Sir 27,5-8, (NV) [gr. 27,4-7] 1Cor 15,54-58 Lc 6,39-45
OMELIA
Gesù in
mezzo a noi ogni domenica ci educa perché possiamo progressivamente entrare
nella sua sensibilità e risulta estremamente vero quanto Gesù ci abbia detto
questa mattina, che il discepolo è inferiore al Maestro, ma nello stesso tempo
siamo chiamati a diventare come il Maestro: Gesù è il Maestro! Ed egli
attraverso la sua presenza, lentamente, ci educa a diventare la sua storia, a
entrare nel suo mistero, a incarnare la sua presenza nelle scelte di tutti i
giorni, e questa visione noi la cogliamo molto bene nella parabola dell'albero Non
vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d'altronde albero
cattivo che produca un frutto buono, ma il Maestro utilizzando questa duplice immagine vuole
soprattutto riportarci nella prima immagine, quella che ci deve sempre
avvolgere, l'albero buono produce frutti buoni e il Maestro buono è la persona
di Gesù: uno solo è buono, il Cristo! E quindi questa mattina cerchiamo di
entrare nelle esperienza dell'albero buono - che è il Cristo - in modo che come
Lui possiamo effettivamente generare un mondo nuovo. E allora come possiamo
entrare nella esperienza di Gesù, il Maestro buono, per potere camminare in
autentica novità di vita? E allora due sono i punti di partenza in modo che si
realizzi il principio del Vangelo che abbiamo ascoltato quando Gesù ci ha detto:
- la sua bocca
esprime ciò che dal cuore sovrabbonda,
- entrare
nella profondità del cuore.
Attraverso -dicevo-
due dinamiche, entrare nel mistero che è Gesù, dando ospitalità alla sua
creatività, due aspetti che continuamente il Vangelo ci ripropone, ma che deve
renderci sempre attenti quando dobbiamo camminare in questa novità che Gesù ci
regala in modo da poter fare dell'albero della nostra vita la fecondità dei
frutti buoni.
Noi dobbiamo
sempre ricordare che il Maestro buono è uno solo e la bellezza della nostra
vita è lasciarci sempre perdonare innestandoci nell'albero buono, e noi
possiamo entrare in questo innanzitutto comprendendo che Gesù è il mistero, è
l'atmosfera nella quale noi viviamo, è quella esperienza radicale che noi siamo
chiamati a costruire continuamente per lasciarci attirare nella persona del Maestro.
Infatti nel momento in cui ci lasciamo da Lui prendere e in Lui ci lasciamo
arricchire ci accorgiamo che dalla sua sovrabbondanza la parola parla, e quando
entriamo nella “parola” non intendiamo semplicemente il linguaggio verbale, ma
la “parola” è tutta la persona che esprime, comunica, condivide l'esperienza di
Gesù. Cos'è il frutto buono? Se guardiamo attentamente la figura del Maestro Divino
ci accorgiamo che il frutto buono è l'esercizio quotidiano di ricerca della
fraternità. L'albero buono produce frutti buoni quando l'albero, in questo caso
il Cristo, genera comunione nell'umanità intera e noi, come discepoli, siamo
chiamati a entrare in questa esperienza. Infatti se entriamo nel profondo del
cuore noi ci accorgiamo di alcuni passaggi interiori che dovremmo sempre tenere
presente nel nostro spirito. Dal cuore emerge il respiro dell'uomo, il cuore
palpita, il respiro è un ricambio continuo di vita, il respiro diventa
linguaggio fisico, la bellezza del linguaggio fisico la parola storica che ha
un'unica meta: la fraternità! Ecco allora che il primo elemento che Gesù ci
regala questa mattina è che il frutto buono è abbracciare tutti fratelli. Ricordiamo
sempre la bella frase di Gesù uno solo è
il vostro maestro - il Cristo - e
voi siete tutti fratelli. E’ quella dimensione interiore che abbraccia il
mondo intero e nel momento in cui abbracciamo il mondo intero siamo alberi buoni
che producono frutti buoni, è quella diuturna conversione alla fraternità che è
il senso stesso del Vangelo.
Dall'altra
parte il cuore riesce a fare questo tipo di percorso perché il cuore, nel
cammino della sua vita, ha dato ospitalità a Gesù. L'albero buono è dentro di
noi, questa presenza di Gesù che diventa veramente l'anima delle nostre scelte
diventa l'anima del nostro cammino. Il cristiano è colui che dà ospitalità a
Gesù. E questa visione che tante volte ci siamo ripetuti è una visione che deve
continuamente operare in noi. È quella potenza dello Spirito Santo che geme
continuamente in noi finché non diventiamo veramente comunione. Ecco perché il cristiano
deve continuamente andare al Maestro Divino e il rapporto con il Maestro Divino
riesce a dare tonalità alla sua esistenza. Ricordiamo sempre a noi stessi: Gesù
non è accanto a noi, Gesù è dentro di noi e quando l'uomo a livello interiore è
abitato dal Divino la sua vita è divino-umana. Noi tante volte abbiamo nel
linguaggio storico un senso di indifferenza, un gesto vale l'altro, dobbiamo
imparare a dire: ogni gesto è sacramento di un mistero che nasce in noi perché
diamo ospitalità alla grandezza di Gesù e allora noi diventiamo testimoni,
perché nella semplicità, dall'abbondanza del cuore emerge la bellezza della
fraternità.
Se noi
guardiamo il grande dramma della cultura di oggi è che stiamo cadendo nell’individualismo,
nel solipsismo, invece di regalarci comunione offriamo tante cose per non
coinvolgere la profondità del nostro cuore - albero buono dà frutti buoni -; il
Cristo che dimora in noi non fa nient'altro che regalare la sua passione di
comunione con l'umanità che dovrebbe essere la speranza e, soprattutto in
questi giorni, dovrebbe fiorire. E allora ritrovandoci in questa Eucarestia
ritroviamo la bellezza del Maestro buono, Lui, nel suo mistero di morte e di
resurrezione.
Se il
nostro cuore fosse veramente in modo fecondo abitato dal Maestro, introdotto in
un mistero più grande di noi, ci accorgeremmo che ogni nostro gesto o genera
fraternità o non è albero buono che produce frutti buoni, è una conversione
continua… E ogni volta che in questo cammino ci ritroviamo reticenti, in quel
momento, diciamo al Signore: “Dammi un cuore nuovo, donami uno spirito nuovo,
diventa l'unico Maestro della mia esistenza!” E allora camminando in questo
stile noi ci accorgeremo che la vita ha una risonanza ben diversa. Ecco
l'Eucaristia che stiamo celebrando! Gesù ha voluto rimanere nel segno di un
banchetto perché l'umanità si ritrovi attorno a lui, in una fraternità dove la
sua presenza diventa centro di attrazione, luogo di attenzione, principio
operativo nelle scelte di tutti i giorni, e dalla sovrabbondanza eucaristica
parla la bocca, la fraternità che nasce nel linguaggio della vita di tutti i
giorni.
Entriamo in questo mistero, è l'Eucaristia che stiamo celebrando e stiamo sempre attenti a quei passaggi, dal cuore allo spirito che è abitato dal Cristo, allo spirito che ci avvolge, alla nostra corporeità che diventa Sacramento di una bontà inesauribile pur con tutti i limiti. Ma se noi desideriamo essere albero buono che dà frutti buoni il Signore ci dà quell'energia, quella capacità, quella forza di camminare in novità di vita per generare sempre speranza. Se noi potremo dare speranza all'uomo di oggi in una fraternità che nasce dal cuore di Cristo allora siamo veramente discepoli del Maestro. Questo sia l'impegno che lo Spirito Santo ci regala, soprattutto in questi momenti tragici di guerra, essere la fraternità di Gesù e allora viviamo così in questa Eucaristia in modo da camminare in autenticità di vita per dare ai fratelli, qualunque essi siano, quella speranza che dà coraggio alla vita e orizzonti di fiducia davanti a un futuro sempre più complesso.
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