12 ottobre 2020

XXVIII DOMENICA T.O. - (ANNO A) - DEDICAZIONE DELLA CHIESA

 Ez 43,1-2.4-7                    1 Pt 2,4-9            Gv 4,19-24

OMELIA

Ogni discepolo del Signore è un ricercatore costante del volto del Maestro e questa esperienza appartiene alla nostra vita quotidiana. Egli è profondamente consapevole che il Signore è presente in ogni uomo, il Signore è presente nel tempo e nello spazio. Usando una bella espressione di Papa Benedetto, il Signore è presente nella bellezza del creato. Il cristiano continuamente è alla ricerca del gusto del volto del Signore.  Oggi la Chiesa ci raduna per celebrare il giorno in cui questo luogo è stato dedicato per glorificare le tre Persone Divine e per riscoprire la gioia d'essere, in loro, fraternità. In tale circostanza noi ci ritroviamo riuniti perché diveniamo veramente consapevoli della presenza del Maestro. Volendo dare verità a tale ricorrenza, noi dobbiamo andare al principio che abbiamo ascoltato nel testo evangelico: “Viene l'ora, ed è questa, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità”. Non è più un luogo il momento in cui adoriamo il Signore, ma adoriamo il Signore in spirito e verità, in una esperienza profondamente interiore, nella quale noi facciamo comunione. Dio non abita in nessun luogo, Dio abita in una comunità riunita. Ecco perché il cristiano ha davanti a sé questo ampio orizzonte dall'esperienza di Cristo in ciascuno di noi, attraverso la coscienza che il Signore cammina con noi nel tempo e nello spazio, nel ritrovarci insieme per godere la presenza del Signore.

Se questa mattina noi ci siamo riuniti, è per dare un volto al Signore risorto. Cristo è sempre presente nel cammino dell'umanità, ma in modo particolare, quando l'assemblea si riunisce, il Signore è presente sacramentalmente. Se ci poniamo la domanda “Perché settimanalmente noi ci ritroviamo a celebrare i Divini Misteri?”, la risposta è una sola: “Per gustare una presenza luminosa”. Questa mattina siamo venuti tutti qui per dire: " Vado con i fratelli a gustare una Presenza!" È la Presenza che noi cogliamo attraverso una esperienza che è il silenzio orante. Sono due aspetti che noi spesso volte non percepiamo a causa dell'essere distratti da tante cose. Noi percepiamo questa Presenza in mezzo a noi attraverso una intensa esperienza di silenzio interiore. Infatti, cosa sono i riti, cosa sono le parole che diciamo o i canti che offriamo, se non il linguaggio sacramentale di un'intensa vita di silenzio? Il silenzio ci permette di vivere il fascino di una Presenza. Noi spesse volte pecchiamo nel voler vedere Dio, nel voler sentire delle parole, nel proclamare dei canti, e dimentichiamo che questa gestualità è il linguaggio del silenzio del cuore. Ricordiamoci sempre che Dio abita il silenzio, perché il silenzio nasce da un fascino che prende ciascuno di noi davanti alla bellezza di Dio.

È interessante guardare l'iconografia delle chiese del primo millennio dove, attraverso le pitture, gli alto e bassorilievi, i mosaici, le vetrate. In queste espressioni artistiche si indicava la gioia d'essere immersi nella storia di Dio. La chiesa diventa perciò, come luogo, un ricordo del Mistero che è in mezzo a noi. Siamo nella storia di Dio, questa storia di Dio che ha il suo nucleo essenziale nella divina presenza delle tre Persone Divine. Come sarebbe bello se il nostro ritrovarci in mezzo alla comunità cristiana in cammino fosse veramente la gustazione dell'essere nella storia di Dio! Ecco perché il silenzio è coniugato con la preghiera, perché la preghiera è il luogo del darsi della libertà di Dio. Una delle cose belle che noi dovremmo sperimentare quando ci ritroviamo in assemblea è l'agire creativo di Dio: Padre, Figlio e Spirito Santo si comunicano a tutti noi, perché noi possiamo venire inebriati dalla loro presenza. Il cristiano non va in chiesa perché deve andare, ma va in chiesa perché, con i fratelli, vuol gustare il Risorto. Se noi partissimo da questa visione, riusciremmo a comprendere quello che ha detto Gesù attraverso l'evangelista Giovanni: "Né su questo monte, che è il monte Garizim, né in Gerusalemme, il tempio materiale, voi date gloria a Dio ma quando, nella comunione fraterna, respirando la comunione dello Spirito Santo, gustate la mia presenza." Se non percepiamo questo grande mistero, la chiesa diventa un bel museo d'arte, ma non è la chiesa di Gesù. 

Partendo da questa visione, il centro attorno al quale noi possiamo veramente gustare la presenza di Gesù è andare al suo gesto: il Signore è il mezzo a noi. Contemplandolo, dovremmo da questo punto di vista utilizzare un po' la fantasia, perché noi spesse volte facciamo la semplice esperienza che siamo nei banchi, c’è un altare sopraelevato, ma dimentichiamo il gesto originario: è Gesù che presiede un banchetto con lui al centro, lui che prende il pane e rende grazie, lui che prende il calice e rende grazie, e attraverso la convivialità si regala a ciascuno di noi. La celebrazione eucaristica è il gusto di una convivialità con lui. Una simile convivialità con lui è la bellezza dell'essere insieme: è il Signore in persona in mezzo a noi, che ci dice: “Ecco il mio corpo, prendi e mangia!”. “Prendi il mio calice, accostati al mio sangue e bevi!”. È un’ebbrezza che nasce da questa meravigliosa esperienza del Signore in mezzo a noi. E allora ci accorgiamo che tante nostre chiese hanno dimenticato la presenza del Signore, eppure la verità di ogni luogo è una comunità innamorata di Gesù.

Ci accorgiamo allora che il ricordare la dedicazione di una chiesa non è ricordare un luogo, ma il prendere coscienza d'essere nel sacramento di una Presenza. Siamo noi qui riuniti che diamo valore a questo luogo, perché noi siamo innamorati di Gesù. Fuori da questo orizzonte, noi dovremmo essere veramente nella convinzione di non essere veramente uomini evangelici.

Tornando a casa, condividiamo questa esperienza favolosa che noi facciamo nella comunità riunita, perché possiamo diventare una vera comunità feriale nello stile del vangelo.  Ciò che celebriamo qui nell'assemblea diventi sacramento, in modo che ciò che viviamo a casa s'incarni in una esperienza dove il fascino di Gesù determina i nostri rapporti umani. Celebrare l'Eucaristia non è celebrare un semplice rito e chiudere un libro, ma gustare la Presenza che rende fecondo il quotidiano, nel fascino Gesù. Veniamo qui in assemblea a gustarne la luminosa presenza, mangiando e bevendo con lui, per tornare a casa lasciandoci immedesimare nella sua persona che ci rende, nella semplicità ordinaria, un meraviglioso sacramento. Dovremmo nel feriale comunicare l'amore di Gesù, senza parlare di lui verbalmente. Se noi entrassimo in questa visione riusciremmo a comprendere la comunità cristiana che, nel momento in cui celebra il ricordo della dedicazione di una chiesa, non è attenta ad un luogo di mura, ma ad un luogo di fraternità, che dà alla luce il volto luminoso e glorioso di Gesù. Viviamo così questa celebrazione e allora ci accorgeremo che la chiesa deve essere la più semplice di questo mondo, perché Dio è semplice, è essenziale perché vuole dare unità alla nostra persona umana. E allora viviamo così questa celebrazione, in quel silenzio orante dove ogni gesto che poniamo è una preghiera che diventa incarnazione, per poter respirare la bellezza del Divino che penetra il nostro spirito, dà l'entusiasmo nella vita, pur con tutti i guai che ci sono, perché il Signore è veramente in noi, in mezzo a noi, e per noi continuamente dona la sua meravigliosa e luminosa Presenza.


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