31 agosto 2020

XXII DOMENICA T.O. - (ANNO A)

 Ger 20,7-9   Rm 12,21-27          Mt 16,21-27                     

OMELIA

Domenica scorsa Gesù ha elogiato Pietro per quella bella professione di fede che nasceva dal cuore dell'apostolo, guidato dall'azione del Padre e del suo Spirito. Davanti alla domanda "e voi chi dite che io sia", è scaturita quella bella espressione tu sei il Cristo il figlio del Dio vivente. In tale contesto dobbiamo sempre ricordare a noi stessi che fare una professione di fede vuol dire nello stesso tempo associarci alla vita del Maestro. Il dialogo che è intercorso tra Pietro e Gesù questa mattina è la traduzione di cosa voglia dire fare una professione di fede in Gesù. Affermare che Gesù è il Cristo il Figlio del Dio vivente vuol dire ritrovare nella vita di Gesù il senso portante della nostra storia. Se non vogliamo cadere nella mentalità del mondo contemporaneo dobbiamo avere lo sguardo rivolto decisamente a Gesù vedendo nella sua esistenza la nostra. Dire tu sei il Cristo vuol dire vivere come Gesù, avere le sue finalità nelle costruzioni esistenziali quotidiane, stabilire relazioni come le ha stabilite il Maestro condividendo le motivazioni della sua interiorità, è incarnare i palpiti del suo cuore. Un simile atteggiamento dà voce alla bellezza del seguire Gesù come ha detto molto bene il Maestro stamattina. Possiamo professare nella verità la nostra fede perché viviamo come lui e ciò che è all'interno delle motivazioni del suo cuore sono le nostre motivazioni. Allora veramente l’atto di fede diventa veramente vita della nostra vita. Noi possiamo veramente dire che siamo discepoli del Maestro nel momento in cui come ci ha detto molto bene Paolo noi vivremo questa esperienza per la misericordia di Dio offrite le vostre persone come sacrificio vivente santo e gradito a Dio: è questo il vero culto spirituale! Scegliamo ogni giorno di seguire Gesù per offrire la nostra esistenza come sacrificio perché seguire il Maestro vuol dire incarnare le sue motivazioni interiori, viverne tutto l'itinerario esistenziale. In questo atteggiamento offriamo la nostra vita come sacrificio. Si rivela perciò necessario che ci poniamo la domanda perché la vita di Gesù sia il criterio fondamentale delle nostre scelte, e in lui offriamo la nostra esistenza come sacrificio. Sicuramente occorre superare la sua accezione in termini di negatività: rinunciare a qualcosa. Nel cammino della fede dobbiamo accostarci a sorgenti positive per dare vitalità alla nostra esistenza. In una simile prospettiva appaiono al nostro orizzonte tre chiare illuminazioni: un autentico sacrificio

-nasce da un profondo senso di comunione,

-è un intersecarsi di gratuità e di gratitudine,

-con il coraggio di restituire a Dio e ai fratelli ciò che Dio ci regala.

 Quando Gesù ci chiede di fare della nostra vita un sacrificio vivente santo e gradito Dio ci dice di costruire l'esistenza nostra come l'ha costruita Gesù. Saremo un sacrificio a Dio gradito quando sapremo evidenziare che il primo elemento è una vita di comunione. Gesù nella sua vita ha scelto solo quello che voleva il Padre. La bellezza del sacrificio è una vita di fraternità dove l'uno è con l'altro in una sintonia di intendimenti. Quando noi parliamo di sacrificio il punto di partenza è la bellezza di una esperienza di reciprocità dove il Signore è in noi e noi nel Signore perché in questa reciprocità noi siamo un sacrificio vivente santo e gradito a Dio.

Ma tutto questo avviene nella bellezza dinamica del rapporto gratuità - gratitudine. La fecondità della comunione con Dio è un atto della sua grazia, è un atto della sua iniziativa, noi siamo in comunione con lui perché Egli ci ha attirati e ci ha intensamente amati e noi ci lasciamo profondamente amare da lui con tanta gratitudine! La vita di un cristiano è un sacrificio di lode, è la bellezza di costruire la vita con la gratitudine. Se noi guardiamo attentamente la nostra vita di discepoli ci accorgiamo che noi siamo un capolavoro della grazia di Dio, della sua gratuità.

In questa gratuità noi non possiamo non rendere grazie nel restituire a Dio la bellezza del dono ed è il terzo aspetto del sacrificio, è la creatività del restituirci alla Fonte di ogni dono. E’ molto bello come contemplando Gesù egli fosse in comunione con il Padre, vivesse continuamente rendendo grazie al Padre perché era la fonte della propria storia. In un simile atteggiamento Gesù si restituisce al Padre, restituendosi nell'amore agli uomini. Il sacrificio è diventare un regalo di riconoscenza al Padre e ai fratelli. Noi possiamo veramente costruire la nostra esistenza di imitazione del Cristo assumendo la sua interiorità e così possiamo rendere vera la nostra professione di fede. Il Cristo, il vero sacrificio accolto dal Padre, diventa la nostra vita e allora intuiamo che seguire Gesù nella prospettiva del sacrificio è nient'altro che un cammino dove noi ci sentiamo tutta grazia, ci sentiamo immersi nella comunione divina, in una feconda consapevolezza che la nostra storia è una storia nella quale noi siamo avvolti dal mistero della divina gratuità per camminare in autentica novità di vita. Allora il sacrificio come regalarci agli altri è un canto di intensa gratitudine. Ora se noi sapremo costruire con semplicità la nostra vita quotidiana in questo orizzonte, allora non saremo più tentati di ragionare secondo il mondo. Infatti se volessimo ritradurre il linguaggio di Gesù nei confronti di Pietro, potremmo dire così: Gesù ha detto a Pietro: Seguimi, vienimi dietro perché se mi verrai dietro non ragionerai più come il mondo. La bellezza di camminare con Gesù seguendolo vuol affermare che stiamo progressivamente ritrovando veramente il senso e il gusto della nostra vita che non è nient'altro davanti alle difficoltà che incarnare questa azione del Maestro dentro di noi per rendere la nostra vita in lui e come lui sacrificio vivente santo e gradito a Dio Questo è il vero culto spirituale. Questa è quella comunione divina nella quale noi possiamo ritrovare e percepire la bellezza dell'azione di Dio. In un simile orientamento viviamo come è vissuto Gesù, viviamo nella gioia della comunione con lui con gratitudine e allora la nostra vita sarà un regalare a Dio e ai fratelli tutto ciò che siamo. Non è l’eucaristia che stiamo celebrando? E’ molto bello come nella chiesa antica quando si voleva definire cosa fosse Eucaristia si diceva che essa era sacrificio della lode. L'Eucaristia è una comunione che loda regalando la nostra storia come ha fatto Gesù al Padre e agli uomini. Allora il sacrificio non è come noi tante volte diciamo una pesantezza, "quanti sacrifici dobbiamo" fare, ma diventa scuola di libertà. Il sacrificio è la persona dell'uomo che non può non restituire con gratitudine alla Fonte della vita il mistero che è se stesso, rappresenta una certezza che il Signore si rende presente in mezzo a noi perché rendiamo grazie, perché restituiamo con gratitudine a Dio le meraviglie del suo amore. Celebriamo in questo modo i Divini Misteri per ritrovare in noi la gioia e la bellezza di essere il Cristo vivente e ogni volta che diciamo Gesù, come senso portante della nostra esistenza, intendiamo dire : "Voglio vivere come te, voglio che tu viva in me, desidero che la tua vita sia il cuore del mio cuore" e allora ci accorgeremo che vivere di fede è nient'altro che una continua rigenerazione esistenziale che ci dà la capacità nelle difficoltà della storia di camminare con coraggio con serenità e con autenticità interiore.


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