Gb 7,1-4.6-7 1Cor 9,16-19.22-23 Mc 1,29-39
OMELIA
Il desiderio di imitare continuamente il Cristo ci porta ad entrare nei ritmi della sua giornata e il brano evangelico che abbiamo ascoltato ci presenta il quadro che ha costituito il vissuto ordinario del Maestro: uscito dal rito della sinagoga viene immerso nella storia degli uomini per poi entrare in dialogo con il Padre e costruire la sua esistenza in una grande libertà interiore. È il cammino che Gesù ha percorso nel quale ognuno di noi è chiamato a entrare per poter godere nelle situazioni dell'esistenza una meravigliosa libertà del cuore. È innanzitutto Gesù, partendo da un contesto sacrale, che entra nella storia, con la finalità di seminare speranza nelle personalità di tutti i fratelli. Quando noi guardiamo Gesù che compie i miracoli, la nostra attenzione deve andare al di là del miracolo, che è un segno prodigioso di qualcosa di molto più grande: l'amore all'uomo concreto nella storia di tutti i giorni. È la ritraduzione operativa di quella bella definizione del prologo di Giovanni e il Verbo si fece carne.
È molto
stimolante dal nostro punto di vista di discepoli il percepire come, nella presenza
e nell'agire della persona di Gesù, tutto divenga realtà nuova e questo
attraverso la semplicità del suo comportamento, della sua vera azione fraterna,
delle sue parole. È quella grandezza straordinaria che si rivela
nell'ordinarietà: incontrare Gesù è incontrare l'essere rifatti
esistenzialmente, è quella attrazione che l'uomo nella sua povertà
continuamente desidera. Quanti interrogativi troviamo nella storia, e il libro
di Giobbe che abbiamo ascoltato ce ne ha aperto una piccola finestra. Gesù è
venuto tra noi, ha assunto le dinamiche della nostra esistenza concreta per far
nuove tutte le cose. In tale orizzonte cogliamo un primo aspetto
dell'esperienza di Gesù che noi siamo chiamati a fare nostra: amare la storia
quotidiana con tutta la sua complessità, oscurità, incertezza, provvisorietà,
perché la bellezza del discepolo è fare come Gesù: amare la storia, uscire dal
rito e innamorarci dell'uomo!
Se noi
riuscissimo a cogliere questa prima sfaccettatura della giornata di Gesù,
sposteremmo il baricentro nella nostra esistenza dai nostri pensieri o delle
nostre paure e accoglieremmo nell'incontro con l'umanità la grande rivelazione
di Dio, perché il Signore è entrato nella storia per dare speranza a tutti. Questo
mistero di grande umanità Gesù lo rilegge nell'incontro con il Padre. Infatti
ci possiamo porre la domanda perché Gesù quando era molto presto ed era ancora
buio, si sia ritirato nel deserto. Gesù era la speranza del Padre per gli
uomini, e questa bellezza di essere la speranza del Padre con gli uomini e per
gli uomini, lo porta a entrare in quella solitudine e questa solitudine è
espressione di un cuore che ama essere libero nel camminare nel quotidiano. In
certo qual modo la sua attività messianica poteva ingenerare l'idea del
successo, ma questo lo avrebbe condotto a dimenticare il Padre. La bellezza
della vita di Gesù è confrontarsi con il Padre. Questa preghiera notturna
l'evangelista Giovanni l’ha descritta in modo favoloso affermando: Il figlio da sé non fa nulla, egli fa solo
quello che vede fare dal Padre. È quella solitudine dove l'uomo entra nel
buio della storia, dove l'entrare nel buio della storia è percepire la nostra
radicale povertà in una solitudine senza distrazione perché il Padre ci si
possa rivelare in tutta la sua libertà. È quel dialogo che noi dovremmo
continuamente fare nostro: ricchi di storia la presentiamo e la portiamo al
Padre. Quanti problemi nella nostra storia quotidiana a cui non sempre
riusciamo, non solo a illuminare, ma a sopportare e allora Gesù ci insegna di ritrovare
quell'angolo del silenzio, della solitudine, dove il Padre può parlare in modo profondo
al nostro cuore. Lì l'uomo si ritrova in una povertà ricca di amore dove in
questo deserto lo Spirito Santo parla, il Figlio ci sta accanto e il Padre ci
rivela la bellezza dell'essere amati.
In questo l'uomo,
quando entra nella solitudine di Dio, riscopre la bellezza della propria
umanità, ciò che permette all'uomo di riscoprire la bellezza e il coraggio di
costruire le scelte di tutti i giorni: questo è entrare in una solitudine
notturna. Ricordiamo sempre un principio caro alla scrittura: Dio non parla nel
tumulto della storia, che è sempre da amare, ma nella solitudine del silenzio
quando noi cogliamo la creatività di Dio che penetra dentro di noi. E allora in
questa purificazione interiore dove l'uomo passa dal compiere le cose a stare
in ascolto di Dio, gusta la vera libertà! Davanti ai discepoli che richiamano
Gesù al suo insegnamento apostolico Gesù dice: Andiamocene altrove.
Noi avremmo
fatto un discorso molto diverso. " Se
tutto è andato bene ieri, perché non
utilizzo lo stesso metodo oggi? Ma
Gesù è colui che ha il cuore aperto all'intera umanità nello spazio e nel tempo
della storia umana, e non si lega a questo spazio o a questa storia. Emerge
chiaramente che quel cuore di Gesù si apre al mondo intero - andiamocene altrove - perché a tutti
vuole regalare vita e speranza. E’ il cuore del discepolo che, quando entra
nella libertà di Dio, si libera dagli avvenimenti concreti e si apre a nuovi
orizzonti che danno forza, che danno speranza. Entrando in questo stile di vita
allora il Signore ci dice: “Non avere
paura, ama il tuo oggi anche se non lo capisci, colloca il tuo oggi nelle mani
del Padre e avrai la libertà del
cuore”. Questo è un meraviglioso disegno di vita che noi dovremmo imparare,
soprattutto nella situazione caotica e preoccupante del mondo contemporaneo, e
tutto questo noi lo stiamo celebrando nell'Eucaristia.
Quando noi
la domenica ci ritroviamo a celebrare i divini misteri, in quel momento, noi
entriamo nel silenzio di Dio. Quante parole noi diciamo durante la celebrazione,
e sono più parole umane che parole divino-umane, perché la bellezza di stare
qui in chiesa è il silenzio, dove la persona entra nel mistero di Dio. Ogni
parola come dice la celebrazione eucaristica non è un rincorrersi di gesti o di
preghiere, ma un silenzio di supplica perché il Signore ci riveli il suo amore,
è la bellezza di entrare in quella meravigliosa preghiera che ci fa nuotare
nella storia meravigliosa di Dio. In questa luce la comunione è nient'altro che
il coraggio nelle difficoltà quotidiane di dire al Signore: “Signore tu sei la mia unica speranza!” In
quel silenzio con il quale ci accostiamo ai divini misteri è nient'altro che l’anima
che viene ricolmata dalla libertà di Dio per andare a casa uomini veri che
sanno affrontare la storia nella consapevolezza che siamo amati da Dio. È la
bellezza dell'Eucaristia! Viviamo l'Eucaristia come Gesù che nella notte va a
pregare in un luogo deserto, per accogliere e gustare l’oggi del Padre, e
allora quel pane e quel vino consacrati diventano l'energia per costruire
questa meravigliosa libertà che ci porta a camminare nel tempo senza
meravigliarci di nulla, sapendo che più il cuore è libero, più sa ascoltare, più
sa intuire, più riceve entusiasmo per camminare nel tempo e nello spazio.
Chiediamo
questa grazia soprattutto negli stress della cultura odierna che ci impediscono
di essere uomini liberi, anche se ci sentiamo poveri, delusi, stanchi nella
storia del quotidiano. Nel mistero di Gesù ci sentiamo persone attirate, magari
non spontaneamente, ma con la volontà per entrare in questo mistero del Signore.
Egli nella sua libertà ci regala tutto se stesso perché possiamo in lui essere
liberi di andare nella storia dicendo: “Tu
sei il mio Signore!”, è l'entusiasmo di Paolo che ci ha detto nella lettera
ai Corinti: guai a me se non annuncio il Vangelo! se non
regalassi a tutti fratelli la speranza che viene da Dio.
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