei riti, delle statue, di tutto il resto… sono tutti idoli.

Gesù scompare, va sul monte - solo - in quella solitudine di Dio che è la bellezza della sua persona.

Solo entrando in tale solitudine impareremo a credere. Viviamo così questa eucarestia e quando noi ci accosteremo a quel pane, in quel momento, sarà la pienezza di Dio che invaderà le nostra persona con una abbondanza incomparabile. Gesù in persona ci regalerà tutto se stesso e noi con la pazienza del cuore, senza correre, ne gusteremo la grandezza per essere creature nuove che uscendo di chiesa incominciano un cammino: devo veramente conoscere Gesù! Lui si è regalato in pienezza perché noi tutti ci lasciamo attirare a lui e in lui: è la bellezza della rivelazione. In tal modo sappiamo rendere fecondo il dialogo tra la creatività di Dio e la potenza di Dio creatrice operante nell'uomo che, investendo tutta la propria libertà nella purezza del cuore, gli regala la povertà della propria persona e di tutta l'assemblea celebrante.


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