22 ottobre 2023

XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

DOMENICA 22 OTTOBRE 2023


Is 45,1.4-61      Ts 1,1-5b      Mt 22,15.21


OMELIA


Gesù questa mattina ci pone dinnanzi uno dei grossi problemi della cultura di oggi: Il rapporto tra l'esperienza della fede e l'esperienza della creazione, il rapporto con Dio e il rapporto con la storia dell'uomo. Un rapporto che è stato bene evidenziato negli anni del Concilio Vaticano II, dove la bellezza del rapporto dell'uomo con il sociale, dipende da un intenso rapporto con Dio e il rapporto con il sociale porta ad un intenso rapporto con Dio. E allora, cercando di intuire quello che Gesù poteva dirci, potremmo analizzare questo testo evangelico da tre punti di vista:


-   “Date a  Dio quel che è di Dio”
-    “Date a Cesare quel che è di Cesare”

-           Fate in modo che quello che date a Cesare sia una lode del Signore.


Tre dimensioni sulle quali vogliamo soffermarci per rendere equilibrata la nostra esperienza, in modo da rendere la vita dell'uomo un inno di lode al Creatore: essere un sacrificio vivente Santo e gradito a Dio, essere quel culto spirituale di cui ci parla Paolo nella Lettera ai Romani.


Innanzitutto il primo punto, ricordiamoci sempre il momento della creazione: Dio il settimo giorno consegnò all'uomo il creato; l'uomo è il compimento della creazione che è il sesto giorno e il settimo giorno gli consegnò le realtà create perché le facesse maturare nella storia secondo i principi all'interno della creazione stessa. L'uomo è invitato a dare a Dio quello che Dio gli regala, perché l'uomo è una sua creatura; il suo essere, il suo vivere, il suo agire dipende da quell'atto d'amore con il quale Dio ha detto facciamo l'uomo a nostra immagine, perché diventi nostra somiglianza: è la bellezza di essere capolavoro della creazione Divina! Quando l'uomo pone la domanda a se stesso e chiede chi egli effettivamente sia, la risposta della fede è che siamo un capolavoro Divino che opera nella nostra storia per fare di noi le sue meraviglie. In certo qual modo, il settimo giorno di Dio regalò il mondo all'uomo perché l'uomo rendesse il creato un inno al Creatore. È quella libertà interiore davanti alla storia che deve continuamente fiorire nel cuore dell’uomo, il quale, davanti al mistero della vita, si pone la domanda -Signore, qual è il tuo volere? Voglio essere nella tua volontà, il Tuo mistero sia la gioia del mio lavorare perché in quello che faccio, io possa lodare e glorificare il Tuo nome-. È la grande libertà interiore che l’uomo deve ritrovare cammin facendo nel cammino della sua esistenza.


E questo primo elemento che pone l’uomo in dipendenza gioiosa ed eucaristica nei confronti di Dio.


L'uomo è chiamato ad approfondire il mistero. Quando Dio ha regalato all'uomo il mondo, lo ha regalato perché lo approfondisse e ne cogliesse le vitalità più profonde, ne cogliesse la bellezza e la profondità in modo che il creato potesse fiorire secondo il suo creatore. All’uomo è consegnato il mondo perché l'uomo, attraverso lo studio del mondo, possa cogliere nelle Leggi in un atteggiamento di obbedienza al Creatore.

Quando l'uomo vuole ritrovare se stesso, deve entrare in questa grande direzione, godere del dono, essere in rapporto con il dono, fare in modo che il dono diventi una lode nei confronti del Creatore. In un certo qual modo è restituire a Dio quello che Dio regala all’uomo: è la bellezza dell'uomo che opera nella storia e si mette in cammino perché i doni di Dio vengano continuamente fatti maturare.


È l’itinerario che ci offre il Vaticano II, dove dalla contemplazione della presenza di Gesù vivente nella chiesa nasce quella rivelazione Divina che diventa la lettura della realtà storica e l'uomo, innamorato della realtà storica, ricerca la presenza Divina per lodarne il mistero della bellezza della lode eucaristica. È un itinerario di grande liberazione, Dio si regala all'uomo, l'uomo si regala a Dio in una comunione di vita dove il criterio fondamentale è che tutto parte dal mistero di Dio che opera nel profondo della natura umana.


L’uomo davanti al Creato si sente dono come uomo che interpreta ciò che appare nella storia, e dall’altra sente la vocazione di scoprire la profondità e la bellezza del Creato per poter essere un inno di lode a Dio, perché in tutto sia glorificato il Signore.

Ecco perché l’uomo è diventato sacerdote cosmico, perché attraverso la bellezza della sua vita, possa lodare il Signore. Infatti una delle interpretazioni molto interessanti dell'evento battesimale è che l'uomo, attraverso l'inserimento nella chiesa, attraverso l'assunzione del mistero di Gesù, possa fare del Creato un inno di lode a Dio: Dio, il Padre, ci regala nel Figlio il metro per costruire la vita, e noi, nell'obbedienza al Figlio ci innamoriamo del Creato per far sorgere dalle realtà contingenti di tutti i giorni quella liturgia di lode che è la liturgia cosmica, la bellezza che il mondo possa veramente glorificare il Signore nella sua divisione migliore. E allora, nel momento in cui Gesù ha dato quella risposta che immediatamente può crearci delle difficoltà, rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio, ci dona la libertà del lavoro, l'impegno e la libertà, l'obbedienza e la creatività, la certezza di essere un dono per restituire con gratitudine. In certo qual modo si realizza il principio di fondo della vita dell'uomo, il quale si sente tutta e sola grazia, vede il Creato un capolavoro del dono di Dio, sente in sé il desiderio di sviluppare questa bellezza creativa in modo che gli uomini possano godere la grandezza del Signore perché in tutto sia glorificato il Signore.


E questo ci permette di tirare alcune conseguenze molto semplici: davanti alle realtà create viviamo in atteggiamento di ammirazione ricco di obbedienza, Dio è meraviglioso nel Creato e ci rende partecipi della sua azione creatrice. Ogni mattina Dio ci regala il mondo e ogni sera noi gli restituiamo nel lavoro compiuto la gioia di aver concreato il mondo con Lui. Se noi riusciamo a entrare in questa esperienza, ci accorgiamo che la bellezza del lavoro è essere con Dio facitori di quel mondo nuovo che ci ha regalato. Qual è l’atteggiamento che dovremmo avere in questo itinerario, se non la bellezza di essere ricchi di ammirazione per quello che Dio ci regala, vivere la fecondità del rendimento di Grazia. L’uomo lavora cantando la gratitudine! In questa grande libertà interiore fiorisce la bellezza della nostra vita, che è un cammino di glorificazione di Dio.

Quindi date a Dio quel che è di Dio, date a Cesare quel che è di Cesare, e poiché quello che noi diamo a Cesare nasce dall'atto creativo di Dio, in ultima analisi la nostra esistenza, sviluppando il creato non si fa nient'altro che glorificare il Creatore che fa del mondo le cose meravigliose.


E questo noi lo dobbiamo vivere nell’ Eucaristia. È molto bello come il rito offertoriale si apra con quelle due invocazioni: Benedetto sei tu Signore Dio dell'universo, dalla Tua bontà abbiamo ricevuto questo Pane e questo Vino, perché diventino per noi cibo di vita e bevanda di vita eterna.


Ogni Eucarestia è offrire al Signore la gioia di concreare il mondo nel quotidiano perché tutto possa diventare una lode al Creatore generando quello che è il principio dell’Eucaristia, la bellezza della comunione fraterna. Il mattino diventa dono, la sera diventa Eucaristia, il mattino è accoglienza, la sera è restituzione in un itinerario costante che lentamente ci conduce a camminare in novità di vita. Gesù questa mattina ci dice, venendo all’Eucaristia “Porta la tua storia, la storia che ti è stata regalata dalle Santissima Trinità perché tu possa veramente sviluppare questo dono creando comunione con i fratelli, generando quello stupore davanti al Creato, in modo che in tutto sia glorificato Dio, in quello che facciamo, pensiamo, operiamo”.


E allora ci accorgeremo che quel Pane Eucaristico che ci viene offerto è nient’altro che la risposta che Dio ci offre quando, nell’atteggiamento di ringraziamento, non facciamo nient’altro che lodare il Signore e quindi chiamarlo come Padre, per poter da figli concreare quel mondo che deve diventare la gloria divina a edificazione della comunione fraterna, la speranza dei fratelli in attesa di quella glorificazione gloriosa che sarà la realtà del cielo quando il Creato sarà un inno di lode al Creatore.

 

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