At 9,26-31 1Gv 3,18-24 Gv 15,1-8
OMELIA
La bellezza di crescere ogni giorno come discepoli del Maestro sta nel vivere giorno per giorno come egli è vissuto. Il brano evangelico che abbiamo ascoltato possiamo considerarlo come il testamento che il Maestro ci ha lasciato perché noi potessimo veramente vivere in lui e come lui. Noi siamo chiamati ad essere il suo testamento vivente. A tale scopo questa mattina Gesù ci offre il suo stile di vita perché possiamo veramente crescere in questa comunione divino-umana e realizzare, in modo vero e autentico, la nostra storia. È il trinomio con il quale si è iniziato il brano evangelico di questa mattina: l'agricoltore, la vite, il tralcio. In questi tre aspetti noi ritroviamo il nucleo fondamentale della vita del Maestro perché esso divenga il criterio con il quale noi possiamo effettivamente costruire la nostra esistenza.
Innanzitutto
emerge la figura dell'agricoltore. E qui Gesù ci insegna cosa voglia dire
essere alunni dell'agricoltore, che è il Padre! Quando noi guardiamo la vita di
Gesù e ci chiediamo quale siano stati i parametri sui quali egli ha costruito
la sua esistenza, noi troviamo che essi sono stati di tre tipi, che fanno
l'unità della sua persona:
amare l'uomo,
vivere il concreto della volontà di Dio,
attraverso l'amore agli avvenimenti della storia,
leggere la vita quotidiana con la
divina rivelazione.
Gesù ha
costruito la sua esistenza attorno a questi tre parametri. Quando Gesù ha usato
l'immagine del rapporto tra l'agricoltore e la vite noi scopriamo questi tre
elementi fondamentali della sua esistenza, che hanno la loro base nell'amare
l'uomo! Il testamento che Gesù ha lasciato a noi, suoi discepoli, è che
dobbiamo innamorarci dell'umanità, creando con essa un profondo itinerario di
comunione perché la bellezza della vita di Gesù è stata amare l'uomo, come ci
insegna il prologo del vangelo di Giovanni: Il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi. Ma
come Gesù ha potuto realizzare questa fondamentale vocazione che il Padre gli
ha regalato nella concretezza della sua vita? Egli si è posto nella situazione
di un duplice ascolto: la storia, quella concreta di tutti i giorni e la parola
di Dio che ne era la viva interpretazione. Infatti amare l'uomo vuol dire
amarlo nella sua concretezza esistenziale e amarlo nelle dinamiche della sua
concretezza quotidiana. Immerso nella storia del fratello e dell'umanità, Gesù
interrogava il Padre attraverso la lettura della Scritture. Noi pensiamo tante
volte che Gesù conoscesse tutto il percorso della sua esistenza, Gesù era un
alunno della storia, amava il suo quotidiano, ritrovava negli avvenimenti di
tutti i giorni la parola del Padre. Qualche volta dovremmo entrare anche noi in
questa esperienza di Gesù, che leggeva il quotidiano in un diuturno dialogo con
il Padre, ponendoci questi interrogativi: " Come mai, Padre, accadono
questi avvenimenti? Questi successi e questi fallimenti che valore hanno? Che
cosa mi vuoi dire, Padre, attraverso la concretezza di tutti i giorni? "Qui
ritroviamo il cuore di Gesù che non ama l'uomo in modo assistenzialistico, ma che
ama l'uomo come parola di Dio per lui. Ecco perché il cristiano nel cammino
della sua vita, al termine di ogni giornata, si pone l’interrogativo: "
Padre oggi che cosa mi hai voluto regalare?"
All'interno
di simili interrogativi assistiamo al terzo passaggio: ci si accosta alla
parola di Dio. Leggere la storia con la parola di Dio. E questo per Gesù voleva
dire accostarsi all'Antico Testamento, soprattutto alle illuminazioni dei
Profeti, per potere leggere secondo l'occhio del Padre quel linguaggio che la
storia degli uomini gli presentava. La bellezza di Gesù, del Verbo incarnato, è
tutta in questa sua docilità a quello che il Padre gli aveva regalato. Il Padre
è l'agricoltore che pota la vite perché porti più frutto, perché realizzi
quell'amore all'uomo, vivendo in comunione con lui, accogliendone la storia,
riletta con la Parola divina. Da questo punto di vista, Gesù, attraverso il suo
mistero di incarnazione pasquale, porta molto frutto nella sua vita, perché
genera una armonia universale secondo i progetti divini, diventando la
redenzione dell'intera umanità. La fecondità che scaturisce dalla comunione con
il Padre il Maestro la immette nei tralci, in ciascuno di noi. Egli ha detto: Chi rimane in me e io in lui, porta molto
frutto, perché senza di me non potete far nulla. Gesù risorto rimane in noi
perché noi potessimo rimanere in lui: egli vuole continuare in noi il suo stile
di vita. Ecco perché se il cristiano veramente ritrovasse questo modo di
concepire e di costruire la vita di tutti i giorni si realizzerebbe il
principio, che la prima lettera di Giovanni questa mattina ci ha regalato: Carissimi, se il nostro cuore non ci
rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio.
Quando noi
utilizziamo i tre criteri di Gesù in una meravigliosa sintesi interiore, in
quel momento, il nostro cuore non ci rimprovera nulla: hai amato l'uomo, hai
ascoltato la storia, l'hai letta con la divina rivelazione. Su un simile sfondo
intuiamo che il nostro cammino nel tempo e nello spazio è un cammino dove il
Signore in noi rivive il modo di ricostruire la sua vita e questo criterio, noi
lo dovremmo applicare a ogni frammento del nostro tempo. Se noi dovessimo
chiederci cosa voglia dire essere cristiani, noi avremmo questa risposta: Leggi
la storia, ama la storia, opera nella storia come ha fatto Gesù. Siamo di
fronte al triplice criterio: l'uomo, la sua vita, la parola che viene dall'alto.
Solo in tal modo potremo entrare in una vera esperienza evangelica. In questo
Gesù è il grande maestro, egli ci offre ogni giorno questa linfa vitale, ci
comunica il suo spirito, immette nelle nostre realtà umane il suo stile
d'essere veramente uomo. Ed è interessante come il testamento di Gesù si sia
espresso nell'immagine “vite e tralci”. La vite incarna l'ebbrezza del vino,
che ci richiama al vino eucaristico. Quando noi ci accostiamo all'Eucaristia
siamo inebriati dal vino eucaristico che il Padre ci regala il Mistero, il Figlio
lo condivide con ciascuno di noi, lo Spirito ci inebria perché noi siamo la
loro vitalità nel costruire il quotidiano. E’ la bella espressione in cui
l'apostolo Paolo ha ritradotto la vita di un cristiano: ricapitolare in Cristo tutte le cose. Questo sangue divino dal
cuore che è il Cristo in noi arriva al nostro cervello, al Padre, per poter
regalare nello Spirito Santo la novità del mondo. Ecco allora che venire all'Eucaristia
è un venire alla scuola di Gesù, per essere alunni del Padre. Questa è la
nostra esistenza. Come Gesù è alunno del Padre, noi, come tralci, accogliamo la
vitalità di Gesù e diventiamo anche noi come lui alunni del Padre. Una simile
dinamicità è l'Eucaristia che stiamo celebrando! Il rito è andare a scuola del
Padre come ha fatto Gesù. Entriamo in questo mistero e allora ci accorgeremo
che la vita diventa diversa. L’ istante ha il significato che Gesù ci regala e
che noi, nella nostra creatività e nella nostra singolarità, cerchiamo di fare
nostro. Questa Eucaristia ci dia questa gioia, ogni Eucaristia è cantare la
bellezza della mentalità di Gesù, il suo testamento per poterlo veramente
diventare. Il testamento di Gesù è la persona di Gesù che vive in noi.
Costruiamo così la nostra quotidianità e allora porteremo molto frutto, quello
che Gesù ha vissuto, quello che il Padre desidera e allora saremo uomini nuovi
luminosi come Gesù effettivamente desidera per ciascuno di noi.
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