23 novembre 2020

XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

NOSTRO SIGNORE GESÚ CRISTO RE DELL'UNIVERSO – ANNO A – SOLENNITÀ

Ez. 34,11-12.15-17        1 Cor 15,20-26.28              Mc 11,9.10

OMELIA

Nella solennità di Cristo Re, la Chiesa ci proietta in quello che sarà il mondo finale, quando Cristo sarà tutto in tutti e consegnerà il regno al Padre. Davanti al cammino della storia coltiviamo sempre l'orizzonte della gloria eterna, quando il Cristo sarà il Signore del cosmo e della storia. In questo compimento avremo realizzato veramente la nostra vita. Tutto questo si attuerà in pienezza nella bellezza del paradiso, perché nel cammino della nostra esistenza, abbiamo assunto i sentimenti e gli atteggiamenti di Gesù. Infatti, quando noi ascoltiamo il brano evangelico poc'anzi udito, noi non abbiamo nient’altro che l’espressione della storia di Gesù, il quale è entrato nelle vicende degli uomini per infondere nel cuore di ogni persona la vera speranza nella costruzione del quotidiano. Egli ha incontrato le diverse esperienze di povertà storica e le ha assunte, per infondervi quella novità di vita che viene dall’alto, in modo che ogni uomo potesse sentirsi vero ed autentico. Gesù è entrato nella storia per dire ad ogni uomo che è oggetto del suo amore inesauribile. Ora, davanti a questo orizzonte, Gesù ci pone la domanda se anche noi abbiamo assunto o assumiamo i suoi sentimenti. Per dare compimento a tale progetto, la Parola che abbiamo udito ci pone dinnanzi tre passaggi.

La bellezza di accostarci al mistero del Dio che parla è ritrovare anche il metodo della nostra esistenza, perché nasce in noi la stessa domanda che abbiamo ascoltato nella parabola: “Quando mai ti abbiamo visto in quelle condizioni e ti abbiamo aiutato?”. E allora il cristiano comincia ad entrare in se stesso e si pone la domanda: “Chi sono io?”. È una domanda che tante volte ci siamo posti, ma che diventa oggi particolarmente significativa e liberante: “Chi sono io?”. 

La risposta che noi ben conosciamo dalla fede è molto semplice: “Noi siamo il Cristo vivente”. Il Cristo non è colui che è accanto a noi, ma il Cristo è colui che abita in noi, è colui che nel profondo della sua esistenza ci rifà continuamente, perché noi siamo il suo volto. Noi siamo stati battezzati perché egli fosse il protagonista nelle nostre persone. È una verità molto importante questa, perché spesse volte ci poniamo l'interrogativo: “Come posso agire come Gesù?". E Gesù ci dice: “Io ho posto dimora presso di te, in te”. E poiché Gesù in noi è dinamico, ecco che nella nostra vita è lui che opera, anche se esplicitamente non sempre ce ne accorgiamo. Egli nella fede è divenuto vita della nostra vita.  E allora, se noi cogliamo questo primo aspetto, è abbastanza evidente che le nostre azioni saranno le azioni di Gesù. Qui noi entriamo in un regime di grande libertà interiore. Noi possiamo essere tentati dalle tante cose che facciamo e quindi pensiamo che l'amore al fratello sia fare tante cose. Gesù ci dice: "In quello che fai è la mia persona che agisce". Noi siamo semplicemente il sacramento di Gesù che opera. Se partiamo dal principio che la nostra esistenza è il Signore in noi, il nostro vivere, il nostro pensare, il nostro amare, il nostro agire è il linguaggio di Cristo.  

Infatti, davanti alla domanda “Ma quando mai abbiamo visto te nei fratelli?”, Gesù ci dice: "Quando tu operavi, ero io che operavo in te". È il prendere coscienza della creatività di Gesù nelle nostre persone e questo ci permette di ritrovare tanta libertà. Non siamo chiamati a fare grandi cose, ma incarniamo colui che è presente in noi. La nostra gestualità, con tutto il mondo che è dentro di noi, è il Cristo che si regala ai fratelli. Se noi intuissimo questo, quanta libertà acquisiremmo nelle nostre azioni. Acquisiremmo un particolare stile di vita - da Cristo che abita in noi giungiamo a Cristo ama con e in noi - in modo che il fratello sia amato da Gesù stesso. La nostra esistenza è incarnare Gesù che attraverso noi vuol regalare all’ uomo la sua dignità, la sua identità, la sua libertà di cuore.

Usando una formula molto semplice, possiamo dire: “Cristo in noi, attraverso noi, ama Cristo che è l’altro”. Se cogliessimo l’essenzialità di questa formula noi percepiremmo che il regno di Dio è il Cristo che rifà l’uomo. Non siamo noi che trasfiguriamo l’uomo, noi non facciamo nient’altro che essere segno, semplice, luminoso e nascosto delle meraviglie che Dio Trinità opera nei confronti dell’umanità. Sono sottolineature che il cardinale Martini aveva bene evidenziato, quando diceva che il vero” farsi prossimo è il nascondimento di Cristo in noi che, in semplicità, si regala all’altro perché l’altro sia se stesso”. Gesù non è entrato nella storia per darci tante cose, Gesù è entrato nella storia assumendo l’uomo in se stesso, infondendo in lui la capacità di vivere, perché quell’uomo fosse uomo secondo il disegno di Dio. Ecco perché la Chiesa ha scelto questo testo evangelico per la solennità di Cristo Re: ogni uomo è chiamato ad entrare in un mistero di gloria attraverso l’opera di Gesù.

C’è quella bella frase di Paolo della I lettera ai Corinti: “Tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio”. In tutto questo scopriamo la bellezza di regalare il Cristo, la bellezza feconda di far operare il Cristo, perché il Cristo attraverso noi dica ad ogni uomo: “Sei grande!”. E quando l'uomo ritrova la bellezza e la profondità di questa fiducia divina, ritrova il gusto di camminare, pur nelle sue povertà storiche. Qui siamo di fronte alla semplicità nascosta, che il Cristo utilizza per essere segno di salvezza per ogni creatura umana. E allora, se noi intuissimo quello che Gesù ci potrebbe regalare oggi, ci accorgeremmo di poter camminare nel tempo e nello spazio con tanta libertà. Come Gesù accogliamo la storia, come Gesù condividiamo il suo amore nel concreto di ogni giorno, in Gesù regaliamo la novità e la bellezza della vita ad ogni fratello.

Allora la solennità di Cristo Re è questo trionfo finale di una storia che è stata rigenerata e che ha avuto come protagonista il Signore. Ecco perché ci ritroviamo questa mattina nell'Eucaristia, perché l'Eucaristia è il Cristo che si fa storia per dire all'uomo: “Davanti a me sei grande!”. Nel momento in cui ci accosteremo al Pane e al Vino, in quel momento ci accosteremo al Cristo che vuole rifare le nostre persone, ritemprarci con la sua presenza, perché, uscendo di chiesa, possiamo regalarlo a chiunque possiamo incontrare. La regalità di Cristo è un modo per costruire il nostro quotidiano. Chiediamo allo Spirito Santo che ci doni questa luce e questa speranza, in modo che il nostro essere uomini di carità non sia un correre assistenzialistico, ma sia un ricreare l'uomo come l'ha amato Gesù, in modo che ogni uomo sia veramente luminoso della sua luminosità umana. E allora quando in paradiso saremo insieme a tanti fratelli, in quel momento la piccola gestualità quotidiana sarà un trionfo di gloria con tutti i santi del cielo. Abbiamo questa ampia visione e la nostra carità sarà il Cristo che opera nella semplicità dell'ordinario. La regalità di Cristo agisce nel cuore e si incarna nelle relazioni, con il sorriso delle nostre persone che danno speranza a tutti gli uomini.


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