29 maggio 2022

ASCENSIONE DEL SIGNORE – ANNO C – SOLENNITÀ – MESSA DEL GIORNO

OMELIA

At 1,1-11                  Eb 9,24-28; 10,19-23      Lc 24,46-53

Nel mistero dell'ascensione di Gesù al cielo noi contempliamo il compimento della storia di Gesù. Tale verità la cogliamo in pienezza usando la bella immagine di Giovanni: Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo. Ora lascio il mondo e torno al Padre. La bellezza di Gesù è essere entrato nella storia degli uomini per dare novità al mondo, generarvi la speranza che viene dall’alto, per poi ritornare dal Padre, fonte e anima della sua storia.

Mentre contempliamo questa grande meravigliosa esperienza dell’assunzione al cielo, sia gli angeli che appaiono negli Atti degli Apostoli, sia il testo della lettera agli Ebrei, ci dicono che dobbiamo metterci in cammino anche noi verso la gloria; quello che Gesù ha realizzato nella sua vita si deve attualizzare anche nella nostra. La nostra esistenza è una attesa della venuta gloriosa del Signore.

Ma come noi possiamo entrare in questo cammino che lentamente ci porta verso la pienezza della gloria? Ed è molto bello soffermarci sulla gestualità con la quale Gesù ha preceduto il mistero della sua assunzione: E, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. In tale descrizione troviamo tre momenti che dobbiamo cercare di mettere bene in luce. Innanzitutto il linguaggio dell’alzare le mani e del benedire indica l'atteggiamento sacerdotale di Gesù che riveste della sua potenza e del suo mistero personale i discepoli, vi appare un atto di consacrazione e di rigenerazione. Il Signore sommo sacerdote impone le mani ai discepoli per trasferire in loro il suo mistero, per cui i discepoli diventano sacramenti di Cristo. Tale evento viene ulteriormente evidenziato nel passaggio successivo dove, mentre Gesù li benediceva, saliva verso l'alto. In questo passaggio notiamo non solo che il Signore passava nella personalità dei discepoli, ma il suo salire sottolineava una nuova modalità del suo rimanere nella storia.

È molto bello questo quadro che l'evangelista ci offre: Gesù assunto alla destra del Padre è realmente presente in mezzo a noi, esce dallo spazio e dal tempo per entrare sacramentalmente nello spazio e nel tempo, in un orizzonte di universalità.

Ecco, allora appare il terzo atteggiamento dei discepoli: la gioia! Quando noi siamo intensamente legati a una persona ed essa se ne va, inevitabilmente l'uomo è nella tristezza. Come mai i discepoli invece sono nella gioia? E si ritrovano nel tempio, lodando il Signore?

Il Signore, nella sua assunzione alla destra del Padre non li ha lasciati, è rimasto il modo più vivo in mezzo a loro. Se Gesù era presente nello spazio e nel tempo come Gesù di Nazareth, nel momento in cui è entrato nella gloria del Padre è ovunque, perché ci deve condurre a vivere lo stesso mistero di gloria. Il discepolo è il rivestito della attuale presenza del Risorto, con la conseguenza che Gesù che sale al cielo diventa la prefigurazione, la pregustazione dell'itinerario della nostra vita che è salire anche noi alla destra del Padre!

Ecco perché rimane in mezzo a noi! Gesù è salito per “rimanere”, ha lasciato la corporeità fisica per assumere la corporeità sacramentale. L'eternità beata è dono che è stato impresso dentro di noi. Ecco perché abbiamo pregato all'inizio chiedendo al Padre di essere anche noi assunti dove è stato assunto il Figlio: …poiché nel tuo Figlio asceso al cielo la nostra umanità è innalzata accanto a te, e noi, membra del suo copro, viviamo nella speranza di raggiungere Cristo, nostro capo, nella gloria.

Davanti a questo quadro nasce la domanda: ma come e dove noi riusciamo a cogliere questa reale presenza di Cristo? E tre aspetti ci possono aiutare, in modo che la relazione col Cristo, Cristo Glorioso, sia sempre attuale: è presente nelle nostre persone, è presente nella celebrazione dei divini misteri, è presente nell'esperienza mistica dell'ordinario. Questo orientamento verso la gloria diventa il mistero che avvolge la nostra vita. Innanzitutto la profonda coscienza che lui è presente in noi. Idealmente il gesto con il quale Gesù ha lasciato i suoi discepoli è il gesto che noi dovremmo vivere continuamente: il Cristo che ci benedice, che impone le sue mani su di noi ricolmandoci della sua presenza, è avere le mani del Risorto sulla nostra vita e questo ci fa dire che c'è un flusso continuo del suo Spirito nelle nostre persone, è respirare quella vita divina che è il Cristo in noi.

È molto bello svegliarsi al mattino e gustare la Divina Presenza. In quel momento noi incominciamo a camminare nello spazio e nel tempo in questa attrazione verso il mistero della pienezza della gloria, e questo noi lo riviviamo continuamente nella celebrazione dei Divini Misteri. Ecco perché i discepoli stavano sempre nel tempio lodando Dio: avevano il gusto della Divina Presenza.

Ricordiamo sempre che quando noi ci troviamo nel culto stiamo assaporando la meravigliosa presenza del Cristo che ci regala la sua personalità, che ci benedice, che fa passare in noi il mistero della sua persona. I sacramenti sono i gesti di Gesù che qualificano la nostra storia. Di riflesso il nostro vissuto è un'esperienza mistica. Noi tante volte abbiamo la pesantezza del lavoro quotidiano, abbiamo le stanchezze psicofisiche, ma dimentichiamo la vitalità che c'è dentro di noi. Quelle mani che Gesù ha posto su di noi e che sono la nostra vita teologale, quelle mani che ci avvolgono nella nube del tempio che è la divina liturgia, diventano le mani che ci accompagnano nel tempo e nello spazio attraverso quello che compiamo giorno per giorno. Ecco perché gli angeli hanno detto ai discepoli perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo.

Ora noi lo aspettiamo quando verrà nella gloria. Egli verrà nella gloria, dopo averci trasfigurati, giorno per giorno, nel nostro cammino storico. E allora se nelle mani imposte in noi nel battesimo siamo diventati sacramento di Cristo, nelle mani dei doni eucaristici noi veniamo continuamente trasfigurati in modo che quando andiamo al lavoro quotidiano, lentamente, assumiamo la sensibilità e l'esperienza interiore del Cristo: è quella trasfigurazione continua e inesauribile, che ci è donata dalla creatività dello Spirito.

Ecco perché se noi guardiamo soprattutto le chiese più antiche c'è sempre il grande catino absidale: noi entriamo in chiesa, celebriamo il mistero, ma nello stesso tempo siamo pregustando quella dimensione aurea che è la gloria luminosa del paradiso. Gesù è presente nella nostra esistenza, Gesù agisce nella nostra storia, Gesù cammina con noi nel quotidiano per farci sempre più tendere verso questa luminosità eterna nella quale noi potremmo gustare quell’eternità beata che è la forza del presente.

Viviamo così questo mistero della assunzione di Gesù alla destra del Padre. Come il Cristo è venuto dal Padre ed è entrato nella storia e ha lasciato la storia per giungere al Padre, così anche noi quando siamo nati, è la gloria di Dio che si è incarnata nelle nostre persone con la conseguenza inevitabile che la nostra vita è un tornare al Padre per essere in una luminosità che non ha confini.

Questa sia la speranza che vogliamo portare a casa questa mattina attraverso questa Celebrazione eucaristica in modo che fin da adesso possiamo respirare quella eternità beata che i nostri fratelli defunti già stanno vivendo. Costruiamo fin da ora la nostra esistenza nella forza dello Spirito che è speranza in ogni oscurità, mentre siamo in attesa della luce che non conosce tramonto.

 

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