09 novembre 2020

XXXII DOMENICA T.O. - (ANNO A)

Sap 6,12-16             1Ts 4,13-18             Mt 25,1-13

OMELIA

La bellezza della vita è maturare nella mentalità di Gesù. Questa mentalità del Maestro per noi è importante, perché ogni giorno siamo chiamati a conoscere sempre più la nostra identità umana, ogni giorno sviluppiamo il desiderio di abitare con lui, ogni giorno cresce la tensione verso l'incontro glorioso. È quello che Gesù questa mattina, attraverso l'immagine dell’olio in piccoli vasi, ci vuole regalare. Sono i tre atteggiamenti che ci stanno accompagnando in queste domeniche e si ritraducono nell'avere quella risorsa di olio quando lo sposo verrà. È il cammino verso l’incontro con il Signore, che è qualcosa che noi stiamo vivendo già adesso, perché la nostra vita è tutta immersa nel mistero di Gesù. In lui siamo nella pienezza e avere questo olio delle lampade sempre pronto è nient'altro che sviluppare ogni giorno questo intenso desiderio dell’attesa del Maestro divino.

Ogni giorno diventiamo più uomini, ogni giorno noi maturiamo nella reciprocità con Gesù, ogni giorno cresce il desiderio dell'incontro glorioso: è quella forza che abbiamo ascoltato da Paolo nella sua esortazione ai cristiani di Tessalonica, perché la bellezza della vita è contemporaneamente gustare il presente, dove nel Signore cresciamo giorno per giorno nella nostra identità, e nello stesso tempo essere proiettati in avanti. L’uomo di oggi non riesce a costruire così la sua esistenza perché gli mancano due elementi fondamentali: la coscienza di essere nella pienezza di Dio e nello stesso tempo la spinta ad andare al di là. È la bellezza del futuro che è tutto animato dalla potenza del presente. Di conseguenza, ogni giorno in questa pienezza divina noi siamo chiamati a crescere nel desiderio della piena trasfigurazione nel Cristo glorioso. Le donne non sagge, o stolte, come le chiama il Vangelo, sono le persone che non hanno un profondo desiderio del Signore e che si lasciano distrarre da tante realtà contingenti.

Avere le lampade sempre con la riserva di olio è tenere accesa l’attesa del Maestro, sviluppandone la presenza, attraverso cui giungiamo al nucleo della Parola di questa mattina. Avvertiamo l'urgenza della attenzione a quello che opera nel nostro cuore. Il desiderio dell'incontro finale è Gesù in noi che si fa desiderare, è la bellezza feconda di una Presenza che in noi opera e opera continuamente. Quelle donne stolte sono le donne indifferenti, proprio perché non fanno differenze e quindi non hanno quella vitalità interiore che le proietta in avanti. Oggi si dice, e questo è motivo di tanta speranza per l'uomo contemporaneo, che la bellezza del cuore è sempre andare al di là, con il coraggio di affrontare l'avventura dell'esistenza quotidiana al di là di quello che tocchiamo, vediamo o percepiamo, al di là degli avvenimenti quotidiani. È il respiro del presente, per cui, anche se il Signore arrivasse all'improvviso, a mezzanotte, noi lo stiamo già attendendo, perché il nostro cuore vive quel trinomio: crescere nella gioia di essere uomini, provare la bellezza di lasciarci abitare dalla persona del Maestro, per proiettarci in avanti con questa profonda sottolineatura: come sarà bello il Maestro!

Noi tante volte dimentichiamo questo pulsare del cuore e il cuore è un desiderio continuo. Come è triste vedere i cristiani nostalgici del passato! L’uomo nostalgico del passato non ha desideri, ha paura di desiderare la bellezza dell'Infinito, che avvolge la nostra storia. Ogni giorno il Signore ci chiama a dilatare le potenzialità che egli ha seminato dentro di noi. Inoltre, è sicuramente interessante notare il particolare che l'evangelista ci offre: “presero anche l'olio in piccoli vasi”. Lo vorrei interpretare così: il vero e autentico desiderio presente nella creatura umana nasce dalla piccolezza dell'ordinarietà, una ordinarietà magari monotona, come può avvenire nell'essere chiusi in casa in questo periodo, ma all'interno continuamente evidenziata da questo Gesù, vero uomo, che ci aiuta ad essere tali e che non ci allontana mai dall’abitare in noi facendosi continuamente desiderare. È acquisire quella sapienza che legge il presente nella luce del futuro e questo è il cuore del cristiano: leggere il presente con il cuore nel futuro. Una delle letture dell'oggi che stiamo vivendo, per rendere vivace la vita della chiesa e la vita di ciascuno di noi, è quella di orientarci verso il futuro. Non poniamoci la domanda come esso sarà, l'importante è riempire di futuro il presente e allora riusciamo a non essere presi dalle paure dell'oggi, perché l’oggi viene riempito da questa potenza di Dio, che ci attira continuamente a sé.

Allora è sempre bello riscoprire un'espressione che Paolo ci offre nella Lettera ai Filippesi, una lettera nella quale noi percepiamo tutta l'umanità di Paolo, un Paolo che si sente solo, che ha bisogno di affetto, un Paolo che in prigione brama approfondire il suo mistero di appartenere al Maestro e ripete alla sua comunità: “Tutto posso in colui che mi dà forza”. È la profondità esistenziale della Presenza! E allora il futuro è intensamente desiderato, perché il futuro è la capacità di vivere il presente per non lasciarci schiacciare dalle fatiche del presente, e questo accade se riusciamo a respirare qualcosa di grande verso cui noi stiamo continuamente camminando. Se la nostra vita sarà collocata in questo orizzonte, Paolo ci dirà, come ha detto ai cristiani di Tessalonica “Non c'è problema se qualcuno è già arrivato in paradiso, arriveremo anche noi”, perché la potenza all'interno della nostra persona è il futuro di Dio; è il futuro del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo; è il presente della nostra storia. Quelli che dicono “Come era bello ieri!” non hanno capito nulla di Gesù, perché Gesù è un presente che ci avvolge nella nube dello Spirito, ci affascina con la sua persona e ci dona la sua speranza. Cresciamo perciò nella supplica, perché questa sapienza veramente entri in noi e ci faccia percepire che il Cristo, nella potenza dello Spirito Santo, ci sta educando il cuore, in un'attesa veramente gloriosa.

Nel momento in cui moriremo, realizzeremo il principio che abbiamo pregato nel salmo responsoriale: “O Dio, tu sei il mio Dio all'aurora ti cerco, di te ha sete l'anima mia”. E allora quando incontreremo il Signore, saremo dissetati dalla sua persona come vero uomo e dal suo mistero di vero Dio, in una comunione di gloria che sarà un canto che durerà per tutta l'eternità, sapendo che l'eternità non dura come il tempo, ma consisterà in uno stato infinito che avvolgerà tutta la nostra esistenza.

È il mistero eucaristico che stiamo celebrando: le lampade accese con il piccolo vaso di olio pieno è quello che stiamo vivendo. Questa mattina portiamo la nostra piccola storia al mistero di Gesù, che la avvolge nel suo amore senza limiti e ci dice: “Non temere, io in te sto camminando verso la gloria infinita”. E allora, entrando in questa meravigliosa esperienza, se è vero che la cultura di oggi genera tanta paura, il cristiano di oggi ha una straordinaria speranza, perché sta vivendo in intensità quel trinomio a cui avevo accennato all'inizio: l'Eucarestia ci rende uomini nuovi, ci fa gustare l'essere abitati da Gesù e ci fa pregustare la luce eterna. Inoltre, la comunione sacramentale con il corpo e il sangue di Cristo ci fa guardare verso il catino absidale, che è il segno della Gerusalemme celeste: il paradiso! Se noi entreremo in questo ritmo di vita, non abbiamo paura: anche se in questo momento fosse la mezzanotte del brano evangelico, siamo già pronti e quindi possiamo veramente andare incontro al Maestro con tanta serenità di spirito. Perciò non guardiamo ai nostri limiti, perché, quando il cuore desidera ardentemente il Signore, viene sempre purificato. Camminiamo con questo stile di vita e il Signore diventerà veramente il nostro Signore. Oggi e, soprattutto, nella mezzanotte della nostra vita, saremo pronti ad andare al banchetto della gloria del Risorto.

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