08 maggio 2022

IV DOMENICA DI PASQUA - ANNO C -

At 13,14.43-52     Ap 7,9.14b-17     Gv 10,27-30        

OMELIA

L'esperienza del Risorto, vita della nostra vita, diventa il principio di uno stile esistenziale ed evangelico. È quello che Gesù questa mattina ci vuole insegnare attraverso l'immagine del pastore e delle pecore perché possiamo, nel profondo del nostro cuore, imparare a comprendere che siamo proprietà divina.

È interessante un duplice elemento che abbiamo poc'anzi ascoltato dal Vangelo: da una parte noi siamo un dono del Padre al Figlio e, di riflesso, il Figlio ci considera come sua proprietà attraverso le sue modalità espressive: le mie pecore ascoltano la mia voce, le mie pecore sono nella mia mano. E questo aggettivo possessivo ripetuto tre volte ci fa chiaramente intuire che il senso più profondo della nostra vita sta nella vita divina. Il Padre ci regala al Figlio, il Figlio ci considera sue pecore, ascoltiamo la sua voce, siamo nelle sue mani, è la profonda consapevolezza che la bellezza della nostra vita è nelle mani trinitarie.

Quando l'uomo si pone l'interrogativo su cosa fondare la propria esistenza, la risposta nel brano di questa mattina è molto chiara: siamo proprietà divina, una proprietà divina che risulta ancora più ricca dalla sottolineatura che abbiamo ascoltato dal testo dell'Apocalisse: abbiamo le veste candide, lavate nel sangue dell'Agnello. Siamo chiamati a gustare la luminosità eterna immergendoci nella oblazione d’amore di Gesù, Agnello immolato per la nostra salvezza. Il cristiano è il capolavoro della vita divina. Davanti agli interrogativi che la storia ci pone dinanzi continuamente, la grande risposta ce la offre il buon Pastore: siamo del e nel Dio Trinità, e tale certezza dobbiamo continuamente ricordarla a noi stessi per ritrovare quella speranza radicale che dovrebbe caratterizzare il nostro cammino quotidiano.  Ripetiamo sempre a noi stessi: Siamo una meravigliosa proprietà divina. E tutto questo per realizzare tre aspetti che la parola del Signore ci ha regalato:

-        il buon pastore dà la vita,

-        le pecore non andranno perdute,

-        nelle sue mani abbiamo la certezza e la solidità.

Questi tre aspetti ulteriormente evidenziano questa esperienza in cui noi siamo profondamente immersi. E’ interessante chiederci cosa voglia dire che il buon pastore dà la vita per le pecore. Quando noi sentiamo l'espressione “dare la vita” noi magari in modo immediato ci poniamo d’innanzi al mistero della morte, ma se entriamo in profondità, nella prospettiva del Vangelo di Giovanni il buon pastore dà la vita per le sue pecore, nel senso che le riunisce in una misteriosa comunione di vita. Gesù ci dona la vita, ci dona la comunione con il Padre, ci avvolge della creatività dello Spirito Santo, con la conseguenza che la nostra esistenza è comunione, perché essa è viva partecipazione alla unità di vita delle tre Persone divine! L'uomo si sente disperso nelle solitudini contemporanee, la gioia di essere proprietà divina ci fa intuire che noi entriamo veramente in una unità d’esistenza che ci permette di scoprire che siamo fratelli e sorelle in cammino verso la pienezza della gloria. Ecco perché non andremo mai perduti, perché la nostra vita ha la solidità di Dio. Dovremmo sempre ripetere a noi stessi la bella espressione che abbiamo ascoltato del Salmo responsoriale e che è l'anima della preghiera della Chiesa al mattino: Riconoscete che solo il Signore è Dio: egli ci ha fatti e noi siamo suoi, suo popolo e gregge del suo pascolo. Se nel cammino della vita entriamo in tante realtà problematiche ecco, noi abbiamo la convinzione che non andremo mai, mai perduti. Ecco perché è importante che recepiamo nel profondo della nostra esistenza questa consapevolezza d'essere sua proprietà con il grande risultato che veniamo plasmati dalla presenza divina. Il Signore è il pastore che con le sue mani, che poi sono anche le mani del Padre, ci aiuta fondamentalmente a diventare il suo volto luminoso. L'immagine del Buon Pastore è fonte radicale di grande speranza. Se ci sentiamo soli in termini psicologici, ricordiamo sempre a noi stessi che siamo nella Trinità beata, se siamo nelle difficoltà le mani di Dio ci proteggono, se nel cammino della vita abbiamo delle grosse solitudini, abbiamo la certezza di essere aperti al mondo intero in una grande universalità. Cerchiamo sempre di ritrovare la bellezza di essere quelle pecore che gustano la viva relazione con le tre Persone divine.

Davanti a questo mistero, le tre parole che Gesù ci ha di nuovo regalato questa mattina perché possiamo costruire in modo autentico la nostra vita, sono:

Ascoltare – Conoscere - Seguire

All’inizio del percorso di vita divina incontriamo il verbo ascoltare, dove l'ascolto è la capacità dell'uomo di uscire dall’io ed entrare nel tu, il tu di Dio, il tuo dell’altro. Spesse volte le nostre tristezze nascono dal fatto che rimaniamo chiusi nelle nostre povertà e nei nostri limiti. Dovremmo imparare ad ascoltare il Buon Pastore, colui che ci porta fuori dalle nostre paure, dai nostri dubbi, dalle nostre oscurità esistenziali perché seguendolo, di riflesso, impariamo a conoscere quel mistero che è la speranza della nostra vita. Ecco il metodo con il quale prendere consapevolezza che siamo proprietà del buon Pastore: ascoltare per conoscere seguendo. Se noi riuscissimo a entrare in questa mirabile esperienza, ci accorgeremmo che la nostra vita vive di una speranza essenziale. Qual è infatti l'origine delle nostre paure? L'uomo contemporaneo è pieno di paure perché siamo rinchiusi in noi stessi, nel nostro mondo, nel nostro modo di pensare, di ragionare.  Abbiamo davanti al nostro sguardo storico tale consapevolezza, mettiamoci in ascolto con colui nel quale la nostra vita è nata, con colui nel quale la nostra vita matura, con colui nel quale la nostra vita viene plasmata per essere un capolavoro divino-umano. Quando entriamo in questa meravigliosa esperienza noi ci accorgiamo che possiamo respirare, possiamo camminare, possiamo sognare, possiamo proiettarci in avanti in qualcosa che non conosciamo ma, poiché siamo nelle mani divine e trinitarie, tutto diventa effettivamente possibile. Gustiamo le immagini di questa mattina, nelle difficoltà laviamo le nostre vesti rendendole candide nel sangue dell'Agnello e saremo il luminoso capolavoro dell'amore del Signore.

Ecco perché noi ci ritroviamo nell'Eucaristia. Attraverso la celebrazione rituale, il Padre ci sta regalando al Figlio in questa Eucaristia perché ci vuole trasfigurare. Come avviene la consacrazione del pane e del vino, così avviene anche la consacrazione delle nostre persone, nell'Eucaristia il Figlio nello Spirito Santo ci plasma, ci rende uomini radicalmente nuovi perché possiamo poter godere la comunione con il Padre. Ecco allora che l'Eucaristia è nient'altro che ascoltare la voce del Pastore, seguire il Pastore, conoscere il Pastore e quando la nostra vita entra in questo meraviglioso orizzonte, la speranza è nel nostro cuore e riusciamo a essere la luce che dà forza ai nostri fratelli e sorelle.

Viviamo questa esperienza in tanta serenità e allora ci accorgeremo che in Cristo Buon Pastore respiriamo, camminiamo, gustiamo la vita. Con un simile ritmo di vita approfondiremo uno stile esistenziale veramente evangelico e come feconda conseguenza si aprirà anche quell'orizzonte di eternità nella quale la nostra storia si concluderà per essere per sempre in una luminosità eterna, che è speranza nel cammino della vita quotidiana.

 

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