10 agosto 2020

XIX DOMENICA T.O. - (ANNO A)

1Re 19,9.11-13      Rm 9,1-5      Mt 14,22-33                      

OMELIA

Domenica scorsa Gesù ci ha condotti nello stupore delle sue meraviglie attraverso il miracolo della moltiplicazione dei pani. Paolo a sua volta ci ha fatto intuire che nulla lo avrebbe mai separato dall'amore di Cristo. La bellezza dell'incontro con il Signore affascina l'uomo, ma ogni dono che Dio fa all'uomo deve essere messo alla prova. La Parola che abbiamo ascoltato questa mattina ci pone nel momento in cui Gesù mette alla prova i suoi discepoli per verificare se veramente hanno accolto il suo mistero e ci accorgiamo di quale povertà essi siano pieni. Da una parte noi cogliamo la loro paura, perché considerano Gesù un fantasma, dall'altra vediamo Pietro che cammina sì sulle acque, ma a un certo punto affonda. Davanti alle prove dell’esistenza, l'evangelista ci dice “come” possiamo effettivamente riconoscere il Signore e giungere alla grande affermazione con la quale si conclude il Vangelo “Si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!»”. In quel “davvero” c'è tutto l'entusiasmo interiore di chi, attraverso il Maestro, è giunto veramente alla fecondità dell'atto di fede.

 Cogliamo un simile itinerario innanzitutto attraverso il primo gesto che Gesù ha compiuto davanti alla paura che i discepoli avevano sulla barca, che li porta a dire: «È un fantasma!». Le parole «Coraggio, sono io, non abbiate paura!» richiamano immediatamente il linguaggio usato da Gesù quando da risorto appare alle donne: “Coraggio! Sono io, non abbiate paura!”. Nella prova l'uomo si sente debole, non riesce a percepire fino inno fondo la presenza del Maestro, ma Gesù è pieno di fiducia nell'uomo: gli va incontro e gli si svela come il Risorto. Questa esperienza riempie di gioia i discepoli. Basta guardare la calma di Pietro che pone a Gesù la domanda per rafforzare la propria fede: “Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque”. Nella prova il Signore non ci lascia soli, anche se noi non riusciamo ad essere credenti come dovremmo, egli come Risorto ci appare e ci dice: “Sono io!”. È la coscienza della presenza di Gesù che determina fino in fondo la nostra storia.

 Ma questa coscienza deve diventare concretezza di vita e la concretezza di vita è l'atteggiamento di Pietro nei suoi due passaggi: scende dalla barca e cammina sulle acque. Pietro cammina sulle acque perché in quel momento ha davanti a sé il volto del Maestro e, quando è preso dalla figura del Maestro, obbedisce, non ha paura e cammina sulle acque, perché quando Gesù entra nella nostra vita ci rende partecipi della sua intimità. Ecco la bellezza del testo che abbiamo ascoltato dal libro dei Re, dove il profeta Elia riconosce la presenza di Dio in quella brezza, in quel respiro. Succede anche quando Gesù dice a Pietro “Vieni!”. Pietro è in intimità con Gesù e, quando l'uomo è in profonda intimità con lui, non esistono difficoltà, perché ci si accorge che il Signore è il Signore è in quel saluto c'è la sua presenza nelle nostre persone.

Se lui è presente quello che Gesù ci dice è veramente fattibile, ma il dramma di Pietro è che improvvisamente passa dall'intimità con il Maestro a sentire il vento che è molto forte: è il passaggio dalla relazione trasfigurante con il Maestro a lasciarsi condizionare dagli eventi concreti della vita. Quando l'uomo si lascia condizionare dagli eventi della vita, in quel momento, entra progressivamente nel pessimismo esistenziale, nella chiusura interiore, nella depressione psicologica. Se noi guardiamo attentamente il Signore si regala a noi, ma davanti al Signore che si regala a noi dobbiamo avere lo sguardo del cuore a lui rivolto, perché, se il cuore è rivolto a lui, ci sarà stato anche il vento più grande, ma c'è il Signore! Questa certezza è la forza in ogni momento della vita e allora è ovvio il rimprovero di Gesù: invece di guardare me hai guardato il meteo…invece di guardare alla mia presenza che determina la storia e quindi genera novità di vita hai guardato le realtà contingenti, che sono una delusione, e hai cominciato ad annegare. Ecco perché il cristiano davanti ai doni che Dio offre è sempre messo alla prova.

È molto bello come l'autore della Lettera agli Ebrei affermi riprendendo un testo sapienziale “poiché ti amavo era necessario che ti mettessi alla prova”, perché la prova è la verità di ciò che c'è nel cuore, e quando il cuore è pieno del Signore, quando il cuore sa che il Signore è il grande protagonista della sua vita, l'uomo cammina con coraggio e con serenità. E allora davanti i grossi interrogativi che nascono nella nostra esistenza, il nostro cuore dove ci conduce, a Gesù o ai fatti storici? Dovremmo imparare in Gesù a vivere la storia, con Gesù a leggerla,” per ritrovare un inesauribile cammino nella speranza “poiché ti amavo era necessario che ti mettessi alla prova.”. Lo stupore che Gesù genera nella persona deve diventare vita della vita non fenomeno psicologico, deve penetrare dentro di noi e penetra dentro di noi attraverso il coraggio vissuto in ogni frammento della nostra esistenza.

 Ecco allora la bellezza dell'Eucarestia che stiamo celebrando: la presenza del Maestro! Quando noi abbiamo un cuore ricolmo di una persona sommamente amata e questa persona ci attira continuamente a sé, in quel momento, la nostra vita cammina. È questione - e ce lo siamo detti tante volte - di cuore. Il cuore che legge con Gesù e in Gesù il quotidiano: l'eucaristia! Quando Gesù nell'ultima cena ci diede tale regalo, ci disse: “Ricordati che ogni volta che con i fratelli ti radunerai per l'assemblea eucaristica, io sono con te, io sono il tuo respiro, io sono la tua presenza che non ti abbandona mai!”. Quando entriamo in questo cammino interiore, ci accorgiamo che è bello camminare sull’acqua, perché lo sguardo non è al temporale storico, ma lo sguardo del cuore sono gli occhi del Maestro! E quando gli occhi del Maestro ci prendono e ci prendono fino in fondo, in quel momento siamo ricchi di speranza, non guardiamo troppo alle nostre paure, non guardiamo troppo ai nostri limiti, non guardiamo troppo ai nostri caratteri comportamentali, lasciamoci affascinare da Gesù. E se anche ci mette alla prova è per farci capire che lui è il Signore, il Signore del nostro istante. Per questo motivo tutte le domeniche ci ritroviamo nell'eucaristia, per gustare la sua signoria è quando l'uomo, accogliendo quel pane e quel vino, si lascia trasformare dal Maestro in quel momento - lo ripeto - cammina sulle acque. La storia sarà qualcosa di grande per chi gusta l'intimità del respiro di Gesù, vede Gesù che cammina in lui e con lui. Questa sia la grande speranza che vogliamo portare a casa, per cui se tante volte le cose non vanno bene, c'è Lui! E se c'è il Signore possiamo camminare, ritrovare fiducia e coraggio, giorno per giorno, in continua novità di vita.


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