DOMENICA
20 OTTOBRE 2024
Is 53,2.3.10-1 Eb 4, 14-16 Mc 10, 35-45
OMELIA
Il discepolo è chiamato a vivere
della sapienza divina per incarnare nella storia quotidiana la convinzione che
nel Signore tutto è possibile. La sapienza che viene dall'alto è la luce che
guida i nostri passi. Scopriamo allora che il gusto della mentalità di Cristo
rappresenta la nostra speranza nel cammino del tempo perché ci offre la
capacità di avere la potenza e la sapienza dello Spirito nel vivere le realtà
contingenti di tutti i giorni.
Noi tutti, come suoi discepoli, gli
apparteniamo per vivere con l'entusiasmo della fede le molteplici situazioni
contingenti della vita. Tale meta affascina ogni creatura che si sente
appesantita dalle oscurità dell’esistenza.
Cresce allora l’interrogativo sul
percorso da seguire perché la sapienza di Gesù possa diventare lo stile feriale
e ordinario del nostro cuore e del nostro sentire: è la luce che il Maestro ci
regala oggi, nel dialogo con i figli di Zebedeo. Tale è il percorso per
crescere sempre più nella sapienza che viene dall’alto.
Innanzitutto Gesù pone loro la
necessità di bere al calice al quale egli stesso si sta accostando.
In questa immagine scopriamo il cuore
del Maestro: l’esperienza del mistero dell’obbedienza alla misteriosa volontà
divina; infatti - in questo linguaggio immaginifico - veniamo ricondotti alla
figura del calice che è stato offerto a Gesù nell’orto degli olivi. Qui il
Maestro avverte tutta la drammaticità della volontà divina. Nello stesso tempo,
però cogliamo anche la grandezza del Maestro. In quell’accostarsi al calice
viene evidenziato il suo “sì” al Padre, atteggiamento interiore espresso nel linguaggio
del “bere”. Con tale immagine comprendiamo che l’oggi di Dio deve penetrare nel
nostro essere personale per essere radicalmente inebriati dalla sapienza
divina.
In quel calice scopriamo la bellezza
dell’amore di Dio che si offre completamente al Padre per l’umanità, per
offrire un volto evangelico e autentico a ogni umana creatura. Nell'amore
incondizionato di Gesù per ogni uomo si è chiamati a vivere
l’impossibile-possibile dell'Amore per dare coraggio e speranza a ogni persona
sommamente amata dalle tre Persone divine. Un amore che non viva la gioia di
regalarsi pienamente all'altro, al di là di ogni sua fisionomia, non sarebbe
amore veramente evangelico. È il grande orizzonte che Gesù offre a ogni suo discepolo.
Il dono della propria vita a ogni
uomo caratterizza la personalità del Maestro, poiché la grande meta della sua
esistenza è che ogni uomo possa ritrovare se stesso maturando nella grandezza
del dono della vita stessa. Questo orizzonte, che illumina in modo positivo
anche le situazioni negative della storia, rafforza la volontà oblativa di Gesù
che nella radicale attenzione al Padre dimentica se stesso e fa proprio il
disegno divino di donare vita e luce a chiunque a lui si accosti.
L’ebbrezza dell’oblazione amorosa
anima quella sapienza che nello Spirito Santo deve permeare il cuore di
chiunque voglia seguire il Maestro in tutta la sua verità, per acquisirne la
sapienza.
Questo proposito passa all’azione nel
desiderio del battesimo.
In questa immagine scopriamo il
morire di Gesù nella passione in croce: la volontà oblativa deve incarnarsi
nell’obbedienza. Il coraggio d’essere in Dio si ritraduce necessariamente
nell’incarnare la pienezza dell’amore, passando attraverso le spoliazione,
l’oscurità, le incomprensioni, le solitudini, le sofferenze fisiche che hanno
caratterizzato Gesù.
La grandezza dell’amore lo spinge a
offrire se stesso al Padre per l’umanità, perché ogni uomo possa attingere al
suo sangue la linfa che gli possa permettere di respirare in un vivo clima di
forza e di coraggio, di fiducia e di speranza.
Non si dà vera sapienza senza il vivere la bellezza della croce.
Sicuramente qui ci ritroviamo di
fronte alla paradossalità del mistero pasquale. Infatti la vera bellezza della vita è rappresentata dall’amore oblativo:
siamo davanti a una bellezza sfigurata per gli uomini, ma a una bellezza
luminosa per chi sa vivere nel vero amore.
Qui, nel Crocifisso, possiamo
accostarci a quella “porta” attraverso la quale possiamo accedere al grande
mistero della vita.
Ogni volontà amativa deve diventare
volontà oblativa… ogni desiderio di dono per il fratello deve incarnarsi nel
“farsi mangiare dal fratello” per introdurlo nel gusto della propria identità.
A noi, Gesù, prospetta l’orizzonte
dell’albero della croce per vivere con lui e come lui la grandezza della nostra
esistenza.
Su quella croce riusciamo a
comprendere la grandezza ineffabile e incomprensibile dell’amore divino- umano
di Dio in Gesù Cristo.
Questo orizzonte non vuole però dire
in modo immediato il raggiungimento della pienezza della vita. Chiunque si
accosti seriamente all’evento evangelico della passione e morte di Gesù si
sente persona consegnata alla libertà di Dio. Amare infatti non è altro che far
crescere nel gusto dell'autentica libertà: la libertà di Dio che si comunica
nell'amare, la libertà dell'uomo che gusta nel lasciarsi amare nella
meravigliosa fantasia trinitaria.
Il vero amore si consegna nella
massima generosità, senza alcun calcolo, non si colloca nell’orizzonte del
contraccambio: amare è regalare e condividere libertà per una comunione che
canta la bellezza e la fecondità della vita.
Chi ama, ama liberamente, gode della
libertà dell’altro e sa vivere della libertà e dei tempi della persona amata.
Così ha fatto Gesù.
Egli si è pienamente consegnato nelle
mani del Padre sulla croce e nella sepoltura ha atteso il darsi della libertà
divina, che si è rivelata nell’evento della risurrezione.
Contemplando Gesù morto, sepolto e
risorto sappiamo chiaramente che non saremo mai delusi.
Tuttavia dobbiamo continuamente
vivere della libertà e della purezza del cuore. Qui cresciamo nella gratuità
del dono, affidandoci a quel Dio che non delude mai. È la bellezza del cuore credente. Egli
sa che chiunque viva “nella” e “della” libertà divina non sarà mai deluso,
anche se la storia contingente spesse volte può apparire come una grande
delusione o un drammatico fallimento.
La sapienza che Gesù ci vuole
regalare è quella della fiducia in un Dio che nel mistero di Gesù ha avuto
grande fiducia nei confronti dell’uomo, amandolo all’inverosimile.
Solo “giocando” in questo affascinate
clima divino dell’amore del Cristo per il Padre per la creatura umana, potremo
veramente donare la vita, con e come Gesù sapremo “vivere di quella libertà
divina” che permette d’essere uomini liberi nel cammino quotidiano.
In tal modo regaleremo libertà ad
ogni fratello che incontreremo nelle strade della vita. Ciò che ci deve
chiaramente affascinare è il gusto di maturare nella libertà del Padre e in
questo non temiamo mai nel regalare noi stessi a lui fino a entrare nelle
profondità misteriose del suo volere.
La Celebrazione eucaristia che ci
riunisce, ci insegna ogni domenica ad amare questa meravigliosa volontà
oblativa delle tre Persone divine. Nei doni eucaristici che ci saranno offerti
scopriremo il gusto di amore con il cuore di Cristo in tutte le direzioni della
nostra esistenza personale.
Il suo sangue, che ci è offerto nel
segno del vino, penetrerà in noi e ci donerà l’ebbrezza d’essere battezzati in
quell’oggi del Padre che costituisce la scuola quotidiana della nostra vera
sapienza.
La gioia che scaturirà dal nostro
cuore sarà la presa di coscienza dell’affascinante gusto della libertà divina,
che ci sosterrà nel percorso di questa settimana.
Non temiamo il calice dell’oggi di
Dio, entriamo nel cuore del Cristo inebriandoci della grandezza dell’amore e
potremo percepire quella meravigliosa esperienza di libertà che ci dona il
coraggio nella vita che corre, mentre siamo in cammino verso la Gerusalemme
celeste, dove con tutti i santi canteremo eternamente quella libertà che,
assunta nella Croce del Cristo, ci donerà la bellezza di cantare eternamente il
suo amore con tutti i fratelli.