14 gennaio 2018

II DOMENICA T.O. - Anno B -


1Sam 3,3-10.19      1Cor 6,13-15.17-20                      Gv 1,35-42              

OMELIA

Dio Padre domenica scorsa orientava lo sguardo del nostro cuore al grande impegno che doveva qualificare la nostra vita: seguire Gesù. Quella attrazione oggi diventa ancora più chiara nelle parole di Giovanni il battezzatore il quale afferma che Gesù è la luce che illumina e purifica il cuore dell'uomo perché l'uomo possa essere una creatura nuova.

L'annuncio del Padre si ritraduce ulteriormente nelle parole del battezzatore, che qualifica il Figlio come Agnello. In questo annuncio scopriamo la dinamicità e il senso della nostra esistenza. Infatti dovremmo comprendere come il fatto di rileggere la chiamata dei primi due discepoli dovrebbe stimolarci a rileggere la chiamata di ognuno di noi perché quella parola che ci ha raggiunto possa veramente essere feconda nella nostra esistenza.

Appare chiaro che il grande protagonista di questo nostro cammino è Gesù, è lui il vero oggetto del nostro desiderio e la vera luce che illumina i nostri passi, è lui il vero calore che infiamma il nostro cuore e opera attivamente nelle nostre scelte quotidiane. Quell'annuncio di Giovanni il battezzatore diventa l'anima di quei due discepoli e si incarna nell'anima di ciascuno di noi che risente continuamente quell'annuncio, destinato a diventare il principio del nostro camminare quotidiano.

La parola di Dio è il cuore del nostro camminare perché Gesù, attraverso quella parola, conquista profondamente le nostre persone e ci mette nella condizione di camminare, di regalare tutta la nostra esistenza in questo processo di progressiva identificazione con il Maestro.

Quello che la Parola genera in ciascuno di noi diventa il principio del dialogo che caratterizza il rapporto tra Gesù e i discepoli, dove questo dialogo, secondo la caratteristica del vangelo di Giovanni, parte dalla persona di Gesù. Non siamo noi che seguiamo il Maestro, ma il Maestro attraverso la parola ci affascina e diventa il primo interlocutore: che cosa cercate?

Qui noi riscopriamo la bellezza all'interno della nostra vita. Quella parola che ha raggiunto il nostro cuore, che determina le nostre persone, diventa l'anima della nostra ricerca. Chi è il discepolo se non il ricercatore dell'oggi di Dio?

È colui che con Samuele continuamente dice “Parla o Signore che il tuo servo ti ascolta!”, poiché la parola di Gesù, ma soprattutto la sua persona, rappresenta l'anima della nostra anima.

Ma quel cercare che caratterizza i discepoli si ritraduce nella seconda affermazione che è la risposta che i discepoli danno a Gesù: dove dimori Maestro? Qui riscopriamo l'anima, il nucleo dell'essere discepoli.

Noi, forse, avremmo chiesto a Gesù: che cosa devo fare in questa mia ricerca?

I discepoli invece dicono esattamente quella che deve essere l'anima della nostra ricerca: dove dimori Maestro? Qui noi abbiamo il riflesso del grande annuncio del prologo “e il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi e noi vedemmo la sua gloria”. La bellezza del conoscere Gesù, del camminare con Gesù, è dimorare dove dimora Gesù.

La bellezza del discepolo è un'intensa vita di comunione. In certo qual modo risuona nelle nostre orecchie la parola centrale del discorso di Gesù nell'ultima cena “come il Padre ama me, così io amo voi. Rimanete nel mio amore”. Con queste espressioni Gesù ci potrebbe voler dire: vivete la mia esistenza, entrate nella mia comunione, gustate la mia intimità, poiché qui troviamo il criterio di conoscenza. Dimorare in Gesù è il senso della nostra esistenza, è quella diuturna  relazione che Gesù ha stabilito nel nostro cuore attraverso la Parola, quella relazione che diventa un rapporto con la sua persona, che diventa il gusto di essere veramente in comunione con Lui, divenendo progressivamente una persona sola con Lui.

Quando c'è la comunione c'è la conoscenza, c'è l’imitazione, c'è il senso portante della vita dove la bellezza della vita diventa quel “venite e vedrete”.

È la comunione che attira, è la comunione che ci permette di conoscere, è la comunione che ci permette di vedere il Maestro.

Noi spesse volte, presi dall'agitazione per le tante cose, non abbiamo più il gusto del vedere, che è un riposare spiritualmente nell'altro. Il vedere è l’attrazione in una intimità che esalta il cuore, che ti dà la speranza e ti offre la capacità di vivere il possibile nell'impossibile, è quella attrazione che caratterizza il Vangelo di Giovanni.

In questo noi avvertiamo che la vocazione a essere discepoli è il gusto del cercare, del dimorare e di riflesso del seguire. Quando noi siamo con il Maestro, la vita diventa diversa; quando noi abitiamo nella persona amata il seguire non è tanto camminare, ma è il divenire storico di una pienezza che riempie profondamente il nostro cuore.

Il seguire non è più semplicemente obbedire, il seguire è far fiorire il dimorare della persona di Gesù. Il confronto che noi abbiamo continuamente con il Maestro nasce da un cuore abitato profondamente da lui. Se vogliamo percepire una simile esperienza potremmo partire da una condizione psicologica che tutti conosciamo. Quando vogliamo fare un regalo a una persona che amiamo veramente, non le chiediamo cosa voglia di regalo poiché l'intimità che si sta vivendo ci suggerisce quello che all'altro piace e in questo gli offriamo un regalo che il cuore della persona amata profondamente sta desiderando. Nel dimorare in Gesù noi avvertiamo i desideri più profondi che Gesù ha nei nostri confronti, è la bellezza dell'obbedire che è dare e dire a Gesù quello che egli desidera e cerca in ciascuno di noi.

In questo noi entriamo nella sapienza di Gesù, tutta la nostra persona è ritradotta nel suo mistero, trasfigurata nella sua persona. Il dimorare in lui diviene la certezza di non essere soli, perché con lui cresciamo ogni giorno in una profonda intimità. Quando l'uomo vive un'intensa comunione interpersonale, in quel momento, ha il gusto della vita anche nelle tribolazioni storiche.

Il discepolo non è quello che fa, ma quello che dimora nella persona del Maestro per ritrovare in Lui la bellezza e il gusto della vita.

L'Eucarestia che stiamo celebrando è rivivere quell’esperienza di Samuele che dice: Eccomi! In quell'eccomi “parla o Signore, che il tuo servo ti ascolta” riscopriamo la gioia del dimorare nel vero tempio che è Gesù.

L'Eucarestia non è mettersi in fila per fare la comunione, ma gustare una presenza nella quale siamo continuamente. Entrando in questa affascinante avventura, la bellezza dell'Eucarestia è un dimorare sacramentale in Gesù in vista del dimorare eterno.

Dice l'evangelista che i discepoli mangiano con Lui quel pomeriggio e il pomeriggio è il principio della sera e della notte: la Gerusalemme del Cielo. Con un simile atteggiamento entriamo in modo gustativo nella relazione con Gesù che abita in noi sempre più intensamente, per farci abitare eternamente in quella gloria affascinante che è il criterio vero della vita. Gesù ci chiama, in Gesù dimoriamo, con Gesù gusteremo la trasfigurazione gloriosa.

Questa sia la forza che è dentro di noi perché quella parola che Gesù è veramente la luce che purifica, riscalda e rigenera l'uomo dimori in noi. Ora noi dimoriamo attraverso la parola del sacramento nel Maestro e allora avvertiremo questo sapore di eternità che è la forza del nostro istante.

Questo sia il nostro impegno, questa la nostra vocazione, questo il gusto della nostra vita e chi dimora nel tempo in Gesù, eternamente rimarrà con Gesù nella gloria eterna.




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