01 marzo 2020

I DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO A)


Gen 2,7-9; 3,1-7     Rm 5,12-19     Mt 4,1-11

OMELIA

L'incontro quotidiano con il Cristo ci introduce continuamente nell'esperienza delle meraviglie del Padre e nel particolare momento del tempo quaresimale, in modo straordinario, siamo chiamati a vivere ciò che è ordinario. I grandi orizzonti della fede, in questo periodo, animano la nostra storia e il cammino penitenziale è lo sviluppo più energico di questa esperienza, che ci deve continuamente avvolgere, per darci l’intensa gioia di essere discepoli del grande protagonista della quaresima, Gesù Cristo. La sua voce ci illumina, ci guida e ci consola. Riusciamo a intendere allora la pericope evangelica delle tentazioni, che ha il suo punto di partenza nella manifestazione di Gesù, nel battesimo al Giordano. Là il Padre ci aveva detto chi fosse il Figlio: “Questi è mio figlio, l'amato, nel quale ho posto il mio compiacimento”. Tutto quanto caratterizza il suo volto deve però passare nella vita. Dal battesimo al Giordano, guidato dallo Spirito, egli entra nella dinamica del deserto, per sperimentare la tentazione.

 Che cos'è questa tentazione alla quale Gesù è sottoposto e che diventa lo strumento perché noi tutti, sul suo esempio, possiamo veramente entrare nell’intimità del Maestro? La tentazione è il linguaggio del vissuto quotidiano, che ci permette di approfondire la nostra identità di discepoli: il Padre, attraverso la nostra storicità, vuole mettere in luce ciò che abbiamo nel cuore.

 Per entrare in questa visione, dobbiamo avere la chiara convinzione che dobbiamo imitare il Cristo, Gesù-uomo che dopo aver ascoltato la voce del Padre è condotto dallo Spirito nel deserto, perché, attraverso la sua storia, egli possa comprendere lentamente e progressivamente la volontà del Padre. La tentazione è il linguaggio del Padre per indicare al Figlio la via per ritrovare se stesso e noi riusciamo a comprendere come ciò avvenga in questo tempo delle tentazioni, che è il tempo di tutta la sua vita. È sicuramente interessante capire come egli, davanti alla difficoltà, si richiami continuamente alla fedeltà di Dio. Gesù supera le tentazioni attraverso tre citazioni del libro del Deuteronomio. La storia è un punto di domanda, la storia diventa tante volte oscurità per il nostro cammino, ma Gesù ci dice che la fedeltà del Padre è legata alla storia. Cita il Deuteronomio, il libro che narra la fedeltà di Dio, che narra la sua storia nei confronti del suo popolo, che narra le meraviglie che hanno accompagnato Israele per tutto il tratto del suo deserto, prima di giungere alla terra promessa. La fedeltà di Dio è il coraggio di Gesù nell'affrontare le difficoltà della storia.

Le tentazioni fanno emergere veramente ciò che noi abbiamo nel cuore. Possono darci la sensazione che il volto di Dio si nasconda, perché tante volte, davanti alla vita, nascono interrogativi a cui non sappiamo più rispondere. Se il nostro cuore però ricerca continuamente la comunione con Dio, se il nostro cuore come quello di Gesù vuol riposare nella mentalità del Padre, allora la tentazione non solo diventa il progressivo svelamento di quello che c'è nel nostro cuore, ma anche di quanto il nostro cuore sia intensamente amato da Dio. Dovremmo educarci a “imparare” quanto la presenza del Signore sia l'anima della nostra esistenza. In un simile orizzonte, quali sono gli aspetti che potremmo cogliere in questa prima domenica di quaresima, in cui veniamo richiamati alla profondità della nostra vocazione, a essere cioè veramente discepoli?

Innanzitutto, la tentazione è luogo dell'amore di Dio. Possiamo illuderci, come uomini religiosi, di essere anche credenti, ma ciò che è nel cuore appare in tutta la sua chiarezza quando, nel confronto diuturno con la storia, siamo richiamati a entrare in noi stessi, a guardare effettivamente quello che abita il nostro cuore e nello stesso tempo a leggere tutto partendo dalla presenza del Maestro. La tribolazione, camminando mano nella mano con il Maestro, diventa luminosità, libertà, coraggio nel costruire la storia di ogni giorno. Davanti alla consuetudine di leggere gli eventi storici attraverso indagini semplicemente umane, Gesù ci insegna oggi che, se vogliamo essere suoi discepoli, dobbiamo avere la sua mentalità, la mentalità della comunione con il Padre, nella quale ritrovare e riscoprire la bellezza della nostra identità.

La tentazione per noi credenti è scuola quotidiana per giungere alla verità del nostro essere discepoli: avere la mentalità di Gesù, leggere la storia con il suo cuore, amare gli uomini con il suo stile fraterno. Tutto questo comporta che noi dobbiamo entrare nella essenzialità della vita. Tante volte siamo accompagnati da letture delle vicende che facilmente ci conducono in una grande nebbia esistenziale. Abbiamo paura di vivere, ci lasciamo turbare eccessivamente dagli avvenimenti concreti, perché siamo nella nebbia del cuore. Viviamo una cultura della dispersione. L'essere discepoli, e l'essere discepoli del Signore, comporta che noi continuamente veniamo condotti o ricondotti al nucleo fondamentale della nostra vita. L'uomo, quando vuol ritrovare se stesso, riscopre che in Gesù è veramente uomo, con Gesù costruisce il tempo e lo spazio, per Gesù fa le scelte quotidiane. Quando noi dovessimo ritrovare il nucleo essenziale del nostro cammino storico, dovremmo imparare che il cristiano è colui che interiorizza in modo costante la sensibilità di Cristo. Il mistero della quaresima è il mistero dell'essere discepoli, che lentamente diventano quel mistero che è Cristo Gesù. Ecco perché dovremmo far fiorire continuamente nella nostra esistenza la grande convinzione che la nostra identità si chiama Cristo Gesù.

La prova nella quale possiamo effettivamente cadere è dimenticare che la nostra storia è nel disegno creativo del Padre. Ecco perché, quando vogliamo veramente diventare discepoli del Maestro, dobbiamo, giorno per giorno, istante per istante, pregare: “Illumina la mente, riscalda il cuore, perché io possa fare veramente la scelta che è Cristo Gesù”. Il tempo della quaresima non è un tempo di penitenza, come noi tante volte diciamo, ma è un tempo di verità della nostra vita, del nostro concreto, per rileggere nell'essenzialità una storia che diventa sempre più complessa. La quaresima è far fiorire la nostra dignità di uomini secondo il disegno del Padre.

In questa visione possiamo dire che, come Gesù nel cammino della sua storia lentamente si è avvicinato al dramma dell'orto degli ulivi, così noi lentamente, giorno per giorno, entrando nel mistero di Gesù, ci accostiamo all’evento pasquale. In quel nostro fidarci del Padre, affidandoci al suo amore, noi tutti veniamo condotti a quel nascondimento che ci fa crescere nella luminosità dell'esperienza della risurrezione. In Gesù ci ritroveremo salvati, purificati, rinnovati, diventeremo veramente discepoli. È bella la quaresima, quando viene vissuta nel mistero di Gesù, nel quale ritroviamo noi stessi, la gioia di lasciarci amare nei nostri limiti e nelle nostre povertà, di essere continuamente messi alla prova da Dio, che vuole fare della nostra vita la luminosità della sua presenza.

Ecco perché l'Eucaristia è chiamata il “sacrificio pasquale”: è il sacrificio pasquale di Cristo, che santifica la quaresima. Ritrovarci nell'Eucaristia è ritrovarci in una luce che va al di là di noi, che penetra il nostro spirito, che ci fa inoltrare in un cammino che è più grande di noi e che non è solo luce, come la Parola, che continuamente ci accompagna. Essa va oltre: entra nel cuore, lo determina, lo riscalda, gli dà lo stupore e l'entusiasmo della vita. La penitenza allora è cantare la gioia di essere amati da Dio.

 Leggiamo in positivo questo cammino al quale il Signore ci sta richiamando, in modo che non siamo turbati come quelli che non hanno speranza, perché il nostro cuore è innamorato del Maestro e lo prende come criterio di vita. Non temiamo se la vita ci pone dinanzi a tante prove o a tante difficoltà, perché lui è con noi e la gioia di lasciarci trasformare da lui è la bellezza della nostra storia. Nella liturgia bizantina il tempo quaresimale è chiamato tempo della gioiosa tristezza, gioiosa perché siamo con il Signore, tristezza perché non siamo come il Signore. Se però noi sappiamo alimentare la gioia del Signore che è dentro di noi, ci proiettiamo in avanti e possiamo camminare in novità di vita.

Questa sia la luce che Gesù ci regala attraverso il mistero della sua vita, continuamente provata, perché anche noi non abbiamo paure e in lui siamo continuamente chiamati dal Padre ad essere sempre più puri di cuore, per leggere anche gli avvenimenti dei nostri giorni con più speranza e più ottimismo. Vivendo di Gesù, il nostro morire quotidiano divenga un risorgere, per giungere alla Pasqua, dove, nell'amore di Gesù, scompariamo agli occhi degli uomini, per apparire gloriosi nella sua risurrezione. Questa è il percorso che vogliamo insieme elaborare in questa quaresima, in modo che il Signore sia il Signore di tutti e in lui perdonati, rifatti; in comunione col Padre, siamo uomini dell’autentica gioia.




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