1Sam 26, 2.7-9.12-13.22-23 1Cor 15,45-49 Lc 6,27-38
OMELIA
Domenica
scorsa Gesù ci ha regalato la sua sapienza attraverso le Beatitudini e ha collocato
la nostra esistenza nel Mistero dell'amore che qualifica il rapporto Padre e Figlio
nello Spirito Santo. In questo meraviglioso orizzonte questa mattina Gesù ci
pone dinanzi un impegnativo insegnamento morale: dalla profonda contemplazione
del Mistero siamo chiamati ad andare nell'azione. La creatura, ascoltando le
stimolazioni evangeliche di questa mattina, avverte non poche difficoltà poiché
quando ci confrontiamo con le reazioni immediate della nostra struttura
psicofisica potrebbe nascere in noi la convinzione che sia impossibile
incarnare il messaggio del Maestro divino. Allora si rivela importante entrare
nel modo di agire di Gesù per ritrovare nella nostra identità personale la
radice di tutte queste esortazioni.
Il punto di
partenza è la contemplazione intensa di Gesù. Quando Gesù ci parla nella forza
dello Spirito, l'attenzione del nostro cuore deve essere rivolta a Lui, siamo
nel suo mistero e nel suo mistero scopriamo la nostra identità umana. Spesse
volte - ce lo siamo spesso ripetuto - quanto più entriamo nel mistero di Gesù,
tanto più scopriamo la nostra identità. E quanto più progressivamente scopriamo
la nostra identità, lo slancio all'interno della nostra vita brama vivere il
mistero dell'Incarnazione. Ognuno di noi è chiamato a vivere l'Incarnazione di
Gesù. Quando siamo stati chiamati alla fede, siamo stati chiamati a vivere come
è vissuto Gesù. E’ bella quella espressione che troviamo nella lettera ai Colossesi
come saluto iniziale: Noi rendiamo
grazie a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, continuamente pregando per
voi, avendo avuto notizie della vostra fede in Cristo Gesù e della carità che
avete verso tutti i santi in vista della speranza che vi attende nei cieli.
La fede è
il principio della carità, il fascino di Gesù è il principio dell’agire, il cristiano
è il Cristo vivente. Quando noi entriamo in questa visione, ci accorgiamo di
una vocazione all'interno dell'uomo alla quale non sempre siamo stati educati;
noi siamo un sacramento umano-divino, siamo la presenza del rapporto Padre e Figlio
che si è incarnato nella nostra esistenza. L'agire dell'uomo è l’incarnarsi
della nostra identità divino-umana. E allora Gesù nel cammino della sua vita ha
avuto come criterio fondamentale amare l'uomo. Anzi, la bellezza della vita di Gesù
è avvertire che ogni uomo gli era stato regalato.
Quando noi
andiamo alla frase a noi ben nota il Verbo
si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi, in quel momento
l'evangelista Giovanni ci dice: questo Mistero è l'anima di ogni discepolo.
Entrando Gesù nella storia, egli ha avuto come criterio di fondo regalare a
ogni uomo la bellezza della sua vita, perché ogni uomo, al di là di ogni
comportamento, è un capolavoro del mistero di Dio.
Le esigenze
che il Vangelo ci offre nascono dalla contemplazione di Gesù: ogni creatura
umana è il luogo dell'amore di Gesù, perché Gesù è entrato nella storia per
dare all'uomo la bellezza della sua identità e, nelle traversie della storia,
regalargli la speranza. Il cristiano è un innamorato di Gesù, per incarnare
Gesù. Se sappiamo entrare in questa esperienza, ci accorgiamo che le nostre
azioni sono divino-umane.
Noi tante
volte presi dal mondo nel quale viviamo tutto pieno di immagini produttive o di
successi storici dimentichiamo chi effettivamente siamo. Per un momento
rientriamo in noi stessi e poniamoci la domanda: Chi siamo noi? Ognuno di noi è
il volto originale di Cristo. Il cuore di Cristo pulsa in noi, la mentalità di
Cristo opera nel nostro cuore e nella nostra intelligenza. Dovremmo imparare ad
avere un dialogo costante con il mistero di Gesù, che è presente in noi, e
sostanzialmente dovremmo cambiare il modo nel quale costruire la nostra
esistenza. Siamo chiamati nello Spirito a ritrovare lo stile di vita di Gesù,
il quale ha davanti a sé l'uomo e dice al Padre: “Cosa vuoi che faccia per
quest’uomo?” e il Padre gli dice: “Te l'ho regalato, l'uomo, perché tu lo
faccia diventare vita della tua vita infondendo in lui la gioia della sua
creaturalità!”
Se noi non
entriamo in questo orizzonte, il Vangelo non è realizzabile! Quando noi
riusciamo a percepire in profondità tale ricchezza, ci accostiamo al principio
evangelico: a Dio nulla è impossibile. Dovremmo sempre richiamare a noi
stessi che il Signore opera in noi. E allora se noi percepissimo una
simile profonda novità, ci accorgeremmo che la vita ritroverebbe la gioia di
dare il volto di Gesù all'uomo: veramente il progetto del Padre è quello di
incarnare il volto di Gesù in ogni uomo!
Ecco perché
la vera carità è il chicco di grano che
caduto in terra muore per dare speranza all'uomo. E’ quello che ha fatto
Gesù nel costruire la propria esistenza. Questa consapevolezza rappresenta un'esperienza
che noi dovremmo ritrovare, in un mondo pragmatico, che potremmo individuare anche
nell’esercizio della carità. Dobbiamo ritrovare la dimensione contemplativa del
nostro agire, poiché nello scorrere della vita stiamo incarnando l'amore del
Padre in Cristo Gesù per l’umanità. Su tale sfondo l'uomo nella carità è
pienamente libero perché non gli interessa quello che concretamente fa, ma gli
interessa solo d’essere il volto originale del Figlio che ama in modo divino-umano.
Tornando al bel testo di Colossesi, se veramente noi avremo la fede in Gesù,
lui il vivente nel nostro vivere, nascerà la carità verso i fratelli in vista
della speranza, il Dio tutto in tutti
che è la bellezza della meta della nostra vita. Ecco perché il cristiano quando
è davanti alle proposte evangeliche dice: “Signore, cosa faresti tu?” una domanda
che tante volte ci siamo posti. A una tale richiesta esistenziale le risposte
non le dà la tecnologia, la vera risposta la offre la contemplazione, quando l'uomo
entra nel mistero e gusta l’Infinito.
Nell'orizzonte
della grandezza di Dio scopriamo il senso della vita, noi non facciamo altro
che incarnare la bellezza divina, che il Cristo ci ha offerto. Questo è il
comandamento nuovo che Gesù ci ha dato questa mattina, comandamento nuovo di
essere Lui che vive nella storia. Da quando siamo stati battezzati, Egli è
diventato il protagonista della nostra storia. Tutto questo lo stiamo vivendo nella
Celebrazione eucaristica dove il Signore che è già in noi ci trasfigura nel suo
mistero perché possiamo essere la sua luce. La bellezza della nostra vita nell’Eucarestia
è la trasfigurazione nella sua luminosità: la luminosità del Risorto.
Ecco perché
il cristiano quando va all'Eucaristia recepisce il principio di fondo a Dio nulla è impossibile, è questione
di stile di vita. Se noi riuscissimo ad avere questo stile che ha il suo centro
nel mistero di Gesù, Egli è il grande protagonista, gli regaliamo la nostra
libertà, gustiamo in noi la sua libertà, e gli uomini quando vedranno noi, vedranno
Lui attraverso noi. E’ la bellezza della nostra vita cristiana.
Questa
mattina celebrando i divini misteri, lasciamoci attirare da quel corpo dato e
da quel sangue versato per potere costruire nella mentalità di Gesù ogni
frammento della nostra vita. Il cuore innamorato del Signore sarà aperto sull'Infinito
e cresceremo giorno per giorno nel desiderio di amare come il Maestro divino ci
ama in uno stile veramente divino-umano.
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