03 dicembre 2020

23 novembre 2020

Oggi, qui, Dio ci parla...

“Quella donna, nella sua miseria, ha gettato tutto quello che aveva per vivere”

XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

NOSTRO SIGNORE GESÚ CRISTO RE DELL'UNIVERSO – ANNO A – SOLENNITÀ

Ez. 34,11-12.15-17        1 Cor 15,20-26.28              Mc 11,9.10

OMELIA

22 novembre 2020

Oggi, qui, Dio ci parla...

“Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me”

18 novembre 2020

29 ottobre 2020

18 ottobre 2020

08 ottobre 2020

05 ottobre 2020

Oggi, qui, Dio ci parla...

“E chi è il mio prossimo?”

Tante volte sentiamo la parola “prossimo” e ne diamo un significato immediato: è l'altro a cui mi rivolgo. Questo tipo di lettura ci rende giudici di ogni persona, pronti ad assumere un atteggiamento che non è accettabile. Se entriamo nella storia, ogni uomo è un dono alla nostra vita, da accogliere per realizzare una comunione fraterna. Chi sa ascoltare e, solo di conseguenza, agire, è il vero prossimo: alla presenza di un fratello, che sente il bisogno di essere accolto, sa prestargli attenzione con tutto se stesso, gli si fa vicino, gli dona la speranza, gli restituisce la gioia di vivere.

Padre, tu vuoi che diventiamo attenti all'altro come ha fatto Gesù, nel meraviglioso e misterioso evento dell'incarnazione. Egli si è messo sulle sue spalle la nostra storia. Fa’ che anche noi tutti lasciamo abitare ogni fratello nel nostro cuore, per essere per ciascuno segno vivente di speranza e di fiducia. Mandaci lo Spirito, che ci renda docili a un simile progetto di vita, perché possiamo offrire la vera libertà ad ogni uomo. AMEN

XXVII DOMENICA T.O. - (ANNO A)

Is 5,1-7         Fil 4,6-9        Mt 21,33-43          

OMELIA

29 settembre 2020

21 settembre 2020

IN CAMMINO CON LA PAROLA

 CASA

XXV DOMENICA T.O. - ANNO A -

 


TRASFIGURAZIONE DELL’ICONA DEL SANTO JESUS

Chiesa di Santa Maria Immacolata delle Grazie - Bergamo

Ap 5,6-14                 Eb 1,3-12                 Lc 24,35-48

OMELIA

31 agosto 2020

24 agosto 2020

XXI DOMENICA T.O. - (ANNO A)

 Is 22,19-23                         Rm 11,33-36                                  Mt 16,13-20

OMELIA

10 agosto 2020

03 agosto 2020

XVIII DOMENICA T.O. - (ANNO A)

Is 55,1-3       Rm 8,35.37-39       Mt 14,13-21                      

OMELIA

21 giugno 2020

CAMMINIAMO CON LA PAROLA


INTERIORITA’

XII DOMENICA T.O. - (ANNO A)


Ger 20,10-13                   Rm 5, 12-15                         Mt, 10, 26-33           

OMELIA

La gioia di accogliere continuamente il Maestro, facendolo diventare il senso portante della nostra vita, è una realtà che deve espandersi nella costruzione del quotidiano. La bellezza dell’esperienza di Gesù deve essere comunicata e condivisa. Ecco perché questa mattina, attraverso la Parola che abbiamo ascoltato, egli ci invita ad entrare nel senso vero della relazione. I doni di Dio sono veramente comprensibili perché sono vissuti e regalati. Su questo sfondo, il punto di partenza per l’esperienza apostolica è la presa di coscienza che la nostra vita è continuamente guarita dalla persona di Gesù. Ce l’ha detto molto bene l’apostolo Paolo quando ha affermato che in Cristo Gesù, nel suo mistero di morte e resurrezione, noi siamo creature nuove e, quando l’uomo fa un’intensa esperienza della novità di Dio, non può non essere come il profeta Geremia che regala agli uomini il dono della Sapienza.

La missione è l’esuberanza di un cuore riempito da una potenza meravigliosa.  L’esperienza apostolica nasce fondamentalmente dalla pienezza interiore che vive di un cuore ricolmato dalla benevolenza divina. Infatti, quando uno vive intensamente l’esperienza spirituale, quando ha una ricca vitalità interiore, non può non donarla ai fratelli in una grande gioia, che diventa comunicazione del mistero divino. Ma qual è il senso più profondo di questa esuberanza che ci porta a regalare ai fratelli la bellezza di Gesù? Gesù ha detto nel testo evangelico: “Non c’è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che vi dico nelle tenebre, voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio, voi annunciatelo dalle terrazze”. Che cosa vuol dire questo linguaggio del Maestro? Ci si presentano tre passaggi per poter entrare in questa meravigliosa esperienza.

 Innanzitutto, la convinzione che nell’incontro con Gesù, e vivendo di Gesù, ci si sente persone umane aperte alla vita. L’incontro con lui, l’essere rigenerati da lui, ci porta a ritrovare la gioia di essere noi stessi, nell’intuire la bellezza della nostra umanità. L’apostolo è colui che nell’incontro con il Signore si ritrova radicalmente rifatto, rigenerato. Ora quello che il Signore opera in ciascuno di noi dev’essere regalato. Occorre dire all’altro, nella semplicità della vita ordinaria, la bellezza di essere uomini, la bellezza di essere profondamente rifatti e ricreati dalla presenza di Gesù. L’apostolo non è un facitore di opere, ma chi si sente chiamato a condividere con i fratelli la propria umanità, in un dialogo, in una relazione dove il cuore del discepolo, che ha il gusto di appartenere a Gesù, si regala al fratello per una condivisione della bellezza della vita. Il Signore non è venuto a darci delle cose. È entrato nella nostra storia per renderci autentiche persone e la persona vera stabilisce un rapporto, regalando la propria ricchezza all’altro, per condividere un mistero.

 Anzi è affascinante nell’esperienza evangelica non solo regalare all’altro la gioia di appartenere al Signore e quindi di essere veramente uomini nuovi, ma avere la possibilità di cercare insieme la verità. L’apostolato è dire ai fratelli che insieme viviamo l’avventura di andare incontro al Signore, attraverso la condivisione della nostra storia umana. Nessuno di noi può dirsi mai realizzato: siamo in divenire, siamo in cammino continuo.  Ora il Signore è entrato nella nostra vita, ci ricolma della sua presenza e del suo mistero di amore, perché iniziamo l’avventura di essere suoi discepoli, ma questa avventura non un solipsismo. L’esperienza solipsistica non è evangelica. Gesù, dicendo che quello che ha rivelato nelle tenebre deve essere predicato sui tetti, ci porta a sottolineare che un simile itinerario esistenziale deve essere comunionale, perché deve diventare condivisione e comune ricerca. La verità dell’apostolato non è data dai risultati, la verità dell’apostolato è proiettare la nostra esistenza verso una meta finale che ricolma il nostro spirito di grande esuberanza. L’apostolato è una pienezza che si regala condividendola. E allora, più si vive, più si cammina nella storia con i fratelli, più nasce in noi il desiderio di condividere, regalandosi reciprocamente la bellezza di appartenere al Signore.

 Quando l’uomo entra in questo secondo passaggio non ha più problemi, anche se la vita gli regala qualche angustia. Non dobbiamo essere ricompensati dalla stima degli altri, perché il cristiano sa esattamente che la sua vocazione ad essere discepolo entra necessariamente in una fase di conflittualità. Testimoniare Gesù è intrinsecamente morire, perché Gesù ci ha fatto creature nuove nella risurrezione, attraverso il mistero della croce. La persona umana realizza se stessa quando entra nell’orientamento a Gesù. Ma poiché Gesù è dentro di noi, Gesù nella nostra esistenza compie meraviglie, di conseguenza non dobbiamo avere paura. La straordinarietà della nostra storia è che ognuno di noi ha una spina del Crocifisso. È una cosa questa che ci deve catturare: noi testimoniamo un Crocifisso glorioso, un Crocifisso nel quale ritroviamo veramente noi stessi. È la personalità del Maestro che entra nella nostra storia. Noi ben sappiamo che lui è dentro di noi e le difficoltà della vita sono una importante pedagogia, che ci insegna ad appartenere solo al Signore e a regalare solo il Signore. Interessante è l’affermazione di un autore che così dice: “Il fratello al quale regaliamo la bellezza di Gesù, anche attraverso la dimensione del martirio quotidiano, impara veramente ad essere discepolo”. Poi domanda: “Chi è l’altro a cui noi vogliamo regalare Gesù?”. L’altro è un santo potenziale, al di là della sua storia personale, perché ogni uomo è un capolavoro di Dio, ogni uomo appartiene a Dio, ad ogni uomo dobbiamo regalare Dio.

Se entriamo in questa esperienza interiore, ci accorgiamo che diventare Gesù non è entrare in una esperienza solitaria, ma è regalare quella visione meravigliosa di comunione a ogni fratello, perché si sviluppi in lui, attraverso questa ricerca inesauribile del mistero divino, la speranza di crescere nella verità, anche se egli non se ne accorge.  Questo è motivo di grande libertà interiore. Noi qualche volta cadiamo nella tentazione di verificare le cose in base ai successi. Non dobbiamo mai fare così, dobbiamo solo regalare, regalare la storia di quell’umanità che Gesù ha redento, ha rifatto, ha rigenerato, perché credeva in una condivisione di vita che realizzasse la ricerca di se stesso. Come sarà bello il paradiso quando incontreremo tanti fratelli e diremo: “Com’è luminoso quel mio fratello che ho incontrato tanti anni fa! Il Signore da quell’incontro ha generato una novità, che è diventata per lui misteriosamente eternità beata!”.  Allora intuiamo come l’esperienza apostolica è l’esuberanza. È molto bello come negli Atti degli Apostoli l’esultanza di quella comunità sia stata paragonata ad una ubriachezza divina. L’apostolo è un ubriaco di Gesù Cristo e vuole regalare una bellezza meravigliosa al fratello, pur nelle difficoltà, in vista di una grande visione gloriosa nella realtà del cielo.

 E quello che viviamo in questa Eucaristia! La bellezza di questa Eucaristia è che qui è presente il mondo intero e attraverso la nostra fede, in questo momento stiamo regalando l’umanità a tutti e, all’uscire di chiesa, dovremmo dire al fratello, con il sorriso: “Sei un capolavoro del Signore, cammina!”. Allora percepiremmo come la gioia dell’apostolato sia una gioiosa testimonianza, perché condividiamo soprattutto nella vitalità e nella fecondità dell’Eucaristia la bellezza della nostra identità. Chiediamo allo Spirito Santo, in questa Eucaristia, di accogliere la bellezza di questo dono, in modo che l’apostolato sia un immenso grazie vivente al Signore. Dovremmo dire sempre: “Sto regalandomi a chi la Provvidenza mi ha fatto incontrare”.