11 settembre 2016

XXIV DOMENICA T.O. - Anno C -

Es 2,7-11. 13-14                1 Tm 1,12-17                      Lc 15,1 32
OMELIA
Il cristiano è chiamato ad acquisire la vera sapienza lasciandosi introdurre nella storia di Dio.

La parola che il Maestro ci ha rivolto questa mattina è uno stimolo ad entrare nello stile di vita di Dio stesso: la preghiera di Mosè a Dio, nel ricordo della fedeltà ad Abramo, Isacco e Giacobbe, l'esperienza dell'apostolo Paolo nel racconto della lettera a Timoteo, dove Paolo dice d'essere stato immerso nel mistero dell'amore di Dio, la storia di Dio nei confronti dell'umanità. Ed è bello entrare nella storia di Dio per riscoprire la nostra storia, infatti è molto bello riascoltare queste parabole per scoprire chi sia Dio per noi e, l'evangelista  intelligentemente, non conclude il Vangelo perché dice ad ognuno di noi: concludilo nella tua vita.

Ma qual è il senso di questa storia di Dio? E allora scopriamo una verità che, spesse volte, noi non gustiamo nella nostra vita e cioè che, la bellezza della rivelazione, è che Dio ama la libertà dell'uomo.

È molto bello cogliere il senso dell'inizio della parabola: davanti alla scelta del figlio, il padre non pone obiezioni. Il fatto che il padre non ponga obiezioni alla scelta del figlio, ci fa scoprire che la bellezza del Dio della rivelazione, é che egli è innamorato della libertà dell'uomo. Il Dio della rivelazione non da obblighi, il Dio della rivelazione rivela se stesso, il Dio della rivelazione, nel momento in cui ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza, gli ha regalato la sua libertà. È una verità questa, che noi dovremmo continuamente recepire dentro di noi: Dio ama la libertà dell'uomo. D'altra parte, se guardiamo il Dio della rivelazione, ci accorgiamo come la storia di questo Dio, è di un Dio che ama dialogare con l'uomo. E’ un Dio che ama entrare in rapporto con l'uomo e il dialogo, è regalare la propria interiorità all’interiorità dell'altro. Il cuore libero di Dio ama che il cuore dell'uomo gusti la sua libertà.

Ed è interessante, se leggiamo attentamente la storia di Dio nel brano evangelico, come si rivela la bellezza della libertà. Se noi guardiamo attentamente il linguaggio simbolico dell'evangelista ci accorgiamo che la crisi del figlio è espressa nel linguaggio della fame. Noi qualche volta rimaniamo legati al semplice fatto che quel ragazzo ha avuto fame, ma cerchiamo di entrare in profondità: cos'è la fame? E allora ci accorgiamo che la fame è voler mangiare.

E cosa vuol dire mangiare? Vuol dire comunione. Mangiare vuol dire convivialità. Quell'uomo ha avuto la nostalgia della comunione conviviale con il padre. Ha avuto la nostalgia della vera libertà.

Infatti, quando noi possiamo dire di essere liberi?

Quando la nostra esistenza è comunione in una convivialità esistenziale.

E quando dico “convivialità esistenziale”, non intendo il semplice mangiare. La convivialità esistenziale è una meravigliosa sintonia di cuori e quando c'è la sintonia di cuori c'è una autentica libertà! Dio ama vivere la convivialità esistenziale con ciascuno di noi perché ama essere, con noi creature, Creatore che ama la libertà delle creature. I linguaggi ritraducono un’esperienza interiore. E questo lo cogliamo nel dialogo tra il padre e il figlio maggiore dove, il rimprovero che il figlio maggiore fa al padre, è che il padre non gli abbia regalato un capretto per far festa con i suoi amici. I suoi amici sono più importanti della convivialità esistenziale del padre.

La bellezza, vedete, della libertà che deve affascinare continuamente la creatura, è un discorso di comunione, e la vera comunione è la convivialità; il cuore dell'uno nel cuore dell'altro, in una fraternità che va al di là dei limiti storici in cui   una persona si viene a trovare. E questo vedete è importantissimo.

Quando un uomo può veramente cogliere se la sua esistenza è un'esistenza libera, secondo il dono di Dio, che ci ha creati a sua immagine?

Quando nel profondo del nostro cuore, davanti all'altro, diciamo: viviamo nello stesso ideale che pullula e si dilata nel nostro cuore. Quella è libertà!

Spesse volte noi dimentichiamo questo valore fondamentale della fede. Com'è triste quando pensiamo che il cristiano sia chiamato a fare tante cose, tanti riti, tanti atteggiamenti moraleggianti, tante tradizioni che sono più gloria degli uomini che comunione con Dio!

La bellezza della vita è godere questa comunionalità di cuori, dove noi cantiamo la libertà. Quando l'uomo è in comunione con Dio sa vivere la comunione come  libertà con i fratelli e, in quel momento, gustiamo la gioia di Dio. Quando Dio è veramente contento?

Quando quell'uomo, a cui ha regalato la libertà, ritrova il gusto della libertà, la gioia di Dio!

Quando nelle due parabolette Gesù ha detto “c'è più gioia in cielo per un peccatore che si converte, che per novantanove giusti” Gesù ha detto una cosa molto semplice: quando noi esercitiamo la vera libertà evangelica, Dio  è contento! Perché la bellezza della vita è gustare la gioia di Dio che ci chiama alla libertà del cuore.

Quando noi non entriamo in questa esperienza, amiamo le schiavitù storiche che sono gratificanti, l’io psicologico, e non spalanchiamo la vita sulla grandezza dell'amore inesauribile di Dio. Ecco perché questa mattina Gesù vuol vivere la sua storia con noi,  vuol regalarci la sua libertà attraverso questa convivialità esistenziale che è la fede, in un cuore che si apre ad una presenza, che diventa condivisione del senso della vita e si ritraduce nella convivialità eucaristica, dove il mangiare è gustare la gioia di Dio che ama la nostra libertà. E poiché nella nostra esistenza siamo tanto peccatori, quindi gustiamo le schiavitù della storia,  tuttavia ci dà la sua libertà, la bellezza dell'eucaristia.

Dio ama così intensamente la nostra libertà, che ci libera dalle nostre povertà.

Questa sia l'eucarestia, questo sia l'incontro creativo dello Spirito Santo nei nostri confronti, in modo che quando il cuore è in dialogo con Dio e di riflesso verso i fratelli, in quel momento, gusta una libertà che è gioia. E quando l'uomo è interiormente libero - direbbe sant'Ignazio di Antiochia – anche le catene storiche sono meravigliosi gioielli per poter gustare questa meraviglia, che è la libertà di Dio.

Viviamo così questa settimana, con un cuore aperto. Non guardiamo troppo a tante cose esteriori, guardiamo solo alla libertà del cuore e, in quel momento, gusteremo la bellezza della vita perché, liberi, regaliamo libertà, e regalando libertà, cresciamo in quella comunione meravigliosa che è la bellezza, il senso e la profondità della nostra vita.
 
 
 
 
-

Nessun commento:

Posta un commento