21 novembre 2021

NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO RE DELL'UNIVERSO – ANNO B – SOLENNITÀ

Dn 7,13-14   Ap 1,5-8        Gv 18,33b-37

OMELIA

La Chiesa, attraverso la celebrazione odierna della solennità di Gesù Re dell'universo, vuol portarci a contemplare la pienezza, il compimento della realtà della storia, per entrare nella luminosità della meta della nostra esistenza. L’uomo, nel travaglio quotidiano, si pone tanti interrogativi davanti al senso della vita, ma soprattutto davanti alla grande meta della sua esistenza. Uno degli interrogativi più profondi all'interno della creatura umana è quello di percepire qualcosa di quella meta che è all'interno della sua persona e che avrà domani la sua realizzazione. Credo che la parola che abbiamo ascoltata ci possa aiutare a illuminare questo orizzonte per ritrovare la speranza. Ed è interessante come davanti al dialogo che si intrattiene tra Pilato e Gesù appare quella parola sulla quale vogliamo insieme soffermarci: testimoni della verità.

Gesù davanti all'interrogativo di Pilato afferma di se stesso io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce, e in queste semplici espressioni noi troviamo la grande risposta che nella fede noi abbiamo al senso della meta della nostra esistenza: cos'è la verità? È la profonda e stimolante domanda che non c’è nel brano evangelico che abbiamo ascoltato, ma che viene subito dopo, quando Pilato pone a Gesù l'interrogativo: cos'è la verità? E in questa espressione c’è tutto il senso della vita dell'uomo.

Chi è Gesù? Egli è colui che è entrato nella storia per regalare all'uomo la bellezza della comunione divina per costruire la fecondità della comunione umana. Gesù è la pienezza divina entrata nella storia per regalare all'uomo la bellezza della sua umanità. Gesù è la verità perché è entrato nella storia per dire all'umanità che essa è chiamata a essere una fraternità. La verità non è una conoscenza, la verità è un modo di costruire la vita in stato di comunione. In questo noi intuiamo che quando noi ci poniamo la domanda del senso della meta della nostra esistenza dobbiamo sempre partire dall'origine e l'origine è la meravigliosa comunione che esiste tra il Padre e il Figlio. Questo, Giovanni lo aveva ben detto nel suo prologo, il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare. Gesù è entrato nella storia per dare all'uomo il senso della vita: essere comunione fraterna, a immagine della vita trinitaria.

Ecco perché Gesù in un altro luogo dice Io sono la via, la verità e la vita: la vita è la pienezza della comunione, la gloria futura sarà la pienezza della vita, un'esistenza tutta in comunione tra Dio e gli uomini. Per giungere a questa meravigliosa esperienza Gesù è il grande tramite: ci regala la bellezza della nostra esistenza come un capolavoro di comunione.

Quando noi ci poniamo la domanda del senso della nostra storia dobbiamo imparare sempre a dire che l'uomo è chiamato a essere fraternità, l'uomo non vale per quello che fa, per quello che dice, ma l'uomo vale per quello stile di comunione nel quale costruisce il suo istante. Ecco perché la festa di oggi ci ha portato ad ascoltare la testimonianza di Gesù davanti a Pilato, per farci intuire che davanti alla domanda di fondo - Qual è la metà della mia vita? - la risposta possa essere questa: vivere la fraternità, diventare progressivamente un luminoso “noi”. Tutto ciò che l'uomo fa, tutto ciò che l'uomo costruisce istante per istante è per gustare la maturazione di questa volontà essenziale, diventare progressivamente un “noi”! L'uomo è vero quando si sente fratello e sorella nel costruire la vita quotidiana. Ecco allora un primo elemento che noi possiamo cogliere davanti al mistero della regalità di Gesù: egli ci ha regalato la comunione che aveva con il Padre. L'uomo è nato dalla comunione del Padre con il Figlio, il Figlio è entrato nella storia per rivelarci questa esperienza. Dove c'è fraternità lì c'è la fede, dove c'è fraternità lì c'è l'uomo, dove c'è fraternità si cammina in novità di vita.

E allora la seconda affermazione che Gesù rivolge a Pilato: chi è dalla verità ascolta la mia voce.

La bellezza della vita sta nella gioia spirituale di ascoltare. Se la vita è un grande dono che ci viene dall'alto e che noi elaboriamo continuamente attraverso l'impegno di comunione fraterna, la bellezza della comunione è ascoltare, dove l'ascolto è lo sviluppo progressivo di una fraternità. Ascoltare non è udire, ascoltare è il desiderio all'interno dell'uomo di comprendere il senso della sua e altrui esistenza, di scoprire le dinamiche più profonde della sua personalità, è entrare nel profondo del suo essere per essere autentico!

L’uomo è grande perché ascolta e l'ascolto è direttamente proporzionale a come si elabora una vita di fraternità. Il dramma dell'uomo è interpretare, e nell'interpretazione l’uomo facilmente cade nel suo soggettivismo; nell'ascolto, dove c'è comunione c'è accoglienza, c'è reciprocità, c'è attenzione, c'è costruzione dell'uomo nuovo. Ecco perché la festa di Cristo Re è la festa nella quale noi entriamo nella pienezza della nostra esistenza, che è un cammino di comunione fraterna, in un ascolto reciproco. Chi ascolta sta amando, chi ascolta brama la fraternità. Quando viene meno questo atteggiamento di fondo l'uomo difficilmente è se stesso. Ecco perché Gesù ha detto il mio regno non è di questo mondo: l'identità dell'uomo nasce dal Padre, si rivela in Gesù, perché l'uomo tutti i giorni e di tutti i tempi possa costruire in autenticità la sua vita. Allora risuonano immediatamente alle nostre orecchie quello che abbiamo ascoltato all'inizio dell'Apocalisse, con quella affermazione che è l'affermazione di fondo della vita cristiana: Io sono l'Alfa e l'Omega, il Primo e l'Ultimo, il principio e la fine, il Vivente!

Ed è molto bello come questo testo che noi abbiamo ascoltato dall'Apocalisse costituisca l'introduzione della grande Liturgia eucaristica della Gerusalemme celeste. Quando noi ci ritroviamo nell'Eucaristia abbiamo la stessa identica affermazione Io sono l'Alfa e l'Omega, il Primo e l'Ultimo, il principio e la fine, il Vivente!

La bellezza di ritrovarci nel mistero eucaristico è la bellezza di ritrovarci in questa fraternità, nella semplicità di creare incontro di persone che in Cristo Gesù, vero uomo, ritrovano veramente se stesse.

La festa di oggi deve essere uno stimolo a una grande speranza: l'uomo è chiamato a costruire la sua esistenza generando fraternità in quella reciprocità di ascolto che permette ad ogni uomo di essere se stesso. Credo che questa mattina il Signore convocandoci attorno a sé in questa Celebrazione eucaristica ci voglia dire una cosa molto semplice: impara ad ascoltare, ama essere fratello con i fratelli e allora costruirai la tua vita in autenticità. Ecco la regalità di Cristo! Poniamoci perciò in questo profondo atteggiamento interiore e allora il presente è l'attualità del futuro, e il presente è la grande speranza, è il canto per una grande meta, un grande desiderio che l'uomo sia finalmente se stesso. Celebrando questo evento eucaristico ritroviamo questa bellezza, e riscopriamo l'itinerario esistenziale in modo che se ci poniamo la domanda: - Chi sono? - ci poniamo davanti a Gesù che ci dice: Io sono la verità, la comunione che ogni uomo è chiamato a vivere per essere veramente uomo secondo il progetto di Dio.

 

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