08 marzo 2020

II DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO A)


Dn 9,4-10     Rm 5,12-19     Mt 4,1-11

OMELIA

Riprendiamo il punto di partenza di quello che lo Spirito ci diceva domenica scorsa: la quaresima è il tempo in cui prendiamo coscienza, in modo del tutto particolare, della nostra chiamata ad essere discepoli. Una simile esperienza passa attraverso la prova della storia quotidiana, che per noi è rappresentata anche dalla grave malattia che investe l'umanità in questi giorni. Di fronte a una simile prova si evidenzia come il cristiano si senta investito, effettivamente e concretamente, del ruolo di leggere la storia con la sua fede, che lo conduce ad una intensa riflessione spirituale. Nella tribolazione Gesù ha rivelato la sua fede, in linea con il libro del Deuteronomio, mettendo in luce la fedeltà del Padre. Noi oggi siamo chiamati a rivivere questa esperienza, attraverso la speranza che la chiesa ci ha regalato con l'episodio della trasfigurazione. Nel percorso quotidiano, il cristiano si domanda quale sia la meta della sua storia. Con la luce che viene dall'alto, la tribolazione ci permette di comprendere chi effettivamente siamo, e nello stesso tempo ci indica la meta verso la quale stiamo andando: la meravigliosa figura di Gesù, che ha la stessa luminosità degli angeli la mattina di Pasqua.

 In questa luce veniamo chiamati a vivere la tribolazione come prova, che ci permette di entrare nel grande mistero dell'amore di Dio. È quello che ha detto Paolo nella seconda lettura. Se siamo tribolati nel cammino quotidiano, guardiamo alla meta, sapendo che la stiamo già vivendo, perché già oggi gustiamo l'esperienza della risurrezione. La caratteristica del discepolo è morire e risorgere, risorgere e morire continuamente, per una radicale rigenerazione della propria persona. La sua dialettica esistenziale è vivere l'esperienza di Gesù che, oggi glorioso, ha i segni della passione. Egli non vuole lasciarci soli nella tribolazione, in una situazione di desolazione, ma la sua presenza è di grande speranza, tant'è vero che, nel prefazio, la preghiera prima della preghiera eucaristica, in quel momento in Gesù e insieme a lui, così pregheremo: “Egli, dopo aver dato ai discepoli l'annunzio della sua morte, sul santo monte manifestò la sua gloria e chiamando a testimoni la legge e i profeti indicò agli apostoli che solo attraverso la passione possiamo giungere al trionfo della risurrezione”. Per aiutare i discepoli a vincere lo scandalo della croce, Gesù ha rivelato in anticipo la luminosità della risurrezione. Il discepolo perciò non è mai solo con le sue difficoltà, il discepolo ha dentro di sé l'esperienza della risurrezione, del mondo nuovo.

 Ma come possiamo vivere questa esperienza? È molto bello ascoltare il momento della vocazione di Abramo. In questo evento cogliamo la dinamica della nostra esistenza: “Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò e renderò grande il tuo nome”. Riascoltando questo testo ci chiediamo: “Come possiamo, nella cultura di oggi, davanti agli interrogativi della vita, riuscire a rileggere la nostra storia in modo positivo?”. In quel “Vattene dalla tua casa, dai tuoi, dalla tua patria” possiamo così rileggere la nostra storia: “Oggi parti da quello che è il tuo io, da quello che sono i tuoi desideri, da quelli che sono i tuoi punti di vista, e mettiti in un cammino dove lentamente potrai gustare le meraviglie del Signore, che opera nella tua umanità”. Ecco perché è molto bello riascoltare nel testo della Genesi un simile itinerario, perché lì si evidenzia il cammino dell'uomo: “Vattene, abbandona quello che per te è una sicurezza storica, per un cammino più grande”. Non lo stiamo sperimentando nella storia di questi giorni? Di fronte ai punti interrogativi odierni la parola divina ci dice: “Vattene dal tuo modo di leggere la storia, che è impregnato di categorie psico-sociologiche, e affronta qualcosa di nuovo nella luminosità della risurrezione”. Non abbiamo mai pensato quale novità il Signore ci stia preparando, in questa apocalisse contemporanea? Tutto nel progetto di Dio ci rivela sempre qualcosa di grande. Neanche Abramo sapeva dove stesse andando, ha lasciato il suo mondo e si è messo in cammino, con la promessa che sarebbe stato benedetto. L'uomo che vuole entrare nella novità della vita imita Abramo, nostro padre nella fede, per entrare in un cammino che lo porterà alla luminosità di Gesù.  L'importante è camminare nella fede.

 Ci apriamo allora al terzo passaggio. Il Padre ci ha detto: “ascoltatelo!”. Il confronto con la vocazione di Abramo è chiaro: essa nasce dall'ascolto.  Se il punto di partenza per entrare nella luminosità di Gesù è evidente, l'atteggiamento dell'ascolto anima il percorso che noi dobbiamo continuamente imparare ad assumere. Ora uno ascolta quando esce da se stesso, per porsi in una proiezione in avanti. Noi non sappiamo ascoltare, perché abbiamo tutti i nostri pregiudizi, tutti i nostri modi di vedere la vita, l'insieme delle nostre schiavitù che non ci permettono di leggere in libertà la nostra storia.

 Questi, per tutti noi, sono giorni di intensa riflessione interiore. Come può guidarci Gesù in questa drammatica situazione? Il problema è tragico, perché l'uomo ha dimenticato di guardare verso l'alto. Papa Francesco ci ricorda, con un'espressione molto bella, il primato del tempo sullo spazio, del tempo sulla storia. La storia è lineare, orizzontale, è una successione di ieri oggi domani. Il papa ci dice che occorre partire dalla storia di Dio, per l'interpretazione del tempo e dei suoi avvenimenti. Dio si cala nella storia oggi, oggi ci sta parlando: ”Ascoltatelo!” Siamo chiamati dallo Spirito Santo a rileggere la nostra esistenza partendo da qualcosa di più grande rispetto a noi. Allora si incontra un criterio molto bello: la fedeltà divina. Quando l'uomo è eccessivamente concreto, pensa di acquistare il mondo, ma perde se stesso. Per le due grandi potenze, l'America e la Cina, è bastato un virus che ha fatto saltare tutto, perché l'uomo costruisce troppo la sua vita sull’organizzazione, dimenticando la creatività che viene dall'alto.

La bellezza della trasfigurazione è vivere la creatività che viene da Dio. Non c'è niente come il salmo 120 che ci aiuti a rileggere la storia con l'occhio di Dio. Dice il salmo: “Alzo gli occhi verso i monti, da dove mi verrà l'aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore che ha fatto cielo e terra”. In questo testo poetico si narra la bellezza dell'esodo. Domenica scorsa si diceva quanto fosse importante rileggere gli avvenimenti di oggi con la Parola, ora noi siamo nella vivente luminosità di Dio.  Con questo criterio possiamo maturare nel nostro cammino. La luce divina appare continuamente attraverso il partire, l’entrare in un mistero dove siamo chiamati ad ascoltare, per scoprire che il mistero più profondo è l'uomo che si lascia trasfigurare. La bellezza della nostra umanità è più grande degli sconvolgimenti storici, è la luminosità dell'essere uomini.

Se noi riuscissimo a rileggere i tempi attuali in questo modo, la vita diventerebbe diversa e non ci sarebbe solo il buio, perché la fede ci fa trovare una luce, che è il Signore che penetra dentro di noi: l'Eucaristia. Ritrovarci attorno al Signore per potere dire “Tu sei il Signore, la luce nelle tenebre”, ci permette di partire dall'io per vivere il suo disegno di autenticità di vita e, attraverso il noi, camminare davanti, verso una meta che concretamente non conosciamo, ma che interiormente sappiamo essere la luminosità del nostro risorgere in Gesù. Se noi riuscissimo a rileggere così la nostra storia, saremmo persone molto diverse, anche se tante volte cadiamo nel pessimismo, perché le cose non vanno bene. Tuttavia, la speranza è quello che Gesù ha fatto per quei discepoli: “Non abbiate paura se io devo andare in croce, il terzo giorno sarò luminoso! Non abbiate paura d'avere tante prove nella vita, sarete uomini autentici! Questa è la bellezza che noi potremmo trovare in questo cammino quaresimale per cui tutto quello che la chiesa ci può offrire ha un unico scopo: darci la speranza di essere noi stessi in Gesù, nonostante le difficoltà di tutti giorni.




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